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AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine281-316

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@CORTE DI CASSAZIONE Sez. un., 5 marzo 2008, n. 9977 (ud. 31 gennaio 2008). Pres. Carbone - Est. Ferrua - P.M. Esposito (conf.) - Ric. Morini

Giudizio abbreviato - Richiesta - Richiesta formulata dal difensore di fiducia sprovvisto di procura speciale - Legittimità - Condizioni.

È legittima l'instaurazione del giudizio abbreviato a seguito di richiesta formulata dal difensore (nella specie, di fiducia), pur privo di procura speciale, qualora l'imputato sia presente e nulla eccepisca. (C.p.p., art. 438) (1).

    (1) Le Sezioni unite hanno risolto il contrasto di giurisprudenza formatosi sul punto in base a considerazioni di ordine logico-sistematico concernenti la natura del rito, la funzione del difensore e le forme di manifestazione della volontà. Secondo la Corte, se è innegabile che esistono ragioni per cui la legittimazione a proporre la richiesta di giudizio abbreviato, salva l'ipotesi di delega ad un procuratore speciale, debba essere riservata al solo imputato, non può tuttavia sottacersi che l'accesso al rito si sostanzia in una scelta di carattere tecnico che comporta la necessità per l'imputato di consultarsi con il difensore. Scelta che è resa necessaria anche dall'esigenza di realizzare i principi del giusto processo e della parità delle parti, sicché occorre che la capacità professionale specifica del pubblico ministero venga a trovarsi in posizione dialettica rispetto a quella di un soggetto di pari qualificazione che affianchi l'imputato, ossia il difensore, il quale ha il dovere di informare l'imputato e di concordare con lui le possibili strategie processuali, rappresentandogli le implicazioni dalle stesse derivanti. Alla luce di tali considerazioni, la locuzione «è espressa», contenuta nell'art. 438, comma terzo, c.p.p., equivale a «è manifestata», sicché la Corte ritiene che l'imputato possa esternare di persona il proprio consenso, anche con un comportamento concludente, versandosi in uno di quei casi in cui il silenzio (di per sè neutro) è suscettibile di assumere una determinata significatività: da un lato, la presenza dell'imputato e, dall'altro, il fatto che la richiesta proviene non da un soggetto a lui contrapposto ma dal suo difensore (ovvero da un soggetto che con lui costituisce la stessa «parte» processuale ed agisce nel suo interesse), rappresentano elementi idonei a conferire al silenzio portata dimostrativa di una volontà dello stesso nel senso enunciato dal difensore: ciò che consente di ricondurre la domanda di quest'ultimo direttamente all'imputato. Rappresentative dei differenti orientamenti giurisprudenziali sorti sul punto si vedano, ex plurimis, Cass. pen., sez. III, 4 settembre 2007, Marasco, in Ius&Lex dvd, c. 3/2008, ed. La Tribuna, conforme alla massima in epigrafe e, di segno opposto, Cass. pen., sez. I, 16 marzo 2006, Driza, in questa Rivista 2007, 241. Ulteriori precedenti sono riportati in motivazione.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE. - Con sentenza 14 marzo 2000 il Tribunale di Bologna, a seguito di giudizio abbreviato, dichiarava Morini Claudio responsabile di estorsione continuata ex artt. 81, 629 comma 1 c.p. (perché, essendo direttore commerciale della spa Corticella ovvero presentandosi come tale a Soldati Antonella, titolare della ditta Sales Commandos di Ravenna, legata da contratto di appalto con la citata società, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, mediante minaccia di far revocare il contratto di cui sopra, costringeva la predetta a consegnargli una percentuale del 15% dei corrispettivi mensilmente pagati dalla Corticella spa alla Sales Commandos, per un totale di lire 200 milioni; fatti commessi tra il gennaio 1991 ed il marzo 1993): con le attenuanti generiche, la continuazione e la diminuente del rito lo condannava a pena di giustizia.

La Corte di appello di Bologna, con pronuncia 4 maggio 2005, riteneva che l'attività criminosa fosse cessata nel dicembre del 1992 e riduceva l'inflitta sanzione, concedendo i doppi benefici di legge; confermava nel resto la gravata decisione.

Avverso la sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione l'imputato in base ai motivi infradescritti.

  1. Nullità dell'ordinanza 3 settembre 1999 con la quale il tribunale aveva disposto che si procedesse a giudizio abbreviato; conseguente invalidità dell'intero procedimento.

    All'uopo si è dedotto che la richiesta concernente il rito era stata avanzata, all'udienza, dal difensore privo di procura speciale e che l'imputato presente non era stato interpellato né aveva prestato il proprio consenso.

  2. Mancanza di motivazione con riguardo ad una prova documentale acquisita; manifesta illogicità della motivazione in relazione alle prove assunte.

    In particolare è stato denunciato che la Corte territoriale non aveva adeguatamente valutato l'attendibilità della persona offesa e che non aveva tenuto conto della sentenza 24 febbraio 2005 del Tribunale civile di Bologna, emessa nella causa intentata dalla Sales contro il Morini per gli identici fatti oggetto dell'imputazione; sentenza prodotta dalla difesa nel presente procedimento, in sede di appello e passata in giudicato, con la quale la domanda attorea era stata respinta, stante il carattere generico e non decisivo delle prove addotte dalla Spadoni (in ordine alle non volontarie dazioni di denaro da lei effettuate al convenuto) nonché l'inverosimiglianza della tesi della medesima.

