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Arch. nuova proc. pen. 1/2012
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CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. UN., 7 NOVEMBRE 2011, N. 40288
(C.C. 14 LUGLIO 2011)
PRES. LUPO – EST. CASSANO – P.M. SPINACI (CONF.) – RIC. TIZZI ED ALTRA
Applicazione della pena su richiesta delle
parti y Costituzione di parte civile y Spese proces-
suali y Decisione sulle spese sostenute dalla parte
civile y Ricorribilità per cassazione y Ammissibilità
y Condizioni.
. È ricorribile per cassazione la sentenza di patteggia-
mento nella parte relativa alla condanna alla rifusione
delle spese di parte civile, in particolare per quanto
attiene alla legalità della somma liquidata e alla esi-
stenza di una corretta motivazione sul punto, una volta
che sulla relativa richiesta, proposta all’udienza di
discussione, nulla sia stato eccepito. (Mass. Redaz.)
(c.p.p., art. 444; c.p.p., art. 576) (1)
(1) Sul principio di diritto espresso dalla presente pronuncia si regi-
strano due contrastanti orientamenti nell’ambito della giurispruden-
za di legittimità, esaurientemente rappresentati dai richiami giuri-
sprudenziali contenuti in motivazione.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con sentenza in data 29 settembre 2010 il Tribunale
di Arezzo, sez. dist. di Sansepolcro, a norma degli artt. 444
e 448 cod. proc. pen., applicava a Tiziana Tizzi e Nara Bian-
chi la pena, condizionalmente sospesa, di quattro mesi di
reclusione in ordine al reato di cui agli artt. 110, 482 cod.
pen., previa concessione delle circostanze attenuanti ge-
neriche e con la diminuente del rito.
Le condannava alla rifusione delle spese sostenute
dalla parte civile, liquidate in complessivi euro 3.098,72,
oltre iva e cpa come per legge.
2. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per
cassazione, tramite il comune difensore di f‌iducia, le im-
putate, denunciando la violazione di legge e il difetto di
motivazione in relazione alla liquidazione delle spese in
euro 3.098,72 in favore della parte civile, tenuto conto del
fatto che la stessa non aveva dovuto sopportare spese di
simile entità, per le quali non vi era, comunque, idonea
giustif‌icazione e analitica valutazione.
Contestano, in particolare, le competenze di cui alla
tabella “funzioni” con riferimento alle voci “accesso can-
celleria per deposito lista testi”, “costituzione in giudizio”,
“esame ordinanza giudice”, “partecipazione alle udienze”,
“partecipazione lettura sentenza”, “consultazioni con il
cliente”, “corrispondenza informativa”.
Osservano, inoltre, che alcune competenze della ta-
bella “onorari” sono prive di giustif‌icazione alla luce delle
seguenti considerazioni.
L’applicazione del massimo tariffario per l’informativa
telefonica della parte mal si concilia con la peculiare na-
tura del rito prescelto.
Per le voci “corrispondenza con il cliente”, “esame e
studio”, “redazione della querela” non sono stati rispettati
i limiti tariffari.
La richiesta di liquidazione di euro 309,90 non trova
riscontro nella tariffa professionale e deve intendersi as-
sorbita dalla voce “redazione della querela”.
Inf‌ine, altre voci (“corrispondenza” e “consultazioni”,
“indennità di accesso per ricerca mezzi di prova”, “atto di
costituzione di parte civile”, “partecipazione alle udienze”)
non trovano riscontri obiettivi nell’attività effettivamente
svolta dal patrono di parte civile, avuto riguardo alla strut-
tura del patteggiamento.
3. La Quinta Sezione penale, cui i ricorsi erano stati
assegnati ratione materiae, registrata l’esistenza di un
contrasto di giurisprudenza sul tema centrale che ne ha
formato oggetto, con ordinanza emessa il 29 marzo novem-
bre 2011 ha rimesso i ricorsi medesimi alle Sezioni Unite,
a norma dell’art. 618 cod. proc. pen.
4. Il Primo Presidente, con decreto in data 26 maggio
2011, ha assegnato i ricorsi alle Sezioni Unite, f‌issando per
la trattazione l’odierna udienza camerale.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. La questione di diritto devoluta alle Sezioni Unite
può essere riassunta nei seguenti termini: “se sia ricor-
ribile la sentenza di patteggiamento nella parte relativa
alla condanna alla rifusione delle spese di parte civile, in
particolare per quanto attiene alla congruità delle somme
liquidate e alla coerenza della motivazione sul punto, una
volta che, sulla relativa richiesta, proposta all’udienza di
discussione, nulla sia stato eccepito”.
2. Come osservato dalla ordinanza di rimessione, la
problematica sottoposta all’esame del Collegio è in con-
creto rilevante sotto due prof‌ili.
La questione concernente la totale assenza della moti-
vazione della sentenza impugnata in merito alla determi-
nazione della somma posta a carico delle imputate a titolo
di rifusione delle spese sostenute dalla parte civile s’in-
treccia, infatti, con il tema più generale della f‌isionomia
della decisione ex art. 444 cod. proc. pen. e dell’estensione
dell’accordo fra le parti.
In via preliminare si tratta, quindi, di stabilire se la
pronuncia sulle spese sostenute dalla parte civile abbia
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un fondamento pattizio, dal momento che essa si inseri-
sce all’interno di uno schema di giustizia contrattata, e
se l’entità della somma da liquidare, così come indicata
nella nota presentata dalla stessa parte civile nel corso
dell’udienza di discussione, venga a far parte dell’accordo
tra le parti, ossia dei termini del patteggiamento.
3. In proposito si registrano due contrastanti orienta-
menti nell’ambito della giurisprudenza di legittimità.
3.1. Un primo indirizzo interpretativo ritiene che l’accor-
do fra il pubblico ministero e l’imputato, in quanto perti-
nente esclusivamente agli aspetti penalistici e sanzionatori,
non si estende a quelli strettamente inerenti la liquidazione
delle spese sostenute dalla parte civile, la cui entità non è,
pertanto, ricompresa nell’accordo processuale.
Posto, dunque, che la domanda della parte civile di es-
sere sollevata dalle spese processuali è strutturalmente
estranea all’accordo intercorrente tra pubblico ministero
e imputato sulla pena da applicare in relazione ad una de-
terminata fattispecie criminosa e che su tale domanda il
giudice ha il dovere di decidere con una pronuncia avente
natura formale e sostanziale di condanna, è indubbio che
su tale capo della sentenza la parte interessata (impu-
tato o parte civile) è legittimata a dedurre, mediante il
ricorso per cassazione, le normali censure che attengono
alla valutazione giudiziale circa la pertinenza delle voci
di spese, la loro documentazione e congruità. Proprio per
consentire siffatto controllo sulla statuizione accessoria
alla sentenza di patteggiamento, il giudice ha il dovere di
fornire adeguata motivazione (Cass. pen., sez. VI, n. 7902
del 3 febbraio 2006, Fassina, Rv. 233698; Cass. pen., sez.
VI, n. 3057 del 20 dicembre 2000, dep. 11 gennaio 2001,
Fanano, Rv. 219707; cfr. inoltre, Cass. pen., sez. IV, n. 20796
del 3 maggio 2006, Lopo, Rv. 234593 che ha affrontato il
tema in modo incidentale).
In coerenza con queste premesse teoriche si argomen-
ta, inoltre, che è rilevabile in sede di legittimità il vizio
motivazionale della sentenza di applicazione di pena nella
determinazione globale dell’ammontare delle spese liqui-
date in favore della parte civile, in quanto ostativo della
doverosa verif‌ica delle parti in ordine al rispetto dei limiti
tariffari e delle altre condizioni di legge nelle singole voci
di spesa (Cass. pen., sez. II, n. 39626 dell’11 maggio 2004,
Di Pinto, Rv. 230052)
3.2. Le decisioni che si collocano sull’altro versante
interpretativo argomentano che la pronuncia sulle statui-
zioni contenute nella sentenza di patteggiamento in favo-
re della parte civile, essendo necessariamente oggetto di
rappresentazione ed accettazione da parte dell’imputato
che abbia avanzato l’istanza di applicazione della pena o vi
abbia aderito, viene a far parte, pur se non espressamente,
di un atto plurilaterale.
Dalla riconducibilità della liquidazione degli esborsi so-
stenuti dalla parte civile all’ambito dell’accordo delle parti
derivano, quale logiche conseguenze, l’applicazione anche
agli stessi del principio dell’intangibilità dell’accordo e
l’inammissibilità delle censure mosse, mediante il ricorso
per cassazione, dall’imputato che nulla aveva eccepito in
sede di patteggiamento.
Questo secondo indirizzo ermeneutico non giunge,
però, ad affermare il carattere incondizionato dell’adesio-
ne all’accordo, e si pone il problema della mancanza di co-
noscenza in capo alla parte - al momento della richiesta o
dell’accettazione della pena - dell’ammontare e della giu-
stif‌icazione delle spese oggetto dell’istanza di liquidazione
della parte civile, la cui presentazione si colloca in un
successivo momento processuale. A tale riguardo osserva
che è onere della parte che intenda contestare la misura
delle spese richieste dalla parte civile sollevare specif‌ica
eccezione sui contenuti della nota da quest’ultima presen-
tata nel corso dell’udienza. Ove nulla venga eccepito in
proposito in quella sede, é preclusa la possibilità di avan-
zare, con il ricorso per cassazione, rilievi circa la congruità
delle spese liquidate (Cass. pen., sez. V, n. 14309 del 21
marzo 2008, Leoni, Rv. 239491; Cass. pen., sez. V, n. 35599
del 27 settembre 2002, Ridolf‌i, Rv. 222684; Cass. pen., sez.
VI, n. 2815 del 21 gennaio 1999, Mingon, Rv. 213473; Cass.
pen., sez. V, n. 6375 del 26 novembre 1998, dep. 18 gennaio
1999, Costa, Rv. 212149; Cass. pen., sez. III, n. 2000 del 2
maggio 1996, Maranini, Rv. 205469).
Alcune delle pronunce riconducibili a questo indirizzo
rilevano, ulteriormente, che grava sull’imputato che impu-
gna la statuizione della sentenza relativa alla liquidazione
delle spese processuali in favore della parte civile l’onere
di dimostrare, qualora la liquidazione sia stata effettuata
in misura assai contenuta, l’esistenza di uno specif‌ico in-
teresse a sostegno della richiesta di applicazione delle ta-
riffe professionali (Cass. pen., sez. V, n. 21056 dell’8 aprile
2011, Rosania, non massimata; Cass. pen., sez. II, n. 24790
del 16 aprile 2010, Halilovic, Rv. 247737).
4. Il Collegio ritiene di condividere il primo dei due
orientamenti illustrati sulla base di argomentazioni di tipo
letterale e logico-sistematico.
Sotto il prof‌ilo soggettivo, il tenore testuale del comma
2 del novellato art. 444 cod. proc. pen. rende evidente che
il danneggiato è escluso dalla partecipazione all’accordo
che intercorre fra imputato e pubblico ministero, pur
avendo lo ius loquendi sulle questioni che formano oggetto
della valutazione del giudice; si pensi, a mero titolo esem-
plif‌icativo, alle iniziative, esterne al patteggiamento, volte
ad indurre il giudice a respingere l’accordo o a postulare la
subordinazione dell’eventuale sospensione condizionale
della pena alla eliminazione delle conseguenze dannose
del reato (cfr. in proposito Cass. pen., sez. III, n. 2442 del
18 giugno 1997, Groppelli, Rv. 208809; Cass. pen., sez. V, n.
3305 del 1 luglio 1996, Carboni, Rv. 205864; Cass. pen., sez.
V, n. del 6 ottobre 1993, Salerno; Cass. pen., sez. III, n. 3683
del 29 novembre 1991, Genvaldo, Rv. 188725; Cass. pen.,
sez. IV, 26 novembre 1991, Addario).
Da un punto di vista oggettivo, il dato normativo ha
una portata inequivoca nel def‌inire la natura e i contenuti
tipici del patteggiamento sulla pena unicamente in rela-
zione agli aspetti penalistico-sanzionatori e nel lasciare
strutturalmente estranea all’accordo intercorrente tra il
pubblico ministero e l’imputato sulla pena da applicare
ad una determinata fattispecie delittuosa la parte civile,
i cui interessi non possono f‌iltrare nell’accordo attraverso

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