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AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine375-388

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@CORTE DI CASSAZIONE Sez. un., 26 febbraio 2008, n. 8413 (ud. 20 dicembre 2007). Pres. Gemelli - Est. Brusco - P.M. Esposito (diff.)Ric. C.A

Violazione degli obblighi di assistenza familiare - Omessa prestazione dei mezzi di sussistenza - In danno di più familiari conviventi - Pluralità di reati.

Nell'ipotesi in cui la condotta di omessa somministrazione dei mezzi di sussistenza sia posta in essere nei confronti di più soggetti conviventi nello stesso nucleo familiare, si configura una pluralità di reati. L'art. 570 c.p. incrimina, infatti, condotte disomogenee: soltanto in relazione a quelle di cui al primo comma (l'abbandono del domicilio domestico ovvero il tenere condotte contrarie all'ordine o alla morale delle famiglie) non è ipotizzabile una tutela differenziata dei vari componenti della famiglia (sarebbe, ad es., impossibile abbandonare il domicilio soltanto nei confronti di taluni dei coabitanti); al contrario, le condotte incriminate nel secondo comma non tutelano soltanto l'astratta unità familiare, ma anche specifici interessi economici di congiunti «deboli», non necessariamente vulnerati in toto dalla condotta dell'agente (è ben possibile che quest'ultimo malversi o dilapidi i beni di uno soltanto dei soggetti protetti, ovvero adempia gli obblighi di assistenza economica soltanto in favore di uno o più di essi, e non anche degli altri), il che porta, in tali casi, ad escludere l'unicità del reato commesso in danno di più congiunti. In presenza di più omissioni (ad es. nel caso in cui l'agente fosse tenuto a versamenti separati), sarebbe configurabile, ricorrendone i presupposti, un reato continuato, non un concorso formale di reati. (Mass. Redaz.). (C.p., art. 570) (1).

    (1) In aggiunta ai precedenti citati in motivazione si veda, in senso diametralmente opposto, Cass. pen., sez. VI, 20 gennaio 2004, S.C., pubblicata integralmente in questa Rivista 2004, 981, per la quale la condotta di colui che fa mancare i mezzi di sussistenza alle persone indicate al n. 2 del comma secondo dell'art. 570 c.p. integra un solo reato anche quando la sua condotta omissiva, che offende la famiglia come bene giuridico autonomamente tutelato, riguardi di fatto una pluralità di componenti del nucleo familiare considerato.

MOTIVI DELLA DECISIONE. - La Corte osserva:

I) la Corte d'appello di Trieste, con sentenza 20 aprile 2006, ha respinto l'appello proposto da C.A. contro la sentenza 4 dicembre 2003 che l'aveva condannata alla pena di mesi tre di reclusione ed euro 150,00 di multa per il delitto di cui all'art. 570 commi 1 e 2 c.p. per aver fatto mancare i mezzi di sussistenza ai figli E.M., E.A. e E.F.S. (questi ultimi due minori di età) omettendo di corrispondere al marito separato E.A. quanto stabilito dal giudice in sede di separazione (lire 250.000 complessive).

La corte di merito - dopo aver precisato che l'imputazione doveva ritenersi riferita soltanto al secondo comma n. 2 dell'art. 570 c.p. - ha confermato la valutazione del primo giudice sottolineando che era stato accertato che l'imputata disponeva, almeno in parte, delle risorse necessarie per adempiere all'obbligo nei confronti dei figli che erano stati affidati al padre e che era irrilevante che all'obbligo di mantenimento avesse adempiuto un terzo (il marito separato).

Infine la Corte ha ritenuto adeguata la pena inflitta dal primo giudice.

II) C.A. ha proposto ricorso contro la sentenza del giudice di appello e ha dedotto i seguenti motivi d'impugnazione:

- l'inosservanza degli artt. 516, 521 comma 2 e 522 c.p.p., nonché mancanza e manifesta illogicità della motivazione; la ricorrente sottolinea di essere stata rinviata a giudizio per rispondere del reato di cui all'art. 570 commi 1 e 2 c.p. mentre poi è stata condannata soltanto per l'ipotesi prevista dal secondo comma della norma indicata; ciò avrebbe generato indeterminatezza dell'accusa, il pubblico ministero non vi avrebbe ovviato con la modificazione dell'imputazione e il giudice avrebbe omesso di adottare le necessarie iniziative trattandosi di fatto diverso da quello contestato;

- l'inosservanza o l'erronea applicazione dell'art. 570 c.p. nonché la mancanza o la manifesta illogicità della motivazione: la corte di merito avrebbe infatti correttamente premesso che il mancato versamento dell'assegno fissato dal giudice civile non comporta necessariamente la violazione della norma indicata - dovendosi verificare se l'avente diritto sia rimasto privo dei mezzi di sussistenza - ma non avrebbe tratto le necessarie conseguenze da questa premessa sia non tenendo conto della circostanza che i figli non si trovavano affatto in stato di bisogno (erano infatti alloggiati in accademie militari che sostenevano le spese di vitto e alloggio e corrispondevano loro una paga giornaliera); inoltre la sentenza impugnata non avrebbe preso in considerazione l'oggettiva impossibilità, da parte della ricorrente, di corrispondere l'assegno in questione dovendo far fronte, con il suo stipendio, al mutuo contratto per l'acquisto della casa e ai frequenti viaggi a Trieste per visitare i figli; la ricorrente evi-Page 376denzia inoltre, producendo la relativa dichiarazione, che il marito ha revocato la costituzione di parte civile;

- l'inosservanza o erronea applicazione degli artt. 81 e 570 c.p.; erroneamente, secondo la ricorrente, i giudici di merito avrebbero ritenuto l'esistenza del concorso formale per l'esistenza di più aventi diritto ai mezzi di sussistenza dovendosi ritenere, al contrario, l'unicità del reato;

- il vizio di motivazione con riferimento ai criteri di valutazione della testimonianza della persona offesa per non avere, la sentenza impugnata, indicato alcun elemento a sostegno della veridicità delle dichiarazioni della persona offesa;

- il medesimo vizio con riferimento al trattamento sanzionatorio per non avere, i giudici di merito, tenuto conto della non particolare gravità del fatto applicando la pena nel minimo di legge.

III) La ricorrente depositava motivi nuovi con i quali si ribadivano, in particolare, la censura che si riferisce alla violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza; quella che si riferisce alla violazione dell'art. 570 c.p. non avendo, i giudici di merito, accertato né lo stato di bisogno degli aventi diritto né la possibilità per la ricorrente di far fronte all'obbligo su di lei gravante; l'inapplicabilità dell'istituto del concorso formale nel caso di più aventi diritto ai mezzi di sussistenza e la censura attinente alla valutazione della persona offesa.

Con ordinanza 3 ottobre 2007 la sesta sezione di questa Corte trasmetteva gli atti a queste Sezioni unite avendo rilevato un contrasto, nella giurisprudenza di legittimità, sulla possibilità di ipotizzare il concorso formale nel caso di violazione dell'art. 570 c.p. in presenza di più aventi diritto alla corresponsione dei mezzi di sussistenza.

IV) Osservano le Sezioni unite che la più parte dei motivi proposti con il ricorso e con i motivi aggiunti è inammissibile.

Manifestamente infondato è innanzitutto il primo motivo che si riferisce alla violazione del principio di corrispondenza tra contestazione e sentenza di condanna difettando proprio il presupposto per potersi affermare l'esistenza di questo scostamento.

La ricorrente la ricava dalla circostanza che, nell'imputazione originaria, è stato indicato anche il primo comma dell'art. 570 c.p. mentre la condanna è avvenuta per l'ipotesi prevista dal comma 2 n. 2 della medesima norma ma è sufficiente rilevare, in contrario, che nel capo d'imputazione è indicato anche il secondo comma della norma e che la condotta descritta nel capo d'imputazione corrisponde esattamente a quella per cui è intervenuta condanna per rendersi conto della palese pretestuosità della censura. È infatti ovvio che non è violato il ricordato principio di corrispondenza qualora solo una parte dei fatti contestati venga ritenuta esistente; tanto più se - come nel caso in esame - il dappiù sia costituito dalla sola enunciazione normativa senza che vi corrisponda la descrizione di una condotta.

V) Inammissibili sono anche i motivi secondo (per una parte) e quarto del proposto ricorso.

Quanto al secondo motivo deve rilevarsene la manifesta infondatezza per quanto riguarda l'asserita erronea applicazione dell'art. 570 c.p. Non corrisponde infatti al vero che i giudici di merito abbiano preso ad esclusivo riferimento - per ritenere realizzato il fatto tipico di aver fatto mancare i mezzi di sussistenza ai figli - l'importo dell'assegno fissato in sede di separazione dal giudice civile. Al contrario i primi giudici, con analitica motivazione condivisa dalla corte d'appello, hanno preso in considerazione il reddito di cui l'imputata godeva per sottolineare come, indipendentemente dall'importo dell'assegno, alcun contributo, nell'ambito delle disponibilità economiche dell'imputata, fosse stato dato dalla medesima per il mantenimento dei figli.

Inammissibile - perché manifestamente infondato e concernente una censura che si risolve in una richiesta di rivalutazione dei fatti accertati nei precedenti gradi di giudizio - è parimenti il secondo motivo per quanto riguarda l'esistenza dello stato di bisogno degli aventi diritto avendo, i giudici di merito, incensurabilmente accertato l'esistenza di tale stato rilevando come tutti i costi del mantenimento dei figli, le rette per la frequentazione delle scuole e degli istituti militari e tutte le altre necessità fossero state sostenute dal padre correttamente sottolineando come l'adempimento da parte di un terzo non elida la rilevanza penale della condotta accertata (v. Cass., sez. VI, 9 gennaio 2004 n. 17692, Bencivenga, rv. 228491; 21 marzo 1996 n. 5525, Pulga, rv. 204875).

Manifestamente infondato è infine il quarto motivo, per quanto attiene alla valutazione delle dichiarazioni della persona offesa risolvendosi, anche questa censura, nella richiesta di rivalutazione dell'accertamento logicamente condotto dai giudici di...

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