    Il ricorso veniva assegnato alla seconda sezione penale ed il collegio, segnalato che sulla questione pro-Page 282spettata con il primo motivo si registrava un contrasto giurisprudenziale, rimetteva gli atti alle Sezioni unite.

    Ragioni della decisione.

    Il quesito sul quale le Sezioni unite sono chiamate a pronunciarsi si pone in questi termini: se il giudizio abbreviato sia ritualmente istaurato con la richiesta avanzata in udienza dal difensore privo di procura speciale, in presenza dell'imputato.

    La risposta è rilevante poiché, nella fattispecie, risulta agli atti e specificamente dal verbale di udienza che in realtà si verificò una siffatta situazione.

    Al proposito si sono delineati nell'ambito della giurisprudenza di legittimità due fondamentali orientamenti, tra loro contrapposti.

    Le pronunce che sono pervenute a soluzione negativa, dopo avere richiamato il tenore letterale dell'art. 438 c.p.p. (il quale recita: «la volontà dell'imputato è espressa personalmente o per mezzo di procuratore speciale»), hanno sottolineato: che il giudizio abbreviato consente di utilizzare, ai fini della decisione, gli atti compiuti nella fase delle indagini preliminari; che la relativa scelta, implicando disposizione di diritti «personalissimi», non può essere effettuata dal difensore nei limiti del proprio ordinario mandato defensionale; che la tacita presenza dell'imputato costituisce un dato neutro, non configurabile quale ratifica (Cass. 16 novembre 1990 n. 16510 Rv. 186106; Cass. 18 febbraio 1993 n. 4804 Rv. 194541; Cass. 16 marzo 1993 n. 5300 Rv. 194199; Cass. 11 gennaio 1995 n. 3622 Rv. 211494; Cass. 5 maggio 2004 n. 26926 Rv. 229456; Cass. 1 marzo 2006 n. 9249 Rv. 233581; analogamente in tema di patteggiamento in appello, posto che l'art. 599 comma 4 c.p.p., nel richiamare l'art. 589 c.p.p., richiede a sua volta manifestazione di volontà avanzata «personalmente o a mezzo di procuratore speciale»: Cass. 28 ottobre 1992 n. 11946 Rv. 192606).

    Nei precedenti di segno contrario è stato invece evidenziato che il difensore, nell'ipotesi de qua, assume la veste di semplice interprete o portavoce ovvero nuncius dell'imputato e che la procura speciale è necessaria solo in caso di assenza del diretto interessato (Cass. 13 marzo 1997 n. 8851 Rv. 209116; Cass. 22 luglio 1999 n. 9409 non massimata; Cass. 11 aprile 2001 n. 27853 Rv. 220906; Cass. 19 giugno 2007 n. 33822 Rv. 237413; del pari con riferimento al patteggiamento ex art. 444 c.p.p.: Cass. 17 giugno 1991 n. 2461 Rv. 190154; Cass. 16 dicembre 1992 n. 1507 Rv. 195250; Cass. 15 maggio 1995 n. 2947 Rv. 202357).

    Queste Sezioni unite ritengono di aderire alla seconda impostazione, alla luce delle seguenti considerazioni di ordine logico e sistematico concernenti la natura del rito abbreviato, la funzione del difensore e le forme di manifestazione della volontà.

    Certamente, come rilevato anche dalla Corte costituzionale (con l'ordinanza 15 dicembre 2004 n. 57, che ha dichiarato la manifesta infondatezza, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost., della questione di legittimità costituzionale dell'art. 438 comma 3 c.p.p., nella parte in cui non prevede la facoltà di richiedere il giudizio abbreviato da parte del difensore dell'imputato irreperibile, non munito di procura speciale), la scelta del rito abbreviato, caratterizzato dalla possibilità di attribuire valenza probatoria agli atti assunti unilateralmente nel corso delle indagini preliminai, investe la sfera personale dell'imputato il quale deve avere piena consapevolezza del procedimento e delle conseguenze della sua opzione; né incidono le modifiche introdotte dalla legge n. 479/1999 in quanto all'eventuale integrazione probatoria, si procede con le forme previste dall'art. 422 commi 2, 3, 4 c.p.p. e non già in base alle regole dettate per il dibattimento, con rinuncia quindi alla garanzia della formazione della prova in contraddittorio.

    Il delineato quadro ben spiega le ragioni per le quali la legittimazione a proporre la richiesta di giudizio abbreviato, salvo l'ipotesi di delega ad un procuratore speciale, sia stata riservata al solo soggetto direttamente interessato.

    Al contempo, peraltro, non può sottacersi che la scelta suddetta è di carattere tecnico e ciò comporta la necessità che l'imputato nell'operarla si consulti con il difensore, quale soggetto munito delle debite conoscenze giuridiche e sia consigliato dal medesimo, nella di lui tipica funzione di assistenza; al proposito è opportuno richiamare quanto costantemente affermato dal Giudice delle leggi secondo cui, ai fini...

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