Considerazioni di primo acchito sulla legge 'spazzacorrotti'

AutoreIvan Borasi
Pagine5-7
119
Rivista penale 2/2019
Dottrina
CONSIDERAZIONI
DI PRIMO ACCHITO SULLA
LEGGE “SPAZZACORROTTI”
di Ivan Borasi
La legge n. 3 del 2019 (c.d. “SPAZZACORROTTI”), en-
trata in vigore in data 31 gennaio 2019 (salvo la disciplina
della prescrizione prevista per l’1 gennaio 2020), viene qui
trattata, fondamentalmente, con riferimento alle princi-
pali ricadute sostanziali e processuali di sistema.
L’articolato de quo porta all’agnizione di tre grandi qua-
estiones: la proporzionalità di disciplina (nell’eccezionali-
tà); la ragionevolezza di successione delle norme (nella
natura); la discrezionalità applicativa del giudice (nella
sostenibilità).
Il primo tema, si ricollega alla tendenza del legisla-
tore, ormai nel tempo, a considerare la materia dei reati
contro la pubblica amministrazione come eccezionale/
emergenziale, quasi in parallelo a temi specif‌ici quali la
maf‌ia ed il terrorismo. Paradigmatici di tale scelta, il com-
binato disposto degli artt. 266 comma 2 bis, 267 comma 1
terzo periodo c.p.p., e l’art. 9 comma 1 della legge n. 146
del 2006, come rispettivamente integrati dalla legge n. 3
del 2019, nel senso di sostanzialmente estendere, per la
repressione di codesti reati, la possibilità d’utilizzo degli
invasivi strumenti d’indagine rappresentati dal captatore
informatico (anche se non in eccesso secondo i dettami
di Corte EDU, Grande Camera, 4 dicembre 2015, Roman
Zakhrov vs Russia) e dall’agente inf‌iltrato (anche se non
provocatore secondo i dettami di Corte EDU, Sez. III, 9
giugno 1998, Texeira de Castro vs Portogallo).
La quaestio non è solo politica stricto sensu, riguarda
anche il limite di sistema rappresentato dalla proporzio-
nalità, argomento rilevante, principalmente, pel versante
della sindacabilità giuridica; d’altro lato, quest’ultima non
esaurisce lo spettro incidente della prima.
In altre parole, la critica di sproporzione nelle scelte,
equiparative (seppur senza comparazione vera e propria;
id est meramente in estensione), di disciplina, non solo
sanzionatoria stricto sensu, trova un’autonoma essenza ri-
spetto alla (pratica) giustiziabilità, che deve tenere conto
d’altre variabili (parimenti importanti) di sistema.
La materia de qua, seppur di grave allarme sociale, non
deve essere considerata come abbisognevole di specialità,
riguardando in fondo la tutela d’un bene giuridico comun-
que “ordinario”; la scelta contraria, inevitabilmente, so-
prattutto perché reiterata, rischia un overload del sistema
penale (sostanziale e processuale), con aff‌lati d’inquisito-
rietà, colorati d’“automatismi” (formali).
Si pensi solo al prof‌ilo di perpetuità delle pene accesso-
rie introdotte dal nuovo art. 317 bis comma 1 c.p., eliminabi-
le, dopo applicate, solo trascorsi sette anni dall’intervenu-
ta riabilitazione ai sensi del nuovo ultimo comma dell’art.
179 c.p., salvo possibile sospensione ex art. 166 comma 1
c.p. (come modif‌icato) o esclusione ex art. 445 comma 1
ter c.p.p. (come novellato); l’introduzione di pene accesso-
rie perpetue, al pari dell’ergastolo detentivo, e comunque
da differenziarsi rispetto a misure amministrative quale
il DASPO, può alimentare “polemiche” di proporzionalità
rispetto al tema immanente della rieducazione ex art. 27
Cost. (prima che di retribuzione) recentemente “ricorda-
to” in tema da C. Cost. sent. n. 222 del 2018, visti anche gli
introdotti limiti (dedicati) ai benef‌ici penitenziari di cui i
novellati artt. 4 bis e 47 legge n. 354 del 1975.
La previsione di “correttivi” processuali alla perpetuità,
non rende quest’ultima comunque proporzionata sotto il
prof‌ilo ontologico.
Il secondo tema, si scontra col delicato ambito della
ragionevolezza successoria, avente come soluzione dovuta
quella della “migliore” allocazione applicativa.
Il ruolo forte nelle modif‌iche puramente sostanziali
della legge n. 3 del 2019, è da attribuire alle pene accesso-
rie, come a voler spostare l’attenzione della repressione in
“aggiunta parallela” alla detenzione stricto sensu.
La natura delle norme in successione, più o meno “rego-
lare”, colora i meccanismi di scelta, raggruppabili sostan-
zialmente nelle “famiglie” del favor rei e del tempus regit
actum; occorre da subito chiarire che entrambe trovano
proprio nella ragionevolezza il fondamento di sviluppo.
Le norme in materia di pene accessorie (compresa la
causa di non punibilità portata dal nuovo art. 323 ter c.p.),
pure se allocate nel codice di rito, sono da ritenersi a va-
lenza sostanziale fondante, e quindi da risolvere nella suc-
cessione sulla base del principio del favor rei (e corollari).
Il nuovo art. 289 bis c.p.p., con valenza cautelare stricto
sensu, ha invece chiara natura processuale, e come tale
sottostà alle regole proprie del principio del tempus regit
actum; in concreto, quindi, anche con eff‌icacia retroattiva
(in malam partem).

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