Contrasti

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Arch. nuova proc. pen. 4/2013
Contrasti
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. UN., 14 MAGGIO 2013, N. 20804
(UD. 29 NOVEMBRE 2012)
PRES. LUPO – EST. MILO E VECCHIO – P.M. X – RIC. G.A. ED ALTRI
Prova penale y Chiamata di correo y Eff‌icacia pro-
batoria y Attendibilità y Riscontro y Altra chiamata
de relato y Suff‌icienza y Possibilità y Condizioni.
. La chiamata in correità o in reità de relato, anche se
non asseverata dalla fonte diretta, il cui esame risulti
impossibile, può avere come unico riscontro, ai f‌ini della
prova della responsabilità penale dell’accusato altra o
altre chiamate di analogo tenore, purchè siano rispettate
le seguenti condizioni: a) risulti positivamente effettua-
ta la valutazione della credibilità soggettiva di ciascun
dichiarante e dell’attendibilità intrinseca di ogni singola
dichiarazione, in base ai criteri della specif‌icità, della
coerenza, della costanza, della spontaneità; b) siano ac-
certati i rapporti personali fra il dichiarante e la fonte di-
retta, per inferirne dati sintomatici della corrispondenza
al vero di quanto dalla seconda conf‌idato al primo; c) vi
sia la convergenza delle varie chiamate, che devono ri-
scontrarsi reciprocamente in maniera individualizzante,
in relazione a circostanze rilevanti del “thema proban-
dum”; d) vi sia l’indipendenza delle chiamate, nel senso
che non devono rivelarsi frutto di eventuali intese frau-
dolente; e) sussista l’autonomia genetica delle chiamate,
vale a dire la loro derivazione da fonti di informazione
diverse. (Mass. Redaz.) (c.p.p., art. 192) (1)
(1) Con questa importante sentenza le SS.UU. risolvono il contrasto
insorto nella giurisprudenza di legittimità relativo alla questione se
la chiamata in reità o in correità de relato, in assenza della possibilità
di esaminare anche la fonte diretta, possa avere come unico riscon-
tro, ai f‌ini della prova di responsabilità penale dell’accusato, un’altra
chiamata de relato. In proposito si rilevano due opposti orientamenti.
Secondo il primo le dichiarazioni “de relato” rese dal coimputato del
medesimo reato o da persona imputata in un procedimento connes-
so a norma dell’art. 12 c.p.p. e non confermate dal soggetto indicato
come fonte di informazione, possono costituire elemento indiziario
idoneo a fondare la dichiarazione di colpevolezza soltanto se confor-
tate, ai sensi dell’art 192, comma terzo, c.p.p., da riscontri estrinseci
certi, univoci, specif‌ici, individualizzanti, e tali da consentire un col-
legamento diretto ed obiettivo con i fatti contestati e con la persona
imputata. Ne consegue che il riscontro ad una chiamata in reità o
correità “de relato” non può essere integrato da un’altra chiamata
dello stesso tipo priva dei suddetti riscontri, mentre plurime chia-
mate “de relato” ben possono ritenersi reciprocamente corroborate
e idonee a fondare il giudizio di colpevolezza, purchè sottoposte alla
verif‌ica di attendibilità, intrinseca ed estrinseca, e supportate da ri-
scontri esterni muniti delle su indicate caratteristiche. In tal senso si
sono espresse: Cass. pen., sez. VI, 7 maggio 2012, De Filippi e altri, in
Ius&Lex dvd n. 4/2013, ed. La Tribuna e Cass. pen., sez. V, 19 ottobre
2010, P.G. in proc. Canale e altri, in Riv. pen. 2011, 1322. Seguono,
invece, l’indirizzo espresso dalla pronuncia in epigrafe: Cass. pen.,
sez. I, 11 settembre 2012, Farinella e altro, in Ius&Lex dvd n. 4/2013;
Cass. pen., sez. I, 29 agosto 2012, Madonia e altri, ibidem e Cass. pen.,
sez. I, 11 agosto 2010, Calabresi e altri, in questa Rivista 2011, 695.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. La Corte di assise di appello di (omissis), con senten-
za del 29 aprile 2010, depositata il 9 luglio successivo, con-
fermava la decisione in data 16 gennaio 2009 della Corte di
assise di (omissis), che, ricostruendo le vicende relative
alla guerra di maf‌ia scatenatasi, nell’arco temporale com-
preso tra il 1991 e il 1995, tra l’articolazione agrigentina
di “cosa nostra” e l’associazione, pure di stampo maf‌ioso,
denominata “stidda”, aveva dichiarato:
- G. A. colpevole dei reati di partecipazione all’associa-
zione maf‌iosa “cosa nostra” con contestazione “aperta”
(capo A), di omicidio premeditato in danno di S. e G. R.
