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CORTE DI CASSAZIONE PENALE SEZ. UN., 5 MAGGIO 2011, N. 17386 (C.C. 24 FEBBRAIO 2011)

PRES. LUPO – EST. ROMIS – P.M. MURA (CONF.) – RIC. NACCARATO

Misure cautelari personali y Condizioni di applicabilità y Entità della pena y Computo della pena edittale y Recidiva reiterata y Rilevanza y Esclusione.

Nel computo della pena edittale, ai fini della verifica della facoltatività dell’arresto in flagranza, e più in generale per la determinazione della pena agli effetti dell’applicazione delle misure cautelari, non si deve tener conto della recidiva reiterata. (Mass. Redaz.) (c.p., art. 63; c.p., art. 99; c.p.p., art. 278; c.p.p., art. 379; c.p.p., art. 381) (1)

(1) Decisione che compone un quadro giurisprudenziale sinora controverso. In motivazione la Corte, pur evidenziando che, ai fini della risoluzione della questione controversa, la natura giuridica della recidiva reiterata risulta irrilevante, ha, inoltre, osservato che la recidiva, nelle ipotesi in cui comporta un aumento della pena superiore ad un terzo, determina gli effetti propri di una circostanza aggravante ad effetto speciale, e che ciò non è assolutamente incompatibile con la natura di «circostanza inerente alla persona del colpevole» che l’art. 70 c.p. espressamente le attribuisce.

Svolgimento del processo

  1. Il 17 luglio 2009 Carmelo Naccarato veniva tratto in arresto, insieme con Maria Agnone, in flagranza del reato di cui agli artt. 56, 110 c.p., 6, comma 1, lett. a), D.L. 6 novembre 2008, n. 172, conv. nella legge 30 dicembre 2008, n. 210.

    In pari data il Pubblico ministero presentava gli imputati al dibattimento innanzi al Tribunale in composizione monocratica per la convalida dell’arresto e per il giudizio direttissimo, avanzando contestualmente richiesta di applicazione della misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

    Con ordinanza del 20 luglio 2009 il Tribunale di Paola, sezione distaccata di Scalea, non convalidava l’arresto della Agnone, mentre convalidava l’arresto del Naccarato, applicando la misura dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria e disponendo procedersi immediatamente al giudizio direttissimo nei suoi confronti in relazione al delitto per il quale l’arresto era stato convalidato.

    Rilevato che i fatti di cui all’imputazione risultavano ampiamente provati - e richiamato il decreto in data 18 dicembre 2008 con il quale il Presidente del Consiglio dei ministri ha dichiarato, ai sensi e per gli effetti dell’art. 5, comma 2, legge 24 febbraio 1992, n. 225, lo stato d’emergenza nel settore dei rifiuti urbani nel territorio della Regione Campania - il giudicante affrontava il tema relativo alla questione giuridica concernente la legittimità dell’arresto.

    Rilevava al riguardo che il delitto ipotizzato a carico degli indagati - punito nella forma consumata con la reclusione fino a tre anni e sei mesi, con possibilità quindi dell’arresto facoltativo in flagranza - era stato contestato nella forma tentata: di tal che, alla luce del richiamo all’art. 278 c.p.p. operato dall’art. 379 c.p.p., e tenuto conto dell’autonomia del reato tentato rispetto a quello consumato, nella determinazione della pena doveva tenersi conto della riduzione di un terzo prevista dall’art. 56 c.p.

    Ciò posto, osservava che l’arresto non avrebbe potuto essere eseguito nei confronti dell’Agnone, in quanto, con la riduzione ai sensi dell’art. 56 c.p., la pena edittale risultava pari ad anni due e mesi quattro di reclusione; mentre a diversa conclusione doveva giungersi per il Naccarato, nei confronti del quale il P.M. aveva contestato la recidiva reiterata, «recidiva effettivamente esistente, come risulta[va] dalla lettura del certificato del casellario giudiziale in atti».

    Il Tribunale dava conto del proprio convincimento così argomentando: a) l’art. 278 c.p.p. stabilisce che ai fini dell’applicazione delle misure cautelari (e, per effetto del richiamo operato dall’art. 379 c.p.p., anche di quelle precautelari), si ha riguardo al massimo della pena prevista per ciascun reato consumato o tentato, non si tiene conto della continuazione, della recidiva e delle circostanze del reato, fatta eccezione della circostanza aggravante di cui all’art. 61, comma primo, n. 5, c.p., dell’attenuante di cui all’art. 62, comma primo, n. 4 c.p. e delle circostanze ad effetto speciale; b) come affermato dalla giurisprudenza di legittimità, nell’ipotesi del tentativo il limite sanzionatorio di cui sopra deve essere calcolato con riferimento al «delitto circostanziato tentato» e non al «delitto tentato circostanziato», con la conseguenza che la riduzione minima di un terzo prevista dall’art. 56 c.p. deve essere applicata solo dopo che siano stati calcolati gli aumenti di pena derivanti dalla sussistenza delle aggravanti comuni o speciali;

    1. al Naccarato era stata contestata la recidiva reiterata ex art. 99, comma quarto, c.p.: per tale aggravante, a seguito dell’entrata in vigore della legge n. 251 del 2005, è previsto un aumento di pena della metà; d) la pena per il delitto consumato per cui si procedeva, aumentata per la recidiva, era quindi pari a mesi 63: pena da ridursi di un terzo, trattandosi di tentativo (ex art. 56 c.p.); e) la pena per il delitto circostanziato tentato era quindi pari

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    a mesi 42 (anni 3 e mesi 6); f) sussisteva dunque il limite di pena per procedere all’arresto ex art. 381 c.p.p., »ciò senza considerare che, a seguito delle modifiche introdotte dalla legge 251 del 2005, la recidiva reiterata comporta un aumento superiore ad un terzo, e dunque della stessa deve tenersi conto ai fini della determinazione della pena massima giusta il combinato disposto degli artt. 278 e 379 c.p.p.»; g) l’arresto del Naccarato era pertanto consentito, oltre che giustificato dalla personalità e pericolosità dello stesso alla luce dei precedenti penali di cui risultava gravato.

  2. Avverso l’ordinanza di convalida dell’arresto il Naccarato ha proposto ricorso per cassazione ex artt. 391, comma 4, e 606, comma 1, lett. b) e c), c.p.p., deducendo «inosservanza o erronea applicazione degli artt. 278, 381, comma 1, 379 c.p.p., 56, 63, 99, 70, c.p., 14, R.D. 16 marzo 1942, n. 262».

    Richiamando la sentenza Simioli delle Sezioni Unite penali, il ricorrente sottolinea che l’art. 278 c.p.p. (operativo per le misure precautelari in forza dell’art. 379 c.p.p.) pone regole di portata generale e di indiscriminata osservanza, indica le circostanze di reato da prendere in considerazione, escludendo ogni rilevanza alle circostanze di reato diverse da quelle specificamente indicate, impone la stretta osservanza delle regole e delle eccezioni da esso previste, eccezioni che, come quella relative alle circostanze ad effetto speciale, non sono estensibili ex art. 14 preleggi. Precisa il ricorrente che, secondo l’indirizzo della giurisprudenza di legittimità, la recidiva, pur potendo comportare in alcune ipotesi un aumento della pena superiore a un terzo, è una circostanza inerente alla persona del colpevole (art. 70 c.p.) e non già ad effetto speciale; il fatto che essa, in qualche sua figura (sia prima che dopo l’entrata in vigore della legge n. 251 del 2005), comporti un aumento di pena superiore a un terzo (ponendosi per tale aspetto come una circostanza aggravante ad effetto speciale perché gli effetti dell’aumento di pena possono essere gli stessi), non significa coincidenza tra recidiva, nella specie reiterata, e circostanza aggravante ad effetto speciale: quest’ultima è indicata dall’art. 63, comma terzo, seconda parte, c.p. come circostanza che importa un aumento o una diminuzione della pena superiore a un terzo, laddove la recidiva è qualificata dall’art. 70 c.p. come circostanza inerente alla persona del colpevole. L’aggravante ad effetto speciale modifica il disvalore del fatto criminoso, rendendolo maggiormente offensivo, pertanto l’art. 278 c.p.p. impone di «tener conto delle circostanze di cui all’art. 63, comma terzo, c.p., ma espressamente esclude invece dal conto, all’evidente scopo di evitare una lievitazione sproporzionata della pena con conseguente estensione di applicabilità delle misure […], l’aumento di pena collegato a fatti accessori quale è la contestazione della recidiva o della continuazione»; applicando invece l’aumento di pena previsto per la recidiva reiterata, viene violata la regola generale di cui al secondo periodo, prima parte, del comma 1 dell’art. 278 c.p.p., alterando la riserva di legge (art. 272 c.p.p.) che presidua la limitazione delle libertà della persona.

  3. La Terza Sezione penale - alla quale il procedimento era stato assegnato ratione materiae - con ordinanza del 2 luglio 2010 ha disposto la rimessione del ricorso alle Sezioni Unite, ai sensi dell’art. 618 c.p.p.

    L’ordinanza rileva che il ricorso prospetta la questione se nel computo della pena edittale, ai fini della verifica della facoltatività dell’arresto in flagranza, ai sensi degli artt. 381 e 379 c.p.p., e più in generale agli effetti dell’applicazione delle misure cautelari, ai sensi dell’art. 278 c.p.p., debba tenersi conto o meno della recidiva reiterata: infatti la sanzione per il delitto tentato ascritto al Naccarato raggiunge la soglia che legittima l’intervento precautelare soltanto se nel calcolo si tiene conto della recidiva reiterata, che - a norma dell’art. 99, comma quarto, c.p. (come novellato dalla legge n. 251 del 2005) - comporta un aumento della metà della pena edittale.

    L’ordinanza stessa evidenzia quindi che detta questione appare suscettibile di ricevere due diverse soluzioni interpretative.

    3.1. La soluzione adottata dal provvedimento impugnato è nel senso che nella determinazione della pena massima, ai fini della legittimità dell’arresto facoltativo in flagranza, deve tenersi conto dell’aumento di pena (della metà della pena edittale) previsto per la recidiva reiterata dall’art. 99, comma quarto, c.p. Ai sensi del nuovo testo di tale disposizione, la recidiva reiterata, comportando un aumento di pena...

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