In claris (non) fit interpretatio

AutoreGiuseppe Vetta
Pagine170-171

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La Suprema Corte con le due su riportate sentenze rese dalla III™ Sezione a breve distanza di tempo l'una dall'altra in tema di rinnovo obbligatorio ex art. 28 L. 27 luglio 1978 n. 392 dei contratti di locazione di immobili destinati all'esercizio di una delle attività di cui all'art. 27 della stessa legge, ha ritenuto che, pur in presenza di una durata convenzionale eccedente i dodici anni, si possa fare applicazione della disciplina del rinnovo alla prima scadenza di cui al successivo art. 28. Ciò perché il diritto al rinnovo obbligatorio costituisce un diritto autonomo rispetto a quello della durata del contratto prevista dalle parti, essendo diretta ad assicurare la continuità dell'impresa esercitata nell'immobile locato.

Tale principio è stato affermato in relazione a due fattispecie in cui la durata convenzionale era stata prevista in dodici anni (nella fattispecie esaminata da Cass. 1596/05 le parti avevano pattuito la durata di nove anni, con l'intesa del rinnovo per altri tre anni nel caso di contestazione della clausola escludente il rinnovo obbligatorio). Naturalmente qui conta poco ricercare la volontà contrattuale delle parti; conta invece il principio giuridico affermato dal giudice di legittimità, che non sembra del tutto condivisibile.

Invero in entrambe le motivazioni si pone in rilievo che sia l'art. 27 della legge n. 392 del 1978, sia il successivo art. 28 rappresentano altrettante deroghe alla disciplina codicistica di cui agli artt. 1574 e 1596, primo comma, e al tempo stesso pongono un limite all'autonomia delle parti, cosicché esse si pongono in una posizione di specialità di fronte a queste ultime. Si tratta dunque di norme di stretta interpretazione, la cui corretta applicazione non può prescindere dal senso letterale delle espressioni usate, fatte palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse (art. 12 delle preleggi). Cosicché, quando si legge nel secondo comma dell'art. 28 ´Alla prima scadenza contrattuale, rispettivamente di sei o nove anni, il locatore può esercitare la facoltà di diniego della rinnovazione soltanto per i motivi di cui all'art. 29 con le modalità e i termini ivi previstiª, appare evidente che detta norma non può essere applicata come se l'inciso ´rispettivamente di sei o nove anniª non ci fosse, come in sostanza propone la Corte regolatrice, perché si giunge all'assurdo che una locazione stipulata per il periodo massimo di trent'anni, alla sua prima...

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