Class action e modelli di tutela collettiva

AutoreMaria Pastore
Pagine89-128
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CAPITOLO TERZO
CLASS ACTION E MODELLI DI TUTELA COLLETTIVA
MARIA PASTORE
SOMMARIO: 1. Rilievi introduttivi. - 2. Origini storiche e profili evolutivi della class
action negli ordinamenti di common law. - 3. La class action nel sistema statu-
nitense: i prerequisiti dell’azione. - 3.1. Le tipologie di class action. - 3.2 Il ruo-
lo del giudice nella procedura collettiva. - 4. La tutela collettiva nell’esperienza
inglese: il Group Litigation Order. - 5. La tutela collettiva nell’esperienza giuri-
dica tedesca: il Musterverfahren. - 6. L’azione di classe nell’ordinamento giuri-
dico italiano: le vicende genetiche dell’art. 140-bis cod. cons. - 6.1. La legitti-
mazione ad agire. - 6.2. Il giudizio di ammissibilità. - 6.3. L’ambito di applica-
zione dell’art. 140-bis cod. cons. - 7. Rilievi conclusivi.
1. Rilievi introduttivi
Nella maggior parte delle analisi che si propongono di approfon-
dire la tematica dei meccanismi processuali di gestione delle contro-
versie seriali, essa è presentata come correlata a un rilevante fenome-
no di legal transplant di un modello processuale tipico dell’esperienza
giuridica statunitense: modello che, pur conoscendo nella sua vicenda
circolatoria momenti di confronto critico con gli schemi concettuali e
le ragioni politiche proprie di ciascun sistema giuridico, ha fortemente
condizionato i dibattiti dottrinali, prima, e successivamente gli inter-
venti legislativi della maggior parte degli ordinamenti della tradizione
giuridica occidentale1. Questo dato spiega perché il metodo compara-
1 V. N. TROCKER, Class action negli USA - e in Europa?, in Contr. impr. Eur.,
2009, 184 s.; M. BONA, «Class action», «group action» e «azione collettiva risarci-
toria»: modelli europei ed extra-europei a confronto, in C. CONSOLO-M. BONA-P.
BOZZELLI (a cura di), Obiettivo class action: l’azione collettiva risarcitoria, Milano, 2008,
2 ss.; M. TARUFFO, La tutela collettiva: interessi in gioco ed esperienze a confronto, in C.
BELLI (a cura di), Le azioni collettive in Italia, Milano, 2007; G. RESTA, Azioni
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tistico non solo si impone nello studio della genesi delle tecniche di
tutela collettiva degli interessi “fuori dagli USA”, ma soprattutto si
giustifica in vista dello scopo di segnalare i tratti differenziali dei mo-
delli di tutela collettiva sinora affermatisi sulle due sponde del-
l’Atlantico, da valutare con attenzione (come d’uopo in ogni opera-
zione di trapianto di modello) al fine di evitare crisi di rigetto2.
È noto che la class action svolge nell’ordinamento statunitense un
ruolo di particolare rilievo non solo sul piano tecnico-giuridico, ma
popolari, azioni nell’interesse collettivo, «class action»: modelli e prospettive di
riforma in una recente riflessione, in Riv. crit. dir. priv., 2007, 302.
2 La rilevanza del metodo comparativo è ben evidente già nei primi studi sulle
class actions di Mauro Cappelletti il quale, in una relazione tenuta al Congresso In-
ternazionale di Diritto Comprato tenutosi a Teheran nel 1974 e pubblicata in 73
Mich. L. Rev. (1975), col titolo Governmental and public advocates for the public
interests in civil litigation, rilevava come «the real task of comparative law is not
to choose one legal institution, and then to search for its formal analogues in other
legal sistem. True comparative research should have a societal problem, not a legal
institution, as its point of departure. The tas k of compariti vist is then to descri be,
analyze, and evaluate the solution – even if formally and institutionally very different
from each other – used by two or more legal systems to deal with that problem»;
prospettiva poi sviluppata in saggi successivi [si segnalano in particolare, Formazioni
sociali e interessi di gruppo davanti alla giustizia civile, in Riv. dir. proc., 1975, 394;
Vindicating the public interest through the courts: a comparativist’s contribution, 25
Buff. L. Rev. 643 (1976)] molti dei quali pubblicati anche nell’opera in più (volumi a
cura dello stesso A.) Access to justice, Milano, 1976. Tale metodo ha, quindi, con-
traddistinto l’avvio e lo sviluppo del dibattito sulla tutela degli interessi collettivi che
ha impegnato la scienza giuridica italiana, v.: M. TARUFFO, I limiti soggettivi del giu-
dicato e le “class actions”, in Riv. dir. civ., 1969, 618; A. GAMBARO (a cura di), La
tutela degli interessi diffusi nel diritto comparato, Milano, 1976; V. DENTI (a cura
di), Le azioni a tutela di int eressi colle ttivi, Padova, 1976; V. VIGORITI, Interessi
collettivi e processo: la legittimazione ad agire, Milano, 1979; A. DONDI, Fun-
zione “remedial” delle “injunctive class actions”, in Riv. trim. dir. proc. civ.,
1988, 245; C. CONSOLO, Class action fuori dagli USA? Un’indagine preliminare sul
versante della tutela dei crediti di massa: funzione sostanziale e struttura processuale, in
Riv. dir. civ., 1993, I, 609; C. CONSOLO-R.B. CAPPELLI, Class action for continentale Eu-
rope? A preliminary inquiry, 6 Templ. Int. Comp. L. J. 217 (1993); G. PONZANELLI,
«Class action», tutela dei fumatori e circolazione dei modelli giuridici, in Foro it., IV,
1995, 305; A. GIUSSANI, Studi sulle class actions, Padova, 1996; P. RESCIGNO, Sulla com-
patibilità del modello processuale della class action ed i principi fondamentali
dell’ordinamento giuridico italiano, in Giur. it., 2000, V, 2224; P.F. GIUGGIOLI, Class
action e azione di gruppo, Padova, 2006. Nella dottrina straniera v., orientativamente, L.
