Contrasti

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine983-985

Page 983

@CORTE DI CASSAZIONE Sez. VI, 31 maggio 2007, n. 21335 (ud. 26 febbraio 2007). Pres. Lattanzi - Est. Conti - P.M. Fraticelli (conf.)Ric. Maggiore ed altro.

Pubblico ufficiale, incaricato di pubblico servizio, esercente un servizio di pubblica necessità - Incaricato di pubblico servizio - Operatore obitoriale - È tale. Peculato - Elemento oggettivo - Indebito uso del telefono d'ufficio - Chiamate a linee telefoniche a contenuto erotico da parte di incaricato di pubblico servizio - Peculato, e non peculato d'uso Configurabilità.

Gli operatori obitoriali rivestono la qualità di incaricati di pubblico servizio, in quanto le loro mansioni non si esauriscono in prestazioni meramente manuali o d'ordine, ma implicano conoscenze del regolamento di polizia mortuaria, che realizzano un'attività di collaborazione, complemento ed integrazione delle funzioni pubbliche devolute alle autorità sanitarie competenti. (C.p., art. 358) (1). Integra gli estremi del peculato, e non del peculato d'uso, la condotta del soggetto incaricato di pubblico servizio che utilizzi il telefono d'ufficio per chiamate a linee telefoniche a contenuto erotico, a nulla rilevando che egli abbia successivamente rimborsato l'ente di appartenenza delle relative spese. (C.p., art. 314; c.p., art. 358) (2).

    (1) Giurisprudenza consolidata. Ex plurimis, si veda Cass. pen., sez. VI, 30 maggio 2003, Brambilla, in questa Rivista 2004, 760, che riconosce tale qualità all'operatore obitoriale, in quanto, seppur privo di poteri autoritativi, viene a svolgere un'attività regolata da norme di diritto pubblico concernente, oltre all'esame e al trasporto della salma, anche la raccolta e l'inventario degli oggetti rinvenuti, la redazione di una relazione, il controllo dell'osservanza delle disposizioni in materia di polizia mortuaria.


    (2) In merito al principio di diritto espresso dalla massima in epigrafe vi sono, in seno alla giurisprudenza di legittimità, orientamenti contrastanti. Conformemente, nel senso di ritenere che l'utilizzo dell'utenza telefonica intestata all'amministrazione per effettuare chiamate di interesse personale sostanzi non propriamente l'uso dell'apparecchio telefonico come oggetto fisico bensì l'appropriazione, da parte dell'agente, senza possibilità di immediata restituzione, di energie costituite da impulsi elettronici entrati a far parte del patrimonio della P.A., si vedano Cass. pen., sez. VI, 20 luglio 2006, Montana, in questa Rivista 2007, 691, e Cass. pen., sez. VI, 15 dicembre 2000, Di Maggio, ivi 2001, 501. Nel senso, al contrario, di ritenere configurato il peculato d'uso di cui all'art. 314, comma secondo, c.p., nel comportamento del pubblico ufficiale o dell'incaricato di un pubblico servizio che utilizzi il telefono dell'ufficio per finalità personali, in quanto con tale condotta l'agente realizzerebbe una interversione del possesso dell'apparecchio telefonico, a lui affidato esclusivamente per ragioni di ufficio, per uso privato di breve durata, si vedano Cass. pen., sez. VI, 25 luglio 1997, Guida, ivi 1998, 628, e Cass. en., sez. VI, 26 marzo 1996, Catalucci, ivi 1996, 1397.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Palermo confermava la sentenza in data 14 dicembre 2004 del Tribunale di Palermo, appellata da Alberto Maggiore e Gioacchino Gambino, condannati, riconosciute ad entrambi le attenuanti generiche, ritenute per il Gambino equivalenti alle aggravanti contestate, il primo, alla pena di anni due e mesi sei di reclusione e, il secondo, a quella di anni uno, mesi tre di reclusione ed euro 300,00 di multa, oltre al risarcimento dei danni in favore della parte civile, in quanto responsabili entrambi:

a) del reato di cui agli...

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT