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@CORTE DI CASSAZIONE Sez. un., 16 gennaio 2008, n. 2451 (ud. 27 settembre 2007). Pres. Lupo - Est. Lattanzi - P.G. Palombarini (diff.)Ric. P.G. in proc. Magera.

Sicurezza pubblica - Stranieri - Ampliamento della Comunità Europea - Ingresso della Romania nell'U.E. - Reato ex art. 14 comma 5 ter, D.L.vo n. 286/98 - Applicabilità dell'art. 2 c.p. - Esclusione.

È da escludersi, con riferimento al reato ex art. 14, comma 5 ter del D.L.vo n. 286 del 1998, l'applicabilità delle disposizioni di cui all'art. 2, commi 2 e 4, c.p. in relazione alla sopravvenuta circostanza che dal 1º gennaio 2007 la Romania sia entrata a far parte dell'Unione Europea, poiché le norme modificatrici dello status dei cittadini rumeni non possono considerarsi integratrici della norma penale, né possono operare retroattivamente. (Mass. Redaz.). (D.L.vo 25 luglio 1998, n. 286, art. 14; c.p., art. 2) (1).

    (1) L'ordinanza di rimessione alle SS.UU. della prima sezione della Cassazione penale dell'8 maggio 2007, è pubblicata per esteso in questa Rivista 2008, 170 con nota di PICCICCHÈ, Con l'entrata della Romania nell'Unione Europea si riaccende il dibattito intorno alle «modifiche mediate» della fattispecie incriminatrice ed in Guida al diritto 2007, 22, p. 53, con nota di M. GALDIERI, Appare prioritario il perdurare dell'interesse protetto. È copiosa la giurisprudenza, soprattutto di merito, che è intervenuta sull'argomento con posizioni differenziate. Si vedano, rappresentativi dei differenti orientamenti, Trib. pen. La Spezia, ord. 16 aprile 2007, S.D.F., pubblicata per esteso in questa Rivista 2007, 783 e Trib. pen. Taranto, ivi 2008, 181 con nota di GARZONE, L'incidenza dell'adesione di nuovi Stati all'Unione Europeasulle fattispecie di cui agli artt. 12 e 22 D.L.vo 286/1998: dai contrasti giurisprudenziali ad una proposta ermeneutica unitaria.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. 1. - Il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d'appello di Genova ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del 20 settembre 2006 con la quale il Tribunale di Genova, all'esito di un giudizio abbreviato, ha assolto il cittadino rumeno Paul Magera, alias Paul Barna, dall'imputazione di ingiustificata permanenza nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine di allontanarsene, impartitogli dal questore di Udine, «perché il fatto non sussiste».

Il tribunale genovese, dopo aver affermato che gli atti del procedimento amministrativo relativo all'espulsione di un cittadino extracomunitario devono essere congruamente motivati e che l'onere della motivazione non può «dirsi assolto in presenza della mera ripetizione del dettato normativo o della vuota adozione di formule di stile», ha ritenuto che nel caso in esame il provvedimento del questore, essendosi limitato a dare atto che non era «possibile trattenere lo straniero presso un centro di permanenza temporanea per mancanza di posti», contenesse una mera ripetizione della formula normativa e fosse illegittimo.

Perciò, il tribunale, disapplicando l'ordine del que- store, ha assolto l'imputato per l'insussistenza del fatto.

Nel ricorso il procuratore generale ha sostenuto che la sentenza impugnata ha applicato erroneamente la legge penale: sotto un primo aspetto perché sarebbe sufficiente il riferimento al provvedimento di espulsione, alla correlata violazione da parte del destinatario e all'impossibilità di trattenerlo presso un centro di permanenza temporanea per ritenere assolto, anche se in maniera estremamente concisa, l'obbligo di motivazione del provvedimento; sotto un secondo aspetto perché il tribunale ha «ritenuto carente di motivazione l'ordine del questore, per non aver motivato circa l'im possibilità di eseguire l'espulsione mediante accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica», mentre tale motivazione non sarebbe stata necessaria.

  1. - La prima sezione penale ha rimesso il ricorso alle Sezioni unite, rilevando che Magera è cittadino rumeno e che in seguito all'ingresso della Romania nell'Unione Europea occorre «porsi il quesito relativo all'applicabilità della disciplina dell'art. 2 c.p.» e «stabilire se risulti ancora punibile una condotta che oggi non costituisce più reato».

    Come ha ricordato l'ordinanza di rimessione, la prima sezione in precedenza, con la sentenza 11 gennaio 2007, Ferlazzo, nell'esaminare una fattispecie di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina relativa all'ingresso illegale in Italia di cittadini di uno Stato (la Polonia), successivamente entrato nell'Unione Europea, aveva ritenuto di trovarsi in presenza «di una vicenda successoria di norme extrapenali che non integrano la fattispecie incriminatrice e tanto meno implicano una modifica della disposizione sanzionatoria penale, bensì determinano esclusivamente una variazione della rilevanza penale del fatto». Però secondo l'ordinanza questa decisione si ricollega a un orientamento giurisprudenziale non incontrastato, al quale se ne contrappone un altro che invece ri- conduce le modificazioni mediate (relative cioè a norme diverse da quella incriminatrice) nell'ambito dell'art. 2 c.p. e riconosce loro un effetto abolitivo Page 246della fattispecie che risulta dalla combinazione della norma penale con quella integratrice. L'ordinanza ha rilevato che questo secondo orientamento è stato seguito anche dalle Sezioni unite, con la sentenza 23 maggio 1987, Tuzet, relativa alla qualificazione dell'attività degli istituti di credito, e da altre decisioni della Corte di cassazione che possono ritenersi espressione di «una linea di fondo prevalente nella giurisprudenza di legittimità».

