L'applicazione al condominio delle norme sulle distanze legali

Autorede Tilla Maurizio
Pagine293-297
293
giur
Arch. loc. e cond. 3/2012
LEGITTIMITÀ
L’APPLICAZIONE AL
CONDOMINIO DELLE NORME
SULLE DISTANZE LEGALI
di Maurizio de Tilla
Con la decisione in rassegna la Corte di cassazione ha
ribadito il principio in base al quale le norme sulle distan-
ze legali, rivolte fondamentalmente a regolare rapporti
fra proprietà contigue e separate, sono applicabili anche
nei rapporti tra i condòmini di un edif‌icio condominiale
quando siano compatibili con l’applicazione delle norme
particolari relative alle cose comuni (articolo 1102 c.c.),
cioè quando l’applicazione di queste ultime non sia in con-
trasto con le prime; nell’ipotesi di contrasto prevalgono le
norme sulle cose comuni con la conseguente inapplicabi-
lità di quelle relative alle distanze legali che nel condo-
minio degli edif‌ici e nei rapporti fra singolo condomino e
condominio sono in rapporto di subordinazione rispetto
alle prime (Cass. 18 marzo 2010 n. 6546; Trib. Tivoli 13
febbraio 2008; Trib. Bari 1 ottobre 2007 n. 2219; Cass. 14
aprile 2004 n. 7044; Cass. 5 giugno 2003 n. 8978; Cass. 1
dicembre 2000 n. 15394; Cass. 9 ottobre 1998 n. 9995).
Al riguardo occorre ricordare i principi che in modo
particolare sono stati chiariti e precisati da Cass. 14 aprile
2004 n. 7044 (di recente integralmente ripresi e riportati
da Cass. 6546/2010).
Secondo Cass. 7044/2004, in considerazione della
peculiarità del condominio degli edif‌ici, caratterizzato
dalla coesistenza di una comunione forzosa e di proprietà
esclusive, il godimento dei beni, degli impianti e dei servi-
zi comuni è in funzione del diritto individuale sui singoli
piani in cui è diviso il fabbricato: dovendo i rapporti fra
condòmini ispirarsi a ragioni di solidarietà si richiede un
costante equilibrio tra le esigenze e gli interessi di tutti
i partecipanti alla comunione, dovendo verif‌icarsi neces-
sariamente - alla stregua delle norme che disciplinano la
comunione - che l’uso del bene comune da parte di ciascu-
no sia compatibile con i diritti degli altri (Cass. 30 maggio
2003 n. 8808).
Trova perciò applicazione la disciplina che, regolando
in modo particolare e specif‌ico il godimento e l’utilizza-
zione dei beni comuni, ha natura speciale rispetto alla
normativa che, nell’ambito dei rapporti di vicinato, stabili-
sce le limitazioni legali fra proprietà conf‌inanti, che sono
imposte con carattere di reciprocità indipendentemente
dalla verif‌ica di un pregiudizio derivante dalla loro inos-
servanza.
Al riguardo occorre fare riferimento quindi all’articolo
1102 c.c. - applicabile, ai sensi dell’articolo 1139 c.c., al
condominio - che, nello stabilire i poteri e i limiti di ciascun
partecipante nell’uso dei beni comuni, f‌issa al tempo stesso
le condizioni di liceità della condotta del comunista.
Con riferimento al condominio la norma consente,
infatti, la più intensa utilizzazione dei beni comuni in
funzione del godimento della proprietà esclusiva, purché
il condomino non alteri la destinazione del bene e non ne
impedisca l’altrui pari uso.
In def‌initiva l’estensione del diritto di ciascun comuni-
sta trova il limite nella necessità di non sacrif‌icare ma di
consentire il potenziale pari uso della cosa da parte degli
altri partecipanti (Cass. 1 agosto 2001 n. 10453).
Pertanto, qualora - attraverso la valutazione delle esi-
genze e dei diritti degli altri partecipanti alla comunione -
il giudice verif‌ichi che l’uso della cosa comune sia avvenu-
to nell’esercizio dei poteri e nel rispetto dei limiti stabiliti
dall’articolo 1102 c.c. a tutela degli altri comproprietari,
deve ritenersi legittima l’opera seppure realizzata senza
il rispetto delle norme dettate per regolare i rapporti fra
proprietà contigue e che trovano applicazione nel condo-
minio, sempreché la relativa osservanza sia compatibile
con la struttura dell’edif‌icio condominiale, in cui le singo-
le proprietà coesistono in unico edif‌icio.
Infatti la prevalenza della norma speciale, dettata in
materia di condominio, determina l’inapplicabilità di
quella generale, quando i diritti o le facoltà da questa
previsti siano compressi o limitati per effetto dei poteri
legittimamente esercitati dal partecipante alla comunio-
ne sulla base dell’articolo 1102 c.c.: in considerazione del
rapporto strumentale fra l’uso del bene comune e la pro-
prietà esclusiva, che caratterizza il condominio, non sem-
bra ragionevole individuare a carico del diritto del singolo
condomino - che si serva delle parti comuni in funzione
del migliore e più razionale godimento del bene di pro-
prietà individuale - limiti o condizioni estranei alla rego-
lamentazione e al contemperamento degli interessi dei
partecipanti alla comunione secondo i parametri stabiliti
dalla specif‌ica disciplina al riguardo dettata dall’articolo
1102 c.c.
La decisione ricalca il più recente orientamento della
giurisprudenza.
Con altra statuizione il giudice di legittimità ha ricor-
dato che il principio secondo cui in materia di condominio
trovano applicazione le norme sulle distanze legali (nella
specie con riferimento al diritto di veduta) non ha caratte-
re assoluto, non derogando l’art. 1102 c.c. al disposto del-
l’art. 907 c.c., giacché, dovendosi tenere conto in concreto
della struttura dell’edif‌icio, delle caratteristiche dello sta-
to dei luoghi e del particolare contenuto dei diritti e delle
facoltà spettanti ai singoli condòmini, il giudice di merito
deve verif‌icare, nel singolo caso, se esse siano o meno
compatibili con i diritti dei condòmini. (Nella specie, gli
attori avevano chiesto la rimozione di una tenda installata
dalla convenuta nel balcone di sua proprietà, lamentan-
do la lesione del diritto di veduta laterale dai medesimi

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