Considerazioni sul caso ThyssenKrupp dopo la pronuncia delle sezioni unite

AutoreStefano Caponera
Pagine12-17
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dott
1/2015 Rivista penale
DOTTRINA
coNSIdERAzIoNI
SuL cASo ThySSENKRuPP
doPo LA PRoNuNcIA
dELLE SEzIoNI uNITE
di Stefano Caponera
Era prevedibile sin dall’ inizio che una vicenda così
controversa come quella ThyssenKrupp trovasse il suo
naturale epilogo presso la Corte di legittimità.
Per chi non lo sapesse, la vicenda prende le mosse nella
notte tra il 5 e il 6 dicembre 2007, data in cui le scintille
dovute allo sfregamento di un nastro industriale, che
scorreva lungo la linea di decapaggio (denominata “APL5”)
dello stabilimento Thyssenkrupp di Torino, innescavano
un piccolo focolaio d’ incendio, il quale veniva alimen-
tato anche attraverso i numerosi materiali presenti sul
pavimento: carta oleata, olii vari e sporcizia di disparata
natura (1). Qualche minuto dopo l’innesco, accortisi del
divampare delle f‌iamme, alcuni lavoratori presenti presso
il luogo dell’incidente accorrevano sul posto per domare il
principio di incendio, muniti di estintori portatili. Tuttavia
il calore determinava l’improvvisa rottura di alcuni f‌lessibi-
li contenenti olio idraulico ad altissima pressione, il quale
prendeva fuoco e si diffondeva violentemente e istantanea-
mente all’ interno del luogo, cagionando così l’esplosione e
generando quel fuoco violento ed assassino che cagionava
la morte per incenerimento dei 7 sfortunati operai.
Della morte dei 7 dipendenti venivano chiamati a rispon-
dere tutti i membri del Comitato esecutivo del Consiglio di
Amministrazione della società costituito presso lo stabili-
mento di Torino, il direttore dello stesso, nonché due dirigen-
ti ivi competenti in materia di sicurezza sul lavoro. Tuttavia
ciò che risulta sorprendente è la rilevantissima differenza ri-
guardante il titolo di responsabilità soggettiva. Infatti, mentre
all’a.d. era contestato, tra gli altri, anche il delitto di omicidio
doloso, seppur con dolo eventuale, agli altri imputati invece
l’ascrizione dei reati avveniva per le corrispondenti ipotesi
penali colpose. Dunque solo nella condotta dell’a.d. la Procu-
ra della Repubblica ravvisava l’atteggiamento psicologico del
dolo, il quale veniva ritenuto estraneo negli altri responsabili,
ai quali veniva mosso solo un rimprovero a titolo di colpa,
seppur aggravata dalla previsione dell’evento.
Con la sentenza del 15 aprile 2011 la sezione seconda
della Corte di Assise di Torino accoglieva le richieste ac-
cusatorie della Procura e condannava l’a.d. Espenhahn ad
una pena di 16 anni e 6 mesi di reclusione per il delitto
di omicidio volontario, commesso con dolo eventuale,
nonché per gli altri reati di incendio doloso e omissione
dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro. Mentre gli
altri imputati venivano condannati a pene che oscillavano
tra i 13 anni e 6 mesi e i 10 anni e 10 mesi di reclusione,
per i reati di omicidio colposo, incendio colposo, entrambi
aggravati dalla previsione dell’evento, oltre che per l’omis-
sione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro (2).
Quella del 15 aprile 2011 è una sentenza storica, in
quanto è la prima volta che un incidente sul luogo di
lavoro trasborda l’ambito della colpa e viene pioneristi-
camente contestato a titolo doloso, aprendo la breccia ad
una qualif‌icazione in termini di responsabilità dolosa per
i casi simili che accadranno da lì in avanti e riguardanti
gli infortuni sul luogo di lavoro. Sennonché, la Cassazione,
con la sentenza oggetto della nostra analisi è intervenuta,
correttamente a mio parere, per porre un freno a quel ten-
tativo, operato dal giudice di prime cure, di radicare l’ele-
mento soggettivo del dolo eventuale relativamente a que-
gli incidenti avvenuti in contesto lavorativo per violazione
delle norme concernenti la prevenzione degli infortuni.
Il 28 novembre 2012 si apriva il processo di appello
presso la Corte di Assise di Appello di Torino, la quale,
in data 28 febbraio 2013, ribaltava il verdetto emesso in
primo grado relativamente all’a.d., riqualif‌icando i fatti a
lui contestati nei delitti di omicidio colposo e incendio col-
poso, entrambi aggravati dalla previsione dell’evento, ed
emettendo una condanna a 10 anni di reclusione. La Corte
di Assise di Appello ridetermina in senso più favorevole
anche le pene degli altri imputati (3).
Come preannunciato, anche la sentenza di secondo gra-
do è divenuta oggetto di impugnazione. In data 29 novembre
2013, il Primo Presidente della Corte di Cassazione assegna-
va alle Sezioni Unite i ricorsi presentati dalle parti, pren-
dendo atto dell’esistenza di un contrasto giurisprudenziale
sui i criteri di demarcazione della f‌igura del dolo eventuale
e della colpa cosciente e, considerata la rilevanza della
questione per la risoluzione del caso di specie, formulava il
seguente quesito: “Se la irragionevolezza del convincimen-
to prognostico dell’agente circa la non verif‌icazione del-
l’evento comporti la qualif‌icazione giuridica dell’elemento
psicologico del delitto in termini di dolo eventuale (4)”. Il
sostituto procuratore generale della Cassazione, nella sua
requisitoria, ha sostenuto latesi della sussistenza della col-
pa cosciente: «I manager e i dirigenti chiamati a rispondere
della morte dei sette operai facevanoaff‌idamento sulla ca-
pacità dei lavoratori di bloccare gli incendi. Chi agisce nella
speranza di evitare un evento evidentemente, se l’evento si
verif‌ica, non può averlo voluto (5)».
Le Sezioni Unite in data 24 aprile 2014 hanno divulgato
il dispositivo della sentenza, il quale conferma la respon-
sabilità degli imputati per omicidio colposo (escludendo,
quindi, l’ipotesi di omicidio volontario nella forma del
dolo eventuale, anche per l’a.d.) e annulla una parte della
sentenza di appello rinviando ad altra sezione della Corte
d’assise d’Appello di Torino per la rideterminazione delle
pene. Divengono dunque irrevocabili le parti della sen-
tenza relative alla responsabilità degli imputati in ordine
al reato di omicidio colposo e si rende così immutabile la
qualif‌icazione del titolo del reato contestato.

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