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AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine403-411

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@CORTE DI CASSAZIONE Sez. un., 7 maggio 2008, n. 18253 (c.c. 24 aprile 2008). Pres. Carbone - Est. Agrò - P.M. Ciani (conf.) - Ric. Tchmil

Prova penale - Sequestri - Documenti - Acquisizione di copie - Procedimento di riesame - Dissequestro degli originali - Interesse all'impugnazione - Inammissibilità.

L'avvenuta restituzione del bene sequestrato rende inammissibili, per sopravvenuta carenza di interesse, la richiesta di riesame del sequestro probatorio e l'eventuale successivo ricorso per cassazione. Infatti, con la restituzione della documentazione sequestrata, anche se accompagnata dall'estrazione di copia della stessa, il provvedimento limitativo del diritto sulla cosa si è già esaurito, e l'interessato non ha più alcuna ragione specifica per attivare o coltivare la procedura incidentale, funzionale esclusivamente a rimuovere le misure restrittive per le quali non sussistono i requisiti richiesti dalla legge. (Mass. Redaz.). (C.p.p., art. 253; c.p.p., art. 257; c.p.p., art. 568) (1).

    (1) L'orientamento giurisprudenziale maggioritario è conforme al principio espresso dalle SS.UU. Si veda, in aggiunta al precedente citato in motivazione, la recente sentenza Cass. pen., sez. II, 13 agosto 2007, Sandalj, in Ius&Lex dvd n. 2/2008, Ed. La Tribuna. Si veda anche Cass. pen., sez. I, 6 febbraio 2006, Di Gesu, in questa Rivista 2007, 255, per la quale l'interesse a proporre impugnazione innanzi al tribunale del riesame in relazione ad un decreto di sequestro probatorio permane anche nel caso in cui il bene sia stato restituito, qualora il decreto di dissequestro sia «condizionato», ossia contenga delle prescrizioni ed un termine per il loro adempimento; infatti, la conformità alla legge del decreto di sequestro, che deve essere valutata in sede di riesame, costituisce presupposto indefettibile della legittimità di dette prescrizioni.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. 1. - Il 2 aprile 2007 Andrei Tchmil chiedeva il riesame del decreto di sequestro emesso il precedente 28 marzo dal pubblico ministero presso il Tribunale di Brescia ed eseguito su un personal computer e alcuni documenti.

Poco dopo, con decreto di dissequestro del 5 aprile 2007, il pubblico ministero disponeva la restituzione delle cose sequestrate allo Tchmil, previa estrazione di copia di quanto ritenuto utile ai fini delle indagini.

Conseguentemente, con ordinanza in data 13 aprile 2007, il Tribunale di Brescia dichiarava inammissibile il ricorso, ritenendo che, essendo intervenuto il dissequestro, difettasse l'interesse al gravame. Non veniva pronunziata condanna alle spese, dato che il provvedimento di restituzione era stato adottato dopo la presentazione del ricorso.

  1. - Contro tale ordinanza il difensore dello Tchmil ha proposto ricorso in Cassazione.

    Deduce violazione di legge in quanto la restituzione del bene sottoposto a sequestro non farebbe venir meno l'interesse del ricorrente ad ottenere la decisione del tribunale sulla richiesta di riesame, con la conseguente possibilità di neutralizzare ogni effetto del vincolo di indisponibilità sull'oggetto sequestrato. Nel caso di sequestro probatorio la materiale restituzione dei documenti sequestrati non impedirebbe, ove siano trattenute le copie degli stessi, che il sequestro abbia comunque raggiunto il suo effetto. Il tribunale pertanto avrebbe omesso la verifica diretta ad accertare se l'uso del mezzo tendente all'acquisizione della prova fosse avvenuto nei casi e nei limiti previsti dalla legge, accertamento ritenuto indispensabile dalla giurisprudenza di legittimità.

  2. - E sotto questo profilo il P.M. avrebbe violato l'art. 253 c.p.p., perché il decreto di sequestro deve in

    dicare il reato per cui si procede, specificando gli estremi del fatto, nonché le cose che ne formano oggetto, al fine di consentire di verificare se in concreto sussista un nesso pertinenziale tra i beni sequestrati e il reato, oltre alla finalità probatoria perseguita dal vincolo (Cass., Sez. un., 28 gennaio 2004 n. 2). Nel decreto di perquisizione e sequestro oggetto della richiesta di riesame l'indicazione del fatto risulterebbe invece generica rispetto all'attività concretamente disposta e svolta e dal medesimo decreto non potrebbe comunque desumersi la relazione tra le cose oggetto del sequestro e il reato.

  3. - Presso la Corte di Cassazione, il magistrato delegato per l'esame preliminare rilevava la manifesta infondatezza del ricorso e lo trasmetteva alla VII Sezione penale, ma questa, ritenendo che non sussistesse alcuna causa di inammissibilità, disponeva, ai sensi dell'art. 610 comma 1 ultima parte c.p.p., la trasmissione degli atti, ratione materiae, alla II Sezione penale, evidenziando un contrasto di giurisprudenza sul problema sollevato con l'impugnazione.

