La commissione di massimo scoperto: una prassi antica

AutoreFabrizio Maimeri
Pagine31-62
La commissione di massimo scoperto: una prassi antica
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Capitolo Primo
La commissione di massimo scoperto:
una prassi antica
SOMMARIO: 1.1. Riferimenti nella letteratura giuridica e nella tecnica bancaria. - 1.2. Il
contratto di apertura di credito: cenni. - 1.3. La commissione sull’accordato nel
pensiero della Banca d’Italia e in uno studio degli anni Ottanta. - 1.4. Per una
prima conclusione sui risultati della ricostruzione “storica”.
1.1. Riferimenti nella letteratura giuridica e nella tecnica bancaria
La commissione di massimo scoperto ha scontato una sorte antica di
difficoltà di definizione e di applicazione che da sempre l’ha condotta ad
accumulare critiche, questioni, dispute interpretative. Poche altre com-
missioni, nel variegato mondo di condizioni, provvigioni, costi, interessi
e quant’altro, che caratterizzano le operazioni bancarie e, segnatamente,
gli affidamenti in conto corrente, hanno avuto un simile destino.
Che a seguito della messa a disposizione delle somme attraverso
la concessione di un’apertura di credito (a questa fattispecie è dedicato
il presente lavoro) l’affidato debba corrispondere alla banca, oltre agli
interessi, anche le commissioni e le spese da questa sostenute e con-
trattualmente previste è un fatto indubitabile. L’onerosità per il cliente
non si limita alla corresponsione dei soli interessi.
Il problema nasce però quando si vanno a esaminare queste com-
missioni, a scrutinarne legittimità e criteri di applicazione. Vi è chi
rimane nel vago quanto a tassonomia delle commissioni, ma tocca un
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problema quanto mai attuale: la “commissione”, cui l’accreditato è
normalmente tenuto in aggiunta agli interessi, rappresenta uno specia-
le corrispettivo per il rischio particolarmente grave che assume la banca
in dipendenza della somministrazione dei fondi ed essa può essere
conteggiata «in modi svariatissimi, più o meno corretti» e da cui trag-
gono origine oneri più o meno gravi per l’obbligato.
Infatti «quando la banca si sia già riservata una commissione
sull’apertura di credito pura e semplice, l’imposizione di un’ulteriore
commissione in rapporto all’uso del credito, si risolve sostanzialmente
in un aggravio d’interesse; ciò non autorizza però senz’altro a conclu-
dere, come taluno vorrebbe, che tale compenso abbia allora “carattere
usurario”, perché, così opinando, oltre a cadersi nell’errore di voler
trarre delle conclusioni generali in un campo ove invece, per necessità
di cose, devesi procedere per singoli apprezzamenti, caso per caso, ri-
levando e valutando convenientemente le circostanze tutte inerenti ad
ogni concessione di credito, che possono influire particolarmente sul
rischio, non si viene altresì a tenere nel dovuto conto l’indole speciale
del negozio di credito aperto, il quale, a prescindere da ogni altra con-
siderazione particolare, comporta un rischio assai grave per la facilità
colla quale la sovvenzione tende a rivestire carattere d’immobilizzazione
(...) ed è meritevole per ciò solo di un compenso superiore a quello spet-
tante ai comuni investimenti di capitali in operazioni creditizie»1.
Guardando con gli occhiali di oggi le osservazioni di ieri, trovia-
mo, sia pure espresse con un linguaggio felpato e misurato (va bene la
rischiosità dell’apertura di credito al momento del suo utilizzo, ma
perché non quantificarla e remunerarla esclusivamente in termini di inte-
resse?), il nocciolo del problema che altri aveva più crudamente e sinteti-
camente intuito cogliendo esattamente il problema che a lungo ai nostri
giorni è ruotato intorno alla commissione di massimo scoperto: insomma,
l’accreditato deve restituire le somme ricevute e pagarne gli interessi al
saggio convenuto. «Nella pratica, egli paga altresì un diritto di commis-
sione proporzionale alle somme realmente anticipate, ed un altro diritto di
commissione sull’apertura di credito, sia ch’essa si verifichi o non. Il
primo di questi diritti ha evidentemente un carattere usurario, perché si
risolve in un interesse mascherato, il secondo sembra, invece, perfet-
1 A. GIANNUZZI, Il diritto e la tecnica delle aperture di credito2, Roma, 1927,
vol. I: Diritto bancario, p. 60.
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tamente lecito ed ammissibile»2 (il corsivo è aggiunto). Così, la
questione di rapporti fra c.m.s. e usura (cfr. infra § 2.6) non è nata
in questi anni.
A poco a poco la questione si chiarisce, emergendo la distinzione
fra una commissione sull’accordato e una commissione sull’utilizzato.
Ma l’apparente chiarezza torna a inquinarsi quando se ne riguardano
le modalità applicative. Infatti, lo stesso Giannuzzi, nella parte tecnica
del suo lavoro, parla di una “commissione di scoperto” o “di credito
aperto”, normalmente pattuita per le aperture di credito in bianco ma
sovente anche per quelle garantite, per la quale però si presentano
«svariatissimi (…) modi di applicazione»3:
«a) commissione sull’intero credito concesso - Talune banche, nella
considerazione che anche se l’accreditato non utilizzi affatto o utiliz-
zi solo in parte il credito accordato, debbono pur sempre tenere a di-
sposizione tutta la somma promessa e quindi, paralizzare parte delle
proprie disponibilità, sottraendole ad altri investimenti, o quanto me-
no destinandole ad investimenti a breve scadenza, di pronta e facile
realizzabilità e pertanto meno remuneratori, onde potere in ogni
momento ritrarre i mezzi occorrenti per fronteggiare le eventuali ri-
chieste di fondi, applicano la commissione di scoperto sull’intero
ammontare del fido accordato.4». La commissione di scoperto
ammonta normalmente in questi casi da 1/8 a 1/2% per semestre,
o da 1/16 a 1/4% per trimestre e può salire pure, a seconda delle
circostanze, rispettivamente all’1 e al 1/2%.
2 C. BETOCCHI, Del contratto di apertura di credito, Napoli, 1895, p. 172.
3 «“Allo scoperto” [o in bianco] è l’apertura di credito in cui la banca costitui-
sce la disponibilità a favore del cliente senza chiedere altra garanzia che quella rap-
presentata dal patrimonio dell’accreditato. Apertura di credito “garantita” è quella in
cui la concessione di credito da parte della banca è assistita da specifiche garanzie,
personali o reali, rilasciate dall’accreditato o da un terzo»: D. MANENTE, L’apertura
di credito, in Il mutuo e le altre operazioni di finanziamento, a cura di V. Cuffaro,
Bologna, 2005, pp. 501-502.
4 A. GIANNUZZI, Il diritto e la tecnica delle aperture di credito2, Roma, 1926,
vol. II: Tecnica bancaria, p. 136. Prosegue l’a.: «Ciò ha luogo specialmente se
trattasi di crediti rilevanti e di breve durata, o se il credito non è utilizzato suffi-
cientemente, in modo che la banca non potrebbe ritrarre, ove la commissione fosse
applicata sulla sola parte del credito effettivamente posta a profitto, un compenso
adeguato, o se il cliente non conferisce al conto corrente il necessario movimento,
utilizzando così il credito in modo permanente, senza dar luogo a quel succedersi di
prelevamenti e versamenti, di saldi massimi e minimi che tanto giova alla banca».

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