Considerazioni sulla natura dell'esecuzione presso il domicilio delle pene detentive brevi
Autore | Giuseppe Vignera |
Pagine | 135-138 |
135
dott
Rivista penale 2/2013
DOTTRINA
CONSIDERAZIONI SULLA
NATURA DELL’ESECUZIONE
PRESSO IL DOMICILIO DELLE
PENE DETENTIVE BREVI
di Giuseppe Vignera
SOMMARIO
1. Premessa. 2. La natura di misura alternativa del beneficio
de quo desunta da alcuni dati testuali dell’art. 1. L. 199/2010.
3. (Segue) La ratio della clausola di compatibilità contenuta
nell’art. 1, comma 8, L. 199/2010. 4. Esame dei presupposti
del beneficio de quo: posizione della tesi della loro sostan-
ziale corrispondenza con quelli della detenzione domiciliare
“generica”. 5. (Segue) Dimostrazione della tesi quanto alla
mancanza di una condanna per reati ostativi ex art. 4 bis O.P.
6. (Segue) Dimostrazione della tesi quanto alla mancanza di
una dichiarazione di abitualità nel delitto o di professionalità
nel reato o di tendenza a delinquere. 7. (Segue) Dimostra-
zione della tesi quanto alla mancanza di una sottoposizione
del detenuto al regime di sorveglianza particolare. 8. (Segue)
Dimostrazione della tesi quanto alla mancanza di un concreto
pericolo di fuga o di recidiva, all’idoneità del domicilio ed alla
sua effettività. In particolare, sulla mancanza di pericolosità
sociale del condannato. 9. Argomento desunto dall’esclusione
in subiecta materia di ogni competenza del giudice della co-
gnizione.
1. Premessa
Nella prassi di alcuni uffici giudiziari tende ad affer-
marsi una particolare concezione del beneficio introdotto
dalla L. 26 novembre 2010 n. 199 (esecuzione presso il do-
micilio delle pene detentive non superiori a diciotto mesi)
(1), la quale, in funzione di una più ampia (e pressoché
automatica) sua applicazione, disconosce a quel beneficio
la natura di misura alternativa alla detenzione stricto
sensu, costituendo esso (si dice) soltanto una “modalità
speciale di esecuzione della pena” anche perché sottopo-
sta a specifici presupposti e ad uno specifico procedimento
applicativo.
A nostro avviso, invece, pure il beneficio speciale ex
art. 1 L. 199/2010 (c.d. esecuzione o detenzione presso il
domicilio) deve considerarsi una “vera” misura alternativa
alla detenzione.
Conseguentemente ed in primis, per non esporsi a
censure di incostituzionalità ex artt. 3 e 27 Cost., anche
la norma divisante l’istituto in questione (id est: l’art. 1 L.
199/2010) deve essere interpretata nel rispetto di (ed in
coerenza con) quel “criterio di meritevolezza” elaborato
dalla giurisprudenza costituzionale con riferimento a tutti
i benefici penitenziari: criterio in base al quale ed in ap-
plicazione del quale il giudice [ai fini della concessione
(pure) della misura de qua] deve valutare casu concreto
la condotta complessivamente tenuta dal condannato (sia
in libertà che durante l’espiazione della pena) per accer-
tare se lo stesso sia o meno effettivamente meritevole del
beneficio (2).
2. La natura di misura alternativa del beneficio de quo
desunta da alcuni dati testuali dell’art. 1. L. 199/2010
La natura di misura alternativa alla detenzione del-
l’esecuzione presso il domicilio, per cominciare, può
desumersi dall’incipit stesso della legge istitutiva (L. 26
novembre 2010 n. 199), il cui art. 1, comma 1, prima parte,
traccia il limite temporale di efficacia dell’istituto “… in
attesa della riforma della disciplina delle misure alterna-
tive alla detenzione…”: come a voler dire che, una volta
sopravvenuta la riforma generale ed organica delle misure
alternative alla detenzione, resterà priva di giustificazione
ordinamentale quella misura alternativa speciale interi-
nalmente introdotta dalla L. 199/2010.
Codesta natura, poi, è confermata dalla “norma di chiu-
sura” rappresentata dall’art. 1, comma 8, L. 199/2010, che
considera applicabili pure al “nuovo” istituto disposizioni
tipiche e proprie delle misure alternative (“Si applicano,
in quanto compatibili, le disposizioni previste dagli articoli
47 ter, commi 4, 4 bis, 5, 6, 8, 9 e 9 bis, 51 bis, 58 e 58 quater,
ad eccezione del comma 7 bis, della legge 26 luglio 1975 n.
354, e successive modificazioni, nonché le relative norme
di esecuzione contenute nel regolamento di cui al decreto
casi previsti dagli articoli 47 ter, commi 4 e 4 bis, e 51 bis
della legge 26 luglio 1975, n. 354, tuttavia, il provvedimen-
to è adottato dal magistrato di sorveglianza”).
3. (Segue) La ratio della clausola di compatibilità con-
tenuta nell’art. 1, comma 8, L. 199/2010
Quanto alla “clausola di compatibilità” contenuta nella
suindicata “norma di chiusura” (“Si applicano, in quanto
compatibili, le disposizioni previste…”), infine, è evidente
che essa è stata introdotta non già in funzione di un’ipo-
tetica diversità di natura del beneficio de quo rispetto alle
misure alternative alla detenzione, ma solo in conside-
razione delle peculiarità procedimentali (ispirate, a loro
volta, da esigenze “acceleratorie”) caratterizzanti il nuovo
istituto “speciale” rispetto alle (altre) “ordinarie” misure
alternative e costituite:
dall’organo competente a provvedere, che in subiecta
materia è quello monocratico (il magistrato di sorveglian-
za: art. 1, comma 5, L. 199/2010), mentre per le misure al-
ternative alla detenzione normalmente è quello collegiale
(il tribunale di sorveglianza: art. 70, comma 1, O.P.);
dall’iter processuale, che in subiecta materia è quello
“a contraddittorio differito” disciplinato dall’art. 69 bis
O.P. (richiamato dall’art. 1, comma 5, L. 199/2010), mentre
per le misure alternative alla detenzione normalmente è il
procedimento di sorveglianza (“a contraddittorio pieno”)
divisato dagli art. 678 e 666 c.p.p.
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