    Con ordinanza del 30 gennaio 2008, il Collegio della II Sezione penale, dopo aver osservato che effettivamente la questione della persistenza dell'interesse alla richiesta di riesame a seguito della restituzione della cosa sequestrata ha dato luogo ad un contrasto giurisprudenziale, ha ravvisato l'opportunità di rimettere la decisione, ai sensi dell'art. 618 c.p.p., alle Sezioni unite della Corte.

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    MOTIVI DELLA DECISIONE. 1. - Come è stato esposto in narrativa, le Sezioni unite sono chiamate a decidere se, dopo che sia stata restituita la cosa sequestrata, divenga inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse la richiesta di riesame di un sequestro probatorio (o, può aggiungersi, il ricorso in Cassazione contro la decisione del tribunale del riesame, adottata mentre la cosa era trattenuta), specie nell'ipotesi in cui il P.M., avvalendosi del potere conferitogli dall'art. 258 c.p.p., abbia estratto copia della documentazione restituita.

  4. - Al riguardo si registra un contrasto di giurisprudenza, volendo un indirizzo maggioritario, iniziato da sez. VI, 31 maggio 1994, n. 2640, Schenardi, rv. 199085, che l'istanza di riesame di un provvedimento di sequestro di cosa successivamente restituita è inammissibile in quanto il risultato tipico dell'impugnazione (il dissequestro) è già stato conseguito. Né può assumersi, viene aggiunto, che l'indagato abbia interesse all'accertamento della legittimità dell'acquisizione delle copie estratte: il provvedimento di sequestro, oggetto del procedimento incidentale di riesame, va infatti tenuto distinto da ogni altra acquisizione di documenti o cose, la cui illegittimità ed eventuale conseguente inutilizzabilità o nullità deve essere valutata dal giudice del processo e non in sede incidentale.

    Indirizzo, questo, che si contrappone a un precedente orientamento, oggi minoritario, risalente a sez. V, 19 giugno 1990, n. 3308, Menci, rv. 185304, secondo il quale, invece, nel sequestro ai fini probatori non può non riconoscersi all'imputato un interesse ulteriore da quello alla restituzione della cosa, connesso all'esigenza di assicurare che ogni mezzo che tenda all'acquisizione della prova sia acquisito al procedimento nei casi ed entro i limiti previsti dalla legge.

  5. - Il risalente contrasto risulta tuttora in corso e in termini pressoché identici.

    Prendendo in esame le più recenti pronunzie in materia, da un canto, sez. II, 5 luglio 2007, n. 32881, Saldalj, rv. 237763, osserva che con la restituzione dei beni è stato soddisfatto l'interesse dell'indagato ad ottenere il dissequestro di quanto in precedenza appreso, mentre la circostanza che della documentazione cartacea sia stata estratta copia da parte dell'autorità procedente è estranea al procedimento incidentale, in cui si verte del diritto alla restituzione di quanto oggetto del sequestro.

    Cosa che non impedisce di far valere successivamente le proprie ragioni difensive e precisamente nella fase di acquisizione di quei documenti al processo, sotto il profilo dell'eventuale inutilizzabilità degli stessi.

    D'altro canto, sez. IV, 1 dicembre 2005, n. 6279, Galletti e altro, rv. 233402, afferma viceversa che nel caso del riesame del sequestro probatorio, l'interesse ad impugnare, quanto meno dell'indagato, prescinde del tutto da quello alla restituzione della cosa, ove si consideri il diritto dello stesso indagato di richiedere la rimozione del provvedimento anche al solo fine di evitare che l'oggetto in sequestro entri a far parte del materiale probatorio utilizzabile, posto il suo interesse a verificare che ogni mezzo che tenda all'acquisizione della prova abbia ingresso nel procedimento solo nei casi e nei limiti previsti dalla legge.

  6. - Sul problema le Sezioni unite, sia pure con riferimento alla sola ipotesi della sorte del ricorso in Cassazione a seguito della sopravvenuta restituzione della cosa oggetto del sequestro probatorio (nella specie un'automobile), si sono già uniformate alla giurisprudenza prevalente (20 dicembre 2007, n. 230, Normanno, rv. 237861). E tuttavia, poiché la soluzione adottata e che va ribadita (la restituzione «priva di interesse concreto l'impugnazione con la conseguenza che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile») non è stata oggetto di dimostrazione e potrebbe essere ritenuta non estensibile al caso del sequestro probatorio di documenti da cui sia stata estratta copia, è opportuno tornare ex professo sulla questione e illustrare le ragioni dell'indirizzo condiviso.

  7. - Punto di partenza del discorso può essere costituito dall'affermazione, comune a molti fautori della tesi respinta, che la questione sorge perché la restituzione della cosa, almeno quando questa si riconduca alla categoria degli atti o documenti (o, come nella specie, a quella del computer e dei suoi files), non esaurisce ogni vincolo di indisponibilità impresso col sequestro: la liberazione del corpus mechanicum non comprende quella del corpus mysticum, che solo il rimedio del riesame sarebbe in grado di affrancare.

    Simile persistenza del vincolo sarebbe chiaramente descritta nell'art. 258 c.p.p., laddove stabilisce l'obbligo di menzione del sequestro esistente, da parte del pubblico ufficiale che rilasci copie di documenti i cui...

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