SILBEMAN, The vicissitudes of the American class action. With a comparative eye, in Tul.
J. Int’l & Comp. Law, 201 (1999) e gli atti del Symposium tenutosi a Ginevra il 21 luglio
2000, Debates over group litigation in comparative perspective: what can we learn fro m
each other?, in Duke J. Comp. & Int’l Law, 2001, 157 ss.
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nel più ampio contesto politico istituzionale3. Essa rappresenta uno
strumento processuale che consente la gestione delle controversie ca-
ratterizzate da una pluralità di soggetti titolari di una comune situazio-
ne giuridica nell’ambito di un unico procedimento. Ciò avviene, per
l’appunto, attraverso una struttura processuale che consente a un sin-
golo individuo di agire in giudizio per un proprio interesse, ma per
conto (on behalf) anche della classe, senza che sia necessario l’ef-
fettivo concorso della volontà degli altri soggetti, con la conseguenza
che il provvedimento che definisce il giudizio sarà vincolante per tutti
i componenti della classe. Tale meccanismo di tutela giurisdizionale
realizza un’evidente funzione di efficienza e di economia processuale;
ma – come si cercherà di approfondire – nell’esperienza giuridica nord-
americana alla class action sono altresì collegati importanti obiettivi
di policy che, andando al di là della mera tutela di pretese individuali,
mirano a realizzare un’importante funzione di deterrenza delle condot-
te illecite e di private enforcement di normative di interesse collettivo
(regulatory interests).
Per queste ragioni lo studio dei modelli di tutela collettiva stimola
una rinnovata riflessione non solo su molte e rilevanti questioni di di-
ritto sostanziale e processuale attinenti l’efficienza della giustizia civi-
le nel suo complesso; ma pone importanti interrogativi circa la possi-
bilità che istituti di diritto privato siano impiegati per realizzare una
più ampia funzione nell’ambito della regolamentazione dei rapporti tra
privati e i grandi enti pubblici e privati4.
3 Basti pensare che molte delle maggiori battaglie in materia di civil rights si
sono sviluppate nell’ambito, o a seguito, di processi instaurati con la forma della
class action. Per tutte si richiama la fondamentale Brown v. Board of education of
Topeke, 347 U.S. 483 (1954). Sul punto v. di recente H.L. BUXBAUM, Defining the
function and scope of group litigation: the role of class action for monetary damages
in the United States, in Kollective Rechtsdurchsetzung - Rechtsvergleichende und
Rechtspolitische tendenzen, 2008; N.P. PACE, Class action in the United States of
America: an overview of the process and the empirical literature, RAND Institute for
civil justice, Santa Monica, 2007, il quale sottolinea che quello di realizzare un
sistema di class action che potesse operare in controversie riguardanti le libertà
individuali, e specialmente forme di discriminazione, fosse tra i principali obiettivi
dell’intervento di riforma del 1966.
4 È questo un connotato proprio dell’ordinamento statunitense dove il sistema
della giustizia civile è considerato come un importante elemento di regolazione delle
condotte sociali ed economiche mercé l’assenza di un sistema pubblico di assistenza.
Viceversa, negli ordinamenti europei, la maggiore attività di regolazione e di
controllo pubblici – ad esempio nel settore della protezione del consumatore e della
responsabilità da prodotti difettosi – può ridurre il bisogno di attivare la leva delle

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