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AutoreCasa Editrice La Tribuna
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@CORTE DI CASSAZIONE CIVILE sez. un., 9 Agosto 2010, n. 18477. Pres. Carbone – Est. Triola – p.g. Iannelli (conf.) – Ric. Marchio (Avv. Tedeschi) c. Imbellone ed altro (Avv. Morelli)

Contributi e spese condominiali – Tabelle millesimali – Approvazione – Maggioranza qualificata di cui all’art. 1136, c. 2, c.c. – Sufficienza.

In tema di condominio degli edifici, ai fini dell’approvazione delle tabelle millesimali non è necessario il consenso unanime dei condòmini, essendo sufficiente la maggioranza qualificata di cui all’art. 1136, secondo comma, c.c. (c.c., art. 1135; c.c., art. 1136; c.c., art. 1138) (1)

    (1) Sentenza - non di facilissima interpretazione - che ha già suscitato un vasto dibattito dottrinale, indotto - anche - da echi di stampa non sempre appropriati e coerenti con la decisione.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 2 novembre 1994 Elisabetta Imbellone conveniva il condominio di Viale Tito Livio n. 179 in Roma, di cui faceva parte, davanti al Tribunale di Roma, chiedendo che venisse dichiarata la nullità o annullata la delibera dell’assemblea condominiale in data 30 settembre 1994, con la quale era stata approvata a maggioranza, e non all’unanimità, la nuova tabella per le spese di riscaldamento. Il condominio si costituiva, resistendo alla domanda. Con sentenza n. 21737/2000, il Tribunale di Roma dichiarava la nullità della delibera in questione. Contro tale decisione proponeva appello l’altra condòmina Anna Maria Marchio; la Corte di appello di Roma, can sentenza in data 13 ottobre 2004, confermava la decisione di primo grado, in base alla seguente motivazione: “Deve, preliminarmente, esaminarsi l’eccezione di inammissibilità dell’appello sollevata dalla Imbellone. Tale eccezione è priva di pregio.

Ed invero, la dichiarazione di nullità della deliberazione in questione incide non solo sulla gestione delle case comuni, ma anche sul diritto soggettivo dell’appellante all’attribuzione di una quota millesimale corrispondente all’effettiva consistenza della sua proprietà esclusiva usufruente del servizio di riscaldamento.

Nel merito, l’appello non appare fondato e deve essere, pertanto, rigettato proprio per la considerazione suesposta ed in base alla quale esso

Deve ritenersi ammissibile. Infatti, le tabelle millesimali, comprese quelle relative a servizi dei quali i singoli condòmini usufruiscono in maniera diversa quali il riscaldamento le scale e gli ascensori, sono pur sempre riferite alla esclusiva proprietà dei singoli partecipanti al condominio e costituiscono il presupposto per la concreta ripartizione delle relative spese. Sulla base di tale distinzione deve essere interpretato il combinato disposto del comma 1 e del comma 3 dell’art. 1138 c.c., nel senso che, mentre il regolamento, riguardante la concreta ripartizione delle spese, può essere approvato dalla maggioranza di cui all’art. 1136, comma 2, c.c., le tabelle millesimali devono essere approvate all’unanimità.

La circostanza che la precedente tabella millesimale, che non risulta essere stata autonomamente impugnata, è stata approvata con la maggioranza di cui all’art. 1136, comma 2, c.c., non ha alcun rilievo nella presente fattispecie, perche non legittima l’approvazione di una nuova tabella con una votazione diversa da quella unanime. Proprio tale influenza impedisce il rilievo di ufficio della nullità della delibera che ha approvato la precedente tabella nella presente controversia che riguarda soltanto la validità della deliberazione impugnata”. Contro tale decisione ha proposto ricorso per cassazione, con tre motivi, Anna Maria Marchio. Resiste con controricorso Elisabetta Imbellone, che ha anche proposto ricorso incidentale condizionato, con un unico motivo.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va preliminarmente disposta la riunione dei processi.

Con il primo motivo Anna Maria Marchio si duole del fatto che i giudici di merito abbiano ritenuto che le tabelle millesimali vanno approvate all’unanimità, per cui non sarebbe sufficiente la maggioranza qualificata prevista dall’art. 1136, secondo comma, c.c., al quale rinvia l’art. 1125, terzo comma, c.c., in tema di approvazione del regolamento di condominio, al quale, in base al disposto dell’art. 68 disp. att. c.c., le tabelle millesimali devono essere allegate.

Ritiene il collegio che la doglianza sia fondata.

Per lungo tempo questa S. C. ha ritenuto che per l’approvazione o la revisione delle tabelle millesimali è necessario il consenso di tutti i condòmini; ove tale consenso unanime manchi, alla formazione delle tabelle provvede il giudice su istanza degli interessati, in contraddittorio con tutti i condòmini (cfr. in tal senso: sent. 5 giungo 2008, n. 14951; 19 ottobre 1988 n. 5686; 17 ottobre 1980 n. 5593; 18 aprile 1978 n. 1846; 8 novembre 1977 n. 4774; 6 marzo 1967 n. 520).

A sostegno di tale sono stati addotti vari argomenti.

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Si è affermato che la determinazione dei valori della proprietà di ciascun condòmino e la loro espressione in millesimi è regolata direttamente dalla legge, per cui non rientra nella competenza dell’assemblea (sent. 27 dicembre 1958 n. 3952; 9 agosto 1996 n. 7359) oppure si è fatto riferimento alla natura negoziale dell’atto di approvazione delle tabelle millesimali, nel senso che, pur non potendo essere considerato come contratto, non avendo carattere dispositivo (in quanta con esso i condòmini, almeno di solito, non intendono in alcun modo modificare la portata dei loro rispettivi diritti ed obblighi di partecipazione alla vita del condominio, ma intendono soltanto determinare quantitativamente tale portata), deve essere inquadrato nella categoria dei negozi di accertamento, con conseguente necessità del consenso di tutti i condòmini (sent. 8 luglio 1964 n. 1801) oppure ancora si è fatto leva sul fatto che, essendo le tabelle millesimali predisposte anche al fine del computo della maggioranza dei condòmini (quorum) nelle assemblee, hanno carattere pregiudiziale rispetto alla costituzione e alla validità delle deliberazioni assembleari, e quindi Non possono formarne oggetto (sent. 6 marzo 1967, cit., per la quale il fatto che le tabelle siano contenute nel regolamento, a norma dell’ art. 68 disp. att. c.c., sta semplicemente ad indicare una allegazione formale che non muta la natura intrinseca dell’istituto come innanzi descritta).

Secondo tale orientamento, in conseguenza della inesistenza di una norma la quale attribuisca all’assemblea la competenza a deliberare in tema di tabelle millesimali, la deliberazione di approvazione delle tabelle adottata a maggioranza è inefficace nei confronti del condòmino assente o dissenziente per nullità radicale deducibile senza limitazione di tempo (sent. 9 agosto 1996 n. 7359).

La eventuale approvazione a maggioranza di una tabella millesimale non sarebbe, tuttavia, senza effetti.

Si è, in proposito, affermato che le deliberazioni in materia adottate dalla assemblea, sia a maggioranza sia ad unanimità dei soli condòmini presenti, configurerebbero una ipotesi di nullità non assoluta, ma soltanto relativa, in quanto non opponibile dai condòmini consenzienti, e non obbligherebbero i dissenzienti e gli assenti, i quali potrebbero dedurne l’inefficacia secondo i principi generali, senza essere tenuti all’osservanza del termine di decadenza di cui all’art. 1137 c.c. (sent. 6 marzo 1967, cit.; 23 dicembre 1967 n. 3012; 6 maggio 1968 n. 1385; 6 marzo 1970 n. 561; 14 dicembre 1974 n. 4274; nel senso che gli assenti ed i dissenzienti potrebbero far valere la nullità relativa dell’atto, ai sensi dell’art. 1421 c.c., costituita dalla loro mancata adesione, cfr. sent. 14 dicembre 1999 n. 14037).

La limitata efficacia da attribuire a tabelle millesimali approvate a maggioranza è stata giustificata con la considerazione che la determinazione dei valori viene attuata agli effetti degli artt. 1123, 1124, 1126 e 1136 c.c.: essa riguarda, cioè, la ripartizione delle spese e il funzionamento delle assemblee, ma non incide sui diritti reali, e neppure sul valore reale dei beni; dato che, a norma dell’ultimo comma dell’art. 68 cit., nell’accertamento dei valori in millesimi non si tiene conto del canone locatizio, dei miglioramenti e dello stato di manutenzione della cosa, ne consegue che la formazione o la modificazione dei valori millesimali non può che dar luogo a un rapporto di natura personale, le cui diverse determinazioni ben possono avere efficacia limitatamente ai condòmini che le posero in essere, senza che, al riguardo, debba dunque parlarsi di nullità assoluta (sent. 6 marzo 1967, cit.).

Si è anche ritenuto (sent. 6 marzo 1967, cit.) che la impugnazione non è consentita neppure al successore a titolo particolare nella proprietà dell’appartamento del condòmino che ha dato il suo consenso alla approvazione a maggioranza delle tabelle millesimali: posto, infatti, che gli obblighi dei condòmini, relativi ai beni compresi nel condominio, come quello della partecipazione alle spese comuni, o del rispetto della maggioranza assembleare, rappresentano, nell’ambito del particolare istituto, vincoli di natura personale previsti dalla legge (e non dalla volontà delle parti) in diretta dipendenza del diritto reale, essi si trasferiscono automaticamente, anche per atto tra vivi, con il trasferimento di quel diritto, e indipendentemente dalle limitazioni che derivano dalla pubblicità per esso prevista, alla stregua di quanto avviene, a causa del loro carattere ambulatorio, per le obbligazioni “propter rem o rei cohaerentes”, non potrebbe negarsi che anche le determinazioni necessariamente connesse con quegli obblighi si trasferiscono contemporaneamente con essi nel successore a titolo particolare, in forza del principio per il quale l’oggetto del trasferimento perviene all’acquirente nella stessa misura e con le stesse facoltà con cui esso appartenne al precedente titolare (nemo plus iuris quam ipse habet transferre potest). Tale conclusione troverebbe conferma nella considerazione...

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