P., commesso il 24 dicembre 1991 (capo K), di omicidio
premeditato in danno di S. S., commesso il 26 agosto 1992
(capo M), di tentato omicidio premeditato in danno di G.
C., commesso il 4 ottobre 1992 (capo O), di detenzione e
porto illegali delle armi utilizzate per l’esecuzione dei fatti
di sangue (capi L, N, P), reati - f‌ine tutti aggravati ai sensi
degli artt. 112, comma primo, n. 1, c.p. e 7 d.l. 13 maggio
1991, n. 152, convertito, con modif‌icazioni, dalla legge 12
luglio 1991, n. 203, e lo aveva condannato alla pena dell’er-
gastolo con isolamento diurno per un anno e mesi sei
- D. A. e I. A. colpevoli di concorso nell’omicidio pre-
meditato in danno di M. M. e dei connessi reati in materia
di detenzione e porto illegali di armi, aggravati ai sensi
degli artt. 112, comma primo, n. 1, c.p. e 7 d.l. n. 152 del
1991, commessi il 28 settembre 1992 (capi Y, Z), e li aveva
condannati alla pena dell’ergastolo con isolamento diurno
per un anno;
- N. C. colpevole dei reati di partecipazione all’associa-
zione maf‌iosa (capo A), di tentato omicidio premeditato
in danno di L. C., commesso l’11 agosto 1991 (capo I), di
omicidio premeditato in danno di S. S. (capo M), di deten-
zione e porto illegali delle armi utilizzate per tali fatti di
sangue (capi J, N), reati - f‌ine aggravati ai sensi degli artt.
112, comma primo, n. l, c.p. e 7 d.l. n. 152 del 1991, e lo
aveva condannato alla pena dell’ergastolo con isolamento
diurno per un anno;
- G. E. colpevole del reato di cui agli artt. 378, comma
secondo, c.p. e 7 d.l. n. 152 del 1991, per avere favorito, tra
il 13 gennaio e il luglio 1991, la latitanza di I. G. (capo B),
e lo aveva condannato alla pena di anni due e mesi sei di
reclusione;
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giur
4/2013 Arch. nuova proc. pen.
CONTRASTI
- G. F. colpevole dei reati di omicidio premeditato in
danno di S. e G. R. P. (capo K), di tentato omicidio preme-
ditato in danno di G. C. (capo O), di omicidio premeditato
in danno di A. C., commesso il 5 ottobre 1991 (capo S),
di omicidio premeditato in danno di G. S., commesso il 7
settembre 1991 (capo W), di tentato omicidio premeditato
in danno di M. R., commesso il 15 gennaio 1992 (capo U),
di omicidio premeditato in danno di C. R. P., commesso il 24
ottobre 1995 (capo AA), di omicidio premeditato in danno
di I. O., commesso il 6 luglio 1991 (capo CC), di detenzione
e porto illegali delle armi utilizzate per l’esecuzione dei fatti
di sangue (capi L, P, T, X, V, BB, DD), illeciti tutti aggravati
ai sensi degli artt. 112, comma primo, n. 1, c.p. e 7 d.l. n. 152
del 1991, e lo aveva condannato alla pena dell’ergastolo con
isolamento diurno per anni due e mesi sei;
- D. S. P. colpevole dei reati di partecipazione all’as-
sociazione maf‌iosa (capo A), di tentato omicidio preme-
ditato in danno di L. C. (capo I), di detenzione e porto
illegali delle armi utilizzate per l’esecuzione di tale ille-
cito (capo J), reati - f‌ine aggravati ai sensi degli artt. 112,
comma primo, n. 1, c. p. e 7 d.l. n. 152 del 1991, e lo aveva
condannato alla pena di anni sedici di reclusione e di euro
mille di multa;
- G. S. colpevole dei reati di partecipazione all’associa-
zione (capo A), di tentato omicidio premeditato in danno
di L. C - C. (capo I), di omicidio premeditato in danno di
S. S. (capo M), di tentato omicidio premeditato in danno
di M. R. (capo U), di detenzione e porto illegali delle armi
utilizzate per l’esecuzione di tali fatti di sangue (capi J,
N, V), reati - f‌ine aggravati ai sensi degli artt. 112, comma
primo, n. 1, c. p. e 7 d.l. n. 152 del 1991, nonché di omicidio
premeditato in danno di S. A. e di soppressione del cada-
vere del medesimo, illeciti questi ultimi due commessi in
epoca prossima al 17 dicembre 1990 (capi EE, FF), e lo
aveva condannato alla pena dell’ergastolo con isolamento
diurno per un anno.
2. Il Giudice distrettuale perveniva alla conferma della
pronuncia di colpevolezza degli imputati in ordine ai reati
come loro rispettivamente addebitati, facendo leva sul
materiale probatorio integrato essenzialmente dalle pro-
palazioni di numerosi collaboratori di giustizia – M. Di G.,
B. Di G., I. G., A. F. ed altri, tutti comunque esponenti di
primo piano dell’articolazione di “cosa nostra” operante in
(omissis) - i quali avevano avuto, in alcuni casi, cognizio-
ne diretta dei fatti oggetto del presente procedimento, per
avervi materialmente partecipato, e, in altri casi, avevano
riferito quanto appreso da altri soggetti.
La Corte di merito, nell’analizzare, seguendo l’ordine
cronologico, i vari capi di imputazione e la posizione di
ciascuno degli imputati innanzi citati, osservava quanto
segue.
2.1. Omicidio di S. A. e soppressione di cadavere (capi
EE, FF). Il 19 dicembre 1990, era stata denunciata la
scomparsa, sin dalla sera del precedente giorno 17, di S.
A., soprannominato (omissis) e vicino. al gruppo criminale
della (omissis), capeggiato dai S..
Le indagini espletate nell’immediatezza avevano clas-
sif‌icato la vicenda come un caso di “lupara bianca”.
Soltanto a distanza di molti anni, grazie al contributo
offerto da alcuni collaboratori di giustizia, si era accertato
che l’A. era stato ucciso, in quanto sospettato di avere par-
tecipato, in (omissis), all’omicidio di tale F. S., contiguo
alla locale “famiglia” di “cosa nostra”.
La vittima era stata tratta in inganno da G. M., il qua-
le, con la scusa di coinvolgerla in una comune impresa
criminosa, l’aveva convinta a prendere posto nella di lui
autovettura; i due si erano portati in contrada (omissis),
nei pressi di un giacimento abbandonato di salgemma, ove
ad attenderli v’erano G. S. e D. D. G.; il primo, munito di
un fucile calibro 12, aveva immediatamente fatto fuoco al-
l’indirizzo dell’A.; il secondo, munito di un revolver calibro
38, aveva esploso il colpo di grazia; il cadavere era stato
gettato in un profondo crepaccio del terreno limitrofo al
giacimento.
Tale ricostruzione della vicenda era supportata dalle
attendibili e convergenti dichiarazioni de relato dei col-
laboranti I. G., il quale aveva riferito quanto appreso dal
fratello S. (organico al sodalizio locale di “cosa nostra”) e,
in particolare, dal M. in ordine ad ogni dettaglio del fatto di
sangue, nonché dallo stesso S. in relazione al luogo dov’era
avvenuta la soppressione del cadavere; B. D. G. il quale ave-
va riferito le conf‌idenze, anch’esse molto precise e detta-
gliate, fattegli dal fratello D. e dal M. ed aveva evidenziato
il comportamento sintomatico tenuto, in una certa occasio-
ne, dallo S., mostratosi infastidito dalla richiesta di rivelare
il luogo dov’era stato gettato il cadavere; M. D. G., il quale
pure aveva riferito le conf‌idenze a lui fatte dal fratello D. e
dal M. in ordine al loro coinvolgimento nell’esecuzione del
delitto, senza alcun riferimento, però, allo S..
Tali propalazioni erano coerenti con i dati oggettivi
acquisiti nel corso delle indagini (il revolver calibro 38
utilizzato per l’omicidio in esame era stato rinvenuto alla
cintola di D. D. G., nel momento in cui anche costui era sta-
to successivamente ucciso) e la rivelata causale del delitto
trovava logico riscontro nella immediata reazione degli
“stiddari” che, informati della matrice dell’omicidio, aveva-
no colpito molto in alto, uccidendo, il 26 gennaio 1991, A. A.
B., capo della famiglia (omissis) di “cosa nostra”.
Si sottolineava, inoltre, che le conf‌idenze extraproces-
suali fatte dalle fonti primarie ai collaboranti erano più che
credibili. D. D. G., S. G. e G. M. erano fortemente compromes-
si nella guerra di maf‌ia tra “cosa nostra” e “stidda” e nelle
relative dinamiche operative, tanto che i primi due erano
stati uccisi nella prima strage di (omissis) del 23 luglio 1991
e la stessa sorte era stata riservata al terzo, nell’ambito della
seconda strage, verif‌icatasi il 5 novembre 1992.
2.2. Omicidio di O. I. e connesse violazioni della norma-
tiva sulle armi (capi CC, DD).
II 6 luglio 1991 I. O., nel mentre percorreva a bordo
della propria autovettura un tratto di strada dell’abitato di
(Omissis), era rimasto vittima di un attentato omicidiario,
in quanto raggiunto da numerosi colpi d’arma da fuoco
(fucile a pompa calibro 12 e pistola calibro 9 x 21).
Soltanto a distanza di molti anni, grazie al contributo
offerto da alcuni collaboratori di giustizia, si era accertato
che l’omicidio era stato deliberato da “cosa nostra”, a cau-

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