    Ciò posto, la prima sezione ha chiesto alle Sezioni unite di stabilire «se la sopravvenuta circostanza che dal 1º gennaio 2007 la Romania è entrata a far parte dell'Unione Europea giustifichi l'applicazione delle disposizioni di cui all'art. 2 c.p. e debba, quindi, fare pronunciare l'assoluzione con la formula «perché il fatto non è previsto dalla legge come reato», nel processo a carico di un cittadino rumeno imputato del reato previsto dall'art. 14, comma 5-ter, D.L.vo n. 286 del 1998 per l'inosservanza dell'ordine di lasciare il territorio italiano anteriormente emesso dal questore a seguito del decreto prefettizio di espulsione».

    MOTIVI DELLA DECISIONE. 1. - Rispetto alla questione rimessa per la soluzione alle Sezioni unite è preliminare quella, oggetto del ricorso del Procuratore Generale, relativa al contenuto della motivazione del provvedimento del questore che, a norma dell'art. 14, comma 5 bis, D.L.vo n. 286/98, «ordina allo straniero di lasciare il territorio dello Stato entro il termine di cinque giorni». Se infatti si dovesse convenire con il tribunale che il provvedimento del questore era illegittimo, che l'imputato non era tenuto ad osservarlo e che quindi non era avvenuta la violazione costituente reato, la questione sugli effetti da ricollegare all'ingresso della Romania nell'Unione Europea sarebbe priva di rilevanza: il fatto sarebbe insussistente e non ci sarebbe ragione di chiedersi se esso sia ancora preveduto come reato.

    È da aggiungere che, secondo l'indicazione che si trae dalla sequenza delle formule di proscioglimento contenuta nell'art. 129, comma 1, c.p.p. e dalla diversa ampiezza degli effetti liberatori per l'imputato, la formula «il fatto non sussiste» dovrebbe prevalere sulla formula «il fatto non è previsto come reato» (ved. sez. V, 6 dicembre 2000, n. 10312/2001, Rossi, rv. 218804; sez. III, 23 giugno 1993, n. 9096, Steinhauslin, rv. 195202; sez. VI, 30 novembre 1990, n. 4508, Pennino, rv. 183894, queste ultime due con riferimento all'art. 152 c.p.p. 1930), e anche sotto questo aspetto non vi sarebbe ragione di interrogarsi sull'esistenza o meno dell'abolitio criminis.

    Occorre dunque stabilire se il motivo di ricorso proposto dal Procuratore Generale è fondato.

    L'ordine del questore allo straniero di lasciare entro cinque giorni il territorio dello Stato segue il decreto di espulsione del prefetto e presuppone che non sia stato possibile eseguire tempestivamente l'espulsione e nep- pure trattenere lo straniero presso un centro di permanenza, ovvero che siano trascorsi i termini di permanenza (art. 14, comma 5 bis, D.L.vo n. 286/98), e secondo la giurisprudenza consolidata della Corte di cassazione, a norma dell'art. 3, comma 1, L. n. 241 del 1990, l'ordine deve essere motivato: la mancanza di motivazione ne comporta l'illegittimità e rende inconfigurabile la violazione prevista come reato dall'art. 14, comma 5 ter, D.L.vo n. 286 cit. (ved. sez. I, 21 dicembre 2006, n. 1575/2007, Tanase; sez. I, 6 dicembre 2006, n. 1076/2007, Ismellari; sez. I, 28 marzo 2006, n. 13314, Hado; sez. I, 15 dicembre 2005, n. 5217/ 2006, Beji Lofti; sez. I, 22 aprile 2005, n. 19722, Popescu, rv. 232223).

    Nel caso in esame l'ordine è stato motivato considerando, quanto all'impossibilità di eseguire l'espulsione, che non era «immediatamente disponibile vet- tore aereo o altro mezzo di trasporto» e, quanto all'impossibilità di trattenere lo straniero presso un centro di permanenza temporanea, che vi era «mancanza di posti disponibili».

    La sentenza non ha mosso rilievi riguardo al primo presupposto ma ha giudicato carente la motivazione sul secondo, in quanto «espressiva di mera ripetizione della formula normativa». Ciò posto, deve ritenersi frutto di un evidente equivoco l'affermazione del ricorrente che l'ordine era stato ritenuto dal tribunale illegittimo anche perché il questore non aveva «motivato circa l'impossibilità di eseguire l'espulsione mediante accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica», e quindi è privo di rilevanza il motivo volto a sostenere che tale motivazione non era necessaria. L'altro motivo, con il quale il ricorrente ha negato che potesse ritenersi sostanzialmente mancante la motivazione sul secondo presupposto, non è invece frutto di un equivoco e risulta fondato, perché non è vero che la motivazione sulla impossibilità del trattenimento presso un...

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