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AutoreCasa Editrice La Tribuna
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@CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, 20 aprile 2005, n. 14644 (c.c. 23 febbraio 2005). Pres. Savignano - Est. Petti - P.M. Passacantando (conf.) - Ric. Di Castri.

Vendita di prodotti industriali con segni mendaci - Marchi e segni distintivi - Momento consumativo del reato - Separazione del prodotto contraffatto dalla sfera di custodia del fabbricante - Fattispecie.

Ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 517 c.p., previsto a carico di chi «pone in vendita o mette altrimenti in circolazione opere dell'ingegno o prodotti industriali con nomi, marchi o segni distintivi nazionali o esteri atti a indurre in inganno il compratore sull'origine, provenienza o qualità dell'opera o del prodotto», quest'ultimo deve considerarsi posto in circolazione quando sia uscito dalla sfera di custodia del fabbricante per un qualsiasi scopo che non escluda la possibilità della circolazione. (Nella specie, in applicazione di tale principio, è stata ritenuta la configurabilità del reato, in funzione dell'adozione di un sequestro preventivo, a carico di un soggetto che deteneva i prodotti, già posti in circolazione dal fabbricante, nel magazzino del proprio centro commerciale, in vista della futura distribuzione). (C.p., art. 517) (1).

    (1) L'interpretazione della norma in oggetto non è sempre stata univoca, nel senso qui prospettato. Invero, Cass. pen., sez. III, 2 luglio 2001, Andolfo, in questa Rivista 2002, 86, non ha ritenuto punibile, ai sensi dell'art. 517 c.p., la presentazione della merce alla dogana per l'operazione di sdoganamento non costituisce atto di messa in circolazione dei prodotti, per tale dovendosi intendere ogni atto diffusivo della merce, e quindi non integra l'elemento oggettivo del reato. Così anche Cass., sez. III, 20 gennaio 1996, Dubini, ivi 1996, 1165. Tuttavia, la giurisprudenza maggioritaria sposa il principio qui espresso. Secondo Cass., sez. III, 27 maggio 1999, Desaler, ivi 2000, 41, nella descrizione legislativa del delitto in questione, il fatto di chi «mette altrimenti in circolazione» la merce è alternativo a quello di «porre in vendita» la stessa, sicché deve ritenersi che la norma si riferisca a qualsiasi attività con cui si miri a far uscire a qualsiasi titolo la res dalla sfera giuridica e di custodia del mero detentore, ossia a qualunque operazione di movimentazione della merce. Di conseguenza anche la mera presentazione dei prodotti alla dogana può, tenuto conto delle circostanze del caso concreto (modalità di spedizione e di presentazione, personalità dei soggetti coinvolti, quantità e qualità della merce presentata), integrare l'ipotesi di reato.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - In data 13 luglio 2004, alcuni militari del Comando Compagnia Pronto Impiego della Guardia di Finanza di Brindisi, recatisi presso la sede della società Centro Casalinghi srl legalmente rappresentata da Di Castri Vincenzo, sita nella Zona Industriale di Francavilla Fontana, ai sensi dell'art. 324 c.p.p., procedevano alla perquisizione e al sequestro (probatorio) di 57.164 pezzi/giocattoli, sul presupposto, tra l'altro, che gli stessi recassero marchi contraffatti di note case produttrici o comunque recassero segni mendaci di altri prodotti industriali e che fossero privi della marcatura CE prevista dagli artt. 4 e 5 del D.L.vo n. 313/91. Nello stesso verbale di sequestro la Guardia di Finanza individuava quali ipotesi di reato a carico del Di Castri quelle previste dagli artt. 474 e 517 c.p. nonché quella prevista dall'art. 11 del D.L.vo n. 313/91.

Con decreto emesso in data 16 luglio 2004 e notificato al Di Castri il 12 agosto 2004, il P.M. presso il Tribunale di Brindisi convalidava l'anzidetto sequestro ipotizzando però i reati di cui agli artt. 474 e 648 c.p. Tale provvedimento veniva impugnato dinanzi al tribunale, il quale, con ordinanza del 30 settembre 2004, in accoglimento dell'istanza avanzata dal Di Castri, annullava il sequestro e disponeva la immediata restituzione in favore del predetto dei beni oggetto della suddetta misura cautelare. Il provvedimento non veniva tuttavia eseguito perché nel frattempo il P.M., con riferimento alla stessa identica merce appena dissequestrata, emetteva decreto di sequestro preventivo, successivamente convalidato dal Gip con ordinanza del 14 ottobre 2004. Anche quest'ultimo provvedimento di sequestro veniva impugnato dal difensore del Di Castri dinanzi al Tribunale del riesame di Brindisi, il quale però, con ordinanza dell'8 novembre 2004, rigettava l'istanza di riesame. A fondamento della decisione il tribunale osservava che la nuova contestazione di cui agli artt. 517 c.p. e 11 D.L.vo n. 313 del 1991 era aderente alla fattispecie perché dagli atti non emergeva alcuna contraffazione ma solo un'imitazione figurativa di marchi o di segni distintivi di prodotti noti; che tali imitazioni erano idonee ad ingannare gli acquirenti sull'effettiva provenienza del prodotto; che era configurabile anche il reato di cui all'art. 11 del D.L.vo n. 313 del 1991 perché molti giocattoli per bambini erano privi del marchio CE. Osservava conclusivamente che trattavasi di beni la cui fabbricazione o alienazione costituiva reato per cui erano soggetti a norma del secondo comma dell'art. 240 c.p. a confisca obbligatoria anche in assenza di condanna e perciò, a norma dell'articolo 324 comma 7 c.p.p., il sequestro non poteva essere revocato.

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Ricorre per cassazione l'indagato per mezzo del suo difensore deducendo: violazione dell'articolo 649 c.p.p. ed in particolare del principio del giudicato cautelare posto che in assenza di nuovi elementi, il tribunale aveva confermato un provvedimento di sequestro emesso dal P.M. dopo che analogo provvedimento era stato annullato da altra sezione del medesimo tribunale; precisa che il nuovo sequestro preventivo non poteva ritenersi giustificato dagli accertamenti investigativi effettuati dopo la prima ordinanza del tribunale, trattandosi di una mera riproduzione del contenuto del verbale di perquisizione; che l'unico elemento di novità era rappresentato da un fax, allegato all'informativa della Guardia di Finanza, contenente una pseudo perizia, ma trattasi di documento che non ha alcun valore probatorio e non può essere utilizzato ai fini della valutazione del fumus del reato contestato; violazione dell'art. 321 primo comma c.p.p. in relazione agli artt. 517 c.p. e 11 D.L.vo 31 marzo del 1991: assume che i reati ipotizzati non sarebbero astrattamente configurabili giacché quello di cui all'articolo 517 c.p. non si consuma con la semplice detenzione ma con la messa in vendita o in circolazione del prodotto e quello di cui al D.L.vo 313 del 1991 non è ipotizzabile, trattandosi di accessori d'abbigliamento e non di giocattoli.

MOTIVI DELLA DECISIONE. - Il ricorso è infondato e va pertanto respinto con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Il riferimento al cosiddetto giudicato cautelare è del tutto improprio perché l'effetto preclusivo, nei limiti in cui per la fase delle indagini preliminari si può parlare di effetto preclusivo, opera finché siano identiche le premesse giuridiche o fattuali su cui si fonda il precedente provvedimento. Nella fattispecie, respinta una richiesta di sequestro probatorio, è stata accolta legittimamente un'istanza di sequestro preventivo giacché diverse sono le caratteristiche che contraddistinguono i due istituti: il sequestro probatorio risponde ad esigenze probatorie e può essere eseguito sia dalla polizia giudiziaria che dal pubblico ministero, al fine di assicurare l'acquisizione delle fonti di prova; quello preventivo è diretto ad impedire l'iter criminoso di un reato o ad impedire nuovi reati o a garantire la confiscabilità di una cosa e realizza una finalità cautelare che può essere perseguita soltanto dal giudice su richiesta del pubblico ministero (cfr. Cass. 16 luglio 1990, Acanfora). Di conseguenza è perfettamente ammissibile la richiesta di un sequestro preventivo su cose già oggetto di sequestro probatorio anche quando siano state già restituite all'avente diritto, a condizione ovviamente che sussistano i presupposti per l'adozione di tale misura cautelare.

Nel caso in esame peraltro erano parzialmente cambiate le condizioni che avevano indotto il giudice a respingere la richiesta di sequestro probatorio, sia perché si erano ipotizzati reati diversi da quelli posti a base del sequestro probatorio, sia perché si erano evidenziati nuovi elementi di prova. La modificazione del quadro probatorio di riferimento può giustificare la rinnovazione di un'istanza già respinta. In questa fase qualsiasi informativa proveniente dalla Polizia Giudiziaria o recepita dalla Polizia può essere utilizzata. Nella richiesta di convalida del sequestro preventivo che, come sopra chiarito, è istituto diverso dal sequestro probatorio si sono ipotizzati i reati di cui agli artt. 517 c.p. ed 11 D.L.vo n. 313 del 1991, prima non considerati.

Per quanto concerne la configurabilità del reato di cui all'articolo 517 c.p., l'assunto dell'indagato secondo il quale la semplice detenzione della merce non sarebbe sufficiente a configurare tale ipotesi criminosa, occorrendo comunque la messa in vendita o la messa in circolazione, richiede alcune puntualizzazioni. Come è noto, l'oggetto specifico della tutela penale del reato in questione consiste nell'interesse pubblico dell'ordine economico il quale deve essere garantito contro gli inganni tesi ai consumatori mediante l'uso di nomi, marchi o segni distintivi apposti ingannevolmente ad opere dell'ingegno o a prodotti industriali per simulare un'origine, provenienza o qualità non propria dell'opera dell'ingegno o del prodotto. Il reato in esame consiste quindi nell'usare nomi marchi o segni distintivi atti ad indurre in inganno il compratore sull'origine, provenienza e qualità dell'opera. Si presuppone però che tali segni non siano né alterati né contraffatti altrimenti, con il concorso degli altri elementi, troverà...

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