La circolazione dei beni culturali in ambito internazionale e comunitario

AutoreGiuseppe Tempesta
Pagine77-118
1. Premessa
Di primario interesse è la disciplina relativa alla circolazione interna-
zionale dei beni culturali prevista da note convenzioni che, a loro volta,
attestano la consapevolezza della necessità di assumere, a livello interna-
zionale, adeguati strumenti di tutela dei beni culturali; nei casi, infatti, di
esportazioni illegittime l’effettiva protezione di tali beni non può essere
assicurata soltanto a livello nazionale, ma è, evidentemente, necessaria
una cooperazione degli Stati interessati.
Particolare rilievo assume, pertanto, la disciplina prevista nell’ambito
dell’Unione europea in materia di beni culturali. Tuttavia, va osservato che i
Trattati sull’Unione non contengono una disciplina specifica relativa al re-
gime giuridico dei beni culturali ed alla loro circolazione, prevedendo, quale
obiettivo, la realizzazione del mercato interno nel quale è assicurata la libera
circolazione delle merci1. Il TFUE, comunque, all’art. 36 (ex art. 30 Trattato
CEE) prevede che il principio di libera circolazione delle merci possa subire
1 L’art. 26, par. 2, TFUE prevede: “Il mercato interno comporta uno spazio senza fron-
tiere interne, nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei
servizi e dei capitali secondo le disposizioni dei Trattati”. Si tratta del “nucleo duro” dell’o-
riginaria costruzione europea, di quel mercato comune con il quale, in passato, si tendeva ad
identificare la stessa Comunità; U. VILLANI, Istituzioni di Diritto dell’Unione europea,
Bari, 2012, 28 ss. La libera circolazione delle merci è realizzata mediante una unione doga-
nale che fonda sul divieto di dazi doganali all’importazione ed all’esportazione e di qualsiasi
tassa di effetto equivalente nei rapporti tra gli Stati membri; l’adozione di una tariffa doga-
nale comune nei rapporti con i Paesi terzi (artt. 28-32 TFUE); il divieto di restrizioni quanti-
tative all’importazione ed all’esportazione, nonché di qualsiasi misura di effetto equivalente;
l’abolizione dei monopoli commerciali (artt. 34-37 TFUE); il divieto di imposizioni fiscali
interne di portata discriminatoria per i prodotti importati (art. 110 TFUE); G. TESAURO,
Diritto dell’Unione europea, Padova, 2012, 370 ss.
PARTE TERZA
LA CIRCOLAZIONE DEI BENI CULTURALI
IN AMBITO INTERNAZIONALE E COMUNITARIO
78 Parte Terza
delle deroghe qualora sussistano interessi nazionali ritenuti eccezionalmente
meritevoli di tutela, tra i quali la conservazione e protezione del patrimonio
artistico, storico, archeologico nazionale2 degli Stati membri.
È significativo rilevare che la Corte di giustizia, sedente a Lussem-
burgo, in una ormai risalente pronuncia, aveva assimilato le opere d’arte
alle merci3. Diametralmente opposta è sempre stata la posizione del legi-
slatore italiano, il quale nell’adottare la l. 19.4.1990, n. 84, a seguito
dell’entrata in vigore dell’Atto unico europeo (1986), oltre a prevedere la
realizzazione di un importante strumento, come il piano organico di inven-
tariazione e catalogazione dei beni, ha affermato il principio della “non
equiparazione” dei beni culturali alle merci, relativamente alla circola-
zione internazionale, in quanto elementi costitutivi dell’identità culturale
di ogni Nazione, principio ribadito dal d.lgs. n. 42/2004 all’art. 64 bis.
2 L’articolo 36 del TFUE consente agli Stati membri di adottare misure di effetto equiva-
lente a restrizioni quantitative quando esse siano giustificate da un interesse generale non econo-
mico: moralità pubblica, ordine pubblico, pubblica sicurezza, tutela della salute e della vita delle
persone e degli animali, preservazione dei vegetali, protezione del patrimonio artistico e tutela
della proprietà industriale e commerciale. Trattandosi di un’eccezione ad un principio, la deroga
richiede una rigida interpretazione, pertanto, essa non può che basarsi sui motivi enumerati
dall’articolo 36. La deroga non è più giustificata qualora sia stata adottata una normativa comu-
nitaria nello stesso campo. Le misure devono inoltre risultare in diretto rapporto con l’interesse
generale che va tutelato e non superare il livello necessario (principio di proporzionalità).
3 Con la sentenza del 10 dicembre 1968 (causa 7/68, Commissione c. Repubblica italiana)
la Corte di giustizia si è pronunciata in ordine alla compatibilità con il Trattato di Roma dell’art.
37, l. 1.6.1939 n. 1089, che prevedeva una tassa all’esportazione calcolata in misura progres-
siva (dall’8 al 30%) in rapporto al valore commerciale del bene denunciato all’atto dell’espor-
tazione. Nelle sue difese lo Stato italiano ha sostenuto che la norma non aveva finalità fiscali
ma di tutela del patrimonio culturale, quindi era perfettamente compatibile con l’art. 30 Trattato
CE che consentiva agli Stati di adottare misure restrittive all’esportazione dei beni, anche al fine
di protezione del patrimonio artistico, storico, archeologico nazionale. La Corte di giustizia,
invece, ha ritenuto che “per merce ai sensi dell’art. 9 del Trattato CEE bisogna intendere i
prodotti apprezzabili in denaro e suscettibili come tali di essere oggetto di transazioni commer-
ciali”; anche i beni culturali, indipendentemente dalle caratteristiche che li distinguono dagli
altri beni commerciali, hanno in comune con questi la caratteristica di essere valutabili in de-
naro e, quindi, di poter costituire l’oggetto di transazioni commerciali. Pertanto, “i beni di inte-
resse artistico o storico sono soggetti alle regole del mercato comune, sotto riserva delle sole
deroghe, espressamente previste dal Trattato”. La Corte ha, dunque, statuito il contrasto della
tassa equivalente prevista dalla norma italiana con il Trattato (art. 16) in quanto equivalente ad
un dazio doganale all’esportazione verso i Paesi membri. Lo Stato italiano ha ottemperato alla
suddetta pronuncia della Corte di giustizia ed a quella analoga del 13 luglio 1971, modificando,
con il d.l. 5.7.1972 conv. in l. 8.8.1972, n. 487, l’art. 37 della legge sulla tutela delle cose di
interesse artistico e storico, esentando dall’imposta i trasferimenti verso i Paesi membri e man-
tenendola esclusivamente “per l’esportazione verso i Paesi non appartenenti alla CEE”; M.
FRIGO, La circolazione internazionale dei beni culturali. Diritto internazionale, diritto comu-
nitario e diritto interno, Milano, 2007, 44-45.
La circolazione dei beni culturali in ambito internazionale e comunitario 79
Tuttavia, l’esame di un caso pratico, il recupero di un prezioso messale
del 1370, ritrovato presso una casa d’aste a Londra da parte dell’Arcidio-
cesi di Trani, Barletta e Bisceglie, ha sollecitato la ricostruzione sistema-
tica dei profili salienti della disciplina internazionale sulla circolazione dei
beni culturali, mettendone in luce le criticità.
Ai beni culturali di interesse religioso, infatti, si applicano appieno le
norme dell’ordinamento italiano, anzitutto il Codice dei beni culturali e
del paesaggio del 2004. Da qui discende l’applicazione, a tutela dei sud-
detti beni, delle norme in materia di circolazione internazionale previste
dall’ordinamento dell’Unione europea e delle convenzioni internazionali,
in forza della loro ratifica da parte della Repubblica italiana.
2. La Convenzione UNESCO del 1970 sui mezzi per impedire e vietