La contabilità condominiale e la revisione del rendiconto condominiale

AutoreCesare Rosselli
Pagine115-128
115
Arch. loc. e cond. 2/2015
Riforma
del condominio
lA contAbilità
condominiAle e lA
revisione del rendiconto
condominiAle (*)
di Cesare Rosselli
SOMMARIO
1. Il rendiconto nel mandato e nel condominio: principi e fun-
zioni. 2. Ricognizione della disciplina del rendiconto condomi-
niale nella legge di riforma. 3. Principi in tema di rendiconto,
contabilità e gestione. 4. Il conto corrente condominiale. 5.
La contabilità condominiale: documenti obbligatori, loro
contenuto e modalità di redazione, obblighi di conservazione.
6. Diritti di controllo e tutele dei condòmini. 7. La revisione
della contabilità.
1. Il rendiconto nel mandato e nel condominio: principi
e funzioni
Per un corretto inquadramento delle tematiche relati-
ve al rendiconto ed alla contabilità condominiale dopo la
riforma è opportuno richiamare sinteticamente il quadro
delle norme e dell’elaborazione dottrinale e giurispruden-
ziale precedenti.
1.1. - In estrema sintesi, si può affermare che era del
tutto prevalente l’opinione che il condominio fosse da
catalogare come un ente di gestione sprovvisto anche di
una pur minima personalità giudica: non a caso la disci-
plina codicistica del condominio era contenuta nel libro
della proprietà nel titolo sulla comunione. Il legislatore
considerava il condominio un particolare tipo di comu-
nione. Parimenti era prevalente l’opinione che l’ammi-
nistratore non fosse un organo del condominio, ma un
mero mandatario dei condomini munito di un mandato
collettivo ex lege. In questa prospettiva, i rapporti tra
condomini ed amministratore erano considerati disci-
plinati dalla norme specif‌iche dedicate al condominio
e in via sussidiaria dalla norme sul mandato in quanto
compatibili.
Sulla base di questi due inquadramenti sistematici, la
f‌igura dell’amministratore era equiparata a quella di un
mandatario che gestisce fondi messi a disposizione dai
condomini per curare la conservazione dei beni comuni
e per l’erogazione dei servizi nell’interesse collettivo. Il
rendiconto dell’amministratore era perciò considerato
strettamente apparentato al rendiconto del mandata-
rio: la sua principale funzione era considerata quella di
rendere ragione sia dell’attività svolta per adempiere al
duplice mandato di conservare i beni comuni ed erogare
i servizi sia dell’impiego dei fondi ricevuti. Il rendiconto
si componeva, quindi, di due aspetti: il fornire le notizie
sull’esecuzione del mandato ed il fornire la giustif‌icazione
dell’impiego delle somme ricevute e spese. Non a caso
la disciplina previgente prevedeva l’obbligo annuale di
convocazione dell’assemblea per l’esame del rendiconto,
l’obbligo pure annuale di rendiconto, la durata annuale
dell’incarico dell’amministratore e la revoca dell’ammi-
nistratore per il caso della mancata presentazione del
rendiconto per due anni. Un sistema cadenzato sul ritmo
annuale nel quale gli aspetti contabili e gestionali erano
uniti e sottoposti alla valutazione dei condomini che ben
potevano non rinnovare l’incarico all’amministratore per
motivi attinenti alla sua gestione pur approvandone l’ope-
rato strettamente contabile.
1.2. - Le norme, sia sul mandato sia quelle specif‌ica-
mente condominiali precedenti alla riforma, non indi-
cavano tuttavia la modalità di tenuta della contabilità
e di predisposizione del rendiconto né il contenuto dei
documenti attraverso i quali si sarebbe dovuto realizzare
l’attività di resa del conto limitandosi ad alcune affer-
mazioni di principio o, comunque, di carattere generale.
Una situazione ben rappresentata dal principio enun-
ciato nella seguente massima della Corte Suprema: “La
contabilità presentata dall’amministratore del condomi-
nio non è necessario che sia redatta con forme rigorose,
analoghe a quelle prescritte per i bilanci delle società,
ma deve essere idonea a rendere intelligibili ai condo-
mini le voci di entrata e di uscita, con le relative quote
di ripartizione, e cioè tale da fornire la prova, attraverso
i corrispondenti documenti giustif‌icativi, non solo della
qualità e quantità dei frutti percetti e delle somme incas-
sate, nonché dell’entità e causale degli esborsi fatti, ma
anche di tutti gli elementi di fatto che consentono di in-
dividuare e vagliare le modalità con cui l’incarico è stato
eseguito e di stabilire se l’operato di chi rende il conto
sia adeguato a criteri di buona amministrazione.”(Cass.
civ., sez. II, 7 luglio 2000, n. 9099). Un principio che può
considerarsi tralatizio tanto è stato diffuso e ripetuto nel
corso del tempo.

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