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AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine29-48

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@CORTE DI CASSAZIONE Sez. un., 28 ottobre 2008, n. 40049 (ud. 29 maggio 2008). Pres. Lattanzi - Est. Franco - P.M. Palombarini (diff.) - Ric. P.C. in proc. Guerra

Sentenza penale - Assoluzione - Causa di giustificazione - Parte civile - Ricorso per saltum volto alla sostituzione della formula assolutoria - Inammissibilità per difetto di un interesse concreto - Ragioni.

È inammissibile per difetto di un interesse concreto il ricorso immediato per cassazione proposto dalla parte civile che non contesti l'accertamento della causa di giustificazione e sia diretto soltanto alla sostituzione nella sentenza di proscioglimento della formula, da quella «perché il fatto non sussiste» a quella «perché il fatto non costituisce reato». Al di là della formula, infatti, la sentenza di proscioglimento, che abbia accertato l'esistenza della causa di giustificazione dell'esercizio di un diritto, ha comunque effetti vincolanti nel giudizio civile per il risarcimento. (Mass. Redaz.). (C.p.p., art. 652; c.p.p., art. 576; c.p.p., art. 569; c.p., art. 51) (1).

    (1) La decisione - ampiamente argomentata - si inserisce nel conforme orientamento di legittimità di cui alle sentenze citate in parte motiva.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. 1. - Alessandra Guerra, assessore regionale del Friuli Venezia Giulia, venne rinviata a giudizio per rispondere del reato di diffamazione a mezzo stampa (art. 595, commi 1 e 3, c.p., in relazione all'art. 13 della legge 8 febbraio 1948, n. 47), per avere, mediante dichiarazioni rilasciate al quotidiano «Il Messaggero Veneto» di Udine che le aveva pubblicate, offeso la reputazione del giornalista Paolo Parovel, in relazione ad un esposto da questi presentato alla procura della Repubblica concernente presunte irregolarità nell'accordo tra la regione ed una fondazione per l'allestimento di mostre d'arte moderna.

Il Giudice del Tribunale di Udine, con sentenza del 2 maggio 2006 - dopo aver premesso alcuni cenni in via generale sul diritto di critica come causa di giustificazione ed avere ricordato che l'illiceità penale del fatto oggettivamente pregiudizievole per la reputazione della persona offesa viene meno se l'esercizio dell'indicato diritto risponde ai criteri della pertinenza, della continenza e della veridicità della rappresentazione della vicenda, in merito alla quale si manifesta l'apprezzamento critico - osservò che nel caso in esame il diritto di critica era stato esercitato correttamente, col rispetto dei suddetti limiti. Ritenne quindi che sussisteva la causa di giustificazione di cui all'art. 51 c.p. per avere l'imputata legittimamente esercitato il proprio diritto di critica e, conseguentemente, la assolse dal reato ascrittole con la formula «perché il fatto non sussiste a norma dell'art. 51 c.p.».

  1. - Avverso questa sentenza la persona offesa Paolo Parovel, costituito parte civile, ha proposto per mezzo del suo difensore ricorso per cassazione lamentando violazione dell'art. 652 c.p.p. e contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. In particolare, osserva che la sentenza impugnata ha chiaramente affermato di avere assolto l'imputata perché era presente la causa di giustificazione dell'esercizio del «diritto di cronaca» di cui all'art. 51 c.p. Vi è dunque violazione dell'art. 652 c.p.p. in quanto il proscioglimento non avrebbe dovuto essere pronunciato con la formula «perché il fatto non sussiste» ma con quella «perché il fatto non costituisce reato», giacché quest'ultima rende possibile una eventuale azione civile, che è invece preclusa dalla formula adottata.

  2. - La quinta sezione penale - cui il ricorso era stato assegnato -, con ordinanza dell'8 febbraio 2008, ha preliminarmente rilevato che nella specie (essendo ammissibile l'appello della parte avverso sentenza di proscioglimento) si tratta di ricorso per saltum ai sensi dell'art. 569 c.p.p., con cui si denunzia soltanto una violazione di legge costituita dall'indebito impiego di una formula di proscioglimento in luogo di un'altra. Ha quindi osservato che il ricorso dovrebbe essere dichiarato inammissibile, per carenza di interesse, alla stregua dell'orientamento giurisprudenziale che, nel riconoscere l'interesse della parte civile ad impugnre la sentenza di proscioglimento con la formula «il fatto non costituisce reato», ha affermato che anche questa formula, come quelle «il fatto non sussiste» o «l'imputato non lo ha commesso» è preclusiva ai sensi dell'art. 652 c.p.p. del successivo esercizio dell'azione civile, data l'identità di natura e di intensità dell'elemento psicologico rilevante ai fini penali ed a quelli civili, sicché una sentenza del giudice civile che dovesse affermare l'esistenza di tale elemento escluso o messo in dubbio del giudice penale si porrebbe contro il principio dell'unità della funzione giurisdizionale. Il ricorso sarebbe invece ammissibile alla stregua dell'altro orientamento, secondo cui l'imputato ha interesse ad impugnare una pronuncia assolutoria con la formula «il fatto non costituisce reato» in luogo di quella «il fatto non sussiste», perché quest'ultima ha maggiore efficacia in senso a lui favorevole negli eventuali giudizi civili, disciplinari ed amministrativi, nonché alla stregua dell'orientamento secondo cui laPage 30 parte civile ha interesse ad impugnare sentenze di proscioglimento, ancorché non preclusive dell'azione civile, con formule che possano limitare il soddisfacimento della pretesa risarcitoria nella competente sede.

    Di conseguenza la quinta sezione, rilevato tale contrasto sulla questione pregiudiziale dell'interesse a ricorrere, ha disposto la rimessione del ricorso alle Sezioni Unite penali per la sua decisione ai sensi dell'art. 618 c.p.p.

    Il Primo Presidente ha quindi assegnato il ricorso alle Sezioni Unite penali per la trattazione alla pubblica udienza del 29 maggio 2009.

    In data 14 maggio 2008 il difensore della parte civile ricorrente ha depositato una «memoria con conclusioni» chiedendo l'accoglimento dei motivi e la condanna dell'imputato alle spese e competenze del grado.

    MOTIVI DELLA DECISIONE. 4. - La questione che ha determinato l'assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite è la seguente. Se la parte civile abbia o meno interesse a proporre ricorso per cassazione contro una sentenza che abbia prosciolto l'imputato dalla imputazione di diffamazione a mezzo stampa con la formula «perché il fatto non sussiste a norma dell'art. 51 c.p.», allo scopo di ottenere la formula «perché il fatto non costituisce reato».

    L'attuale ricorrente sostiene di avere interesse a ricorrere in quanto il proscioglimento dell'imputata con la formula corretta, ossia «perché il fatto non costituisce reato», lascerebbe al giudice civile della pretesa risarcitoria il potere di accertare autonomamente, con pienezza di cognizione, i fatti dedotti in giudizio, mentre questo potere viene meno e l'esercizio dell'azione civile resta precluso con la formula erroneamente adottata «perché il fatto non sussiste», la quale ha efficacia di giudicato sul punto della non sussistenza del fatto. La sostituzione della formula, quindi, gli consentirebbe di agire in sede civile per ottenere un eventuale risarcimento dei danni.

    Ai fini della decisione è opportuno richiamare alcuni principi relativi alla tipologia delle diverse formule di proscioglimento, e più specificamente alla formula da adottare nel caso di assoluzione per esistenza di una causa di giustificazione, alla natura dell'interesse a proporre ricorso per cassazione ed agli effetti vincolanti nel giudizio civile della sentenza penale di assoluzione.

    Devono inoltre farsi alcune osservazioni preliminari relativamente alla concreta vicenda in esame.

    In primo luogo, il ricorrente, a fondamento del suo interesse a ricorrere, ha invocato esclusivamente gli effetti della sentenza di assoluzione di un eventuale giudizio civile di danno. Viene quindi in considerazione soltanto la disposizione dell'art. 652 c.p.p., che appunto disciplina gli effetti della sentenza penale di assoluzione nel giudizio civile o amministrativo di danno.

    In secondo luogo, nella specie ricorrono entrambe le condizioni richieste dall'art. 652 c.p.p. perché la sentenza di assoluzione possa produrre effetti preclusivi in un giudizio civile di danno promosso dal ricorrente. Da un lato, infatti, si tratta di una sentenza di assoluzione pronunciata in seguito a dibattimento e, dall'altro lato, il ricorrente, quale persona offesa e danneggiata, si è costituito parte civile nel giudizio penale.

    In terzo luogo, la sentenza impugnata ha assolto l'imputato avendo espressamente riconosciuto che sussisteva la causa di giustificazione dell'esercizio del diritto di critica. Il ricorrente si è limitato a dedurre l'erroneità della formula adottata dal giudice di merito ed a chiedere una formula diversa, ma non ha minimamente contestato il contenuto della decisione assolutoria, ossia il riconoscimento della presenza della causa di giustificazione dell'esercizio di un diritto, su cui quindi si è ormai formato il giudicato. La concretezza e l'attualità dell'interesse a ricorrere vanno perciò valutati alla luce dell'oggetto e dei limiti dell'impugnazione.

  3. - Le varie ipotesi di proscioglimento dell'accusa sono previste, anche se in modo non esaustivo, in diverse disposizioni del codice di rito. Così, per la sentenza dibattimentale di assoluzione, l'art. 530, comma 1, c.p.p. contiene sei tipi di formule assolutorie: «il fatto non sussiste», «l'imputato non lo ha commesso»,«il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato», «il reato è stato commesso da persona non imputabile o non punibile per un'altra ragione». Le stesse formule sono in sostanza indicate, per la sentenza di non luogo a procedere pronunciata nell'udienza preliminare, dall'art. 425 c.p.p., il quale peraltro contempla anche l'ipotesi dell'esistenza di «una causa che estingue il reato o per la quale l'azione penale non doveva essere iniziata o non deve essere proseguita». Le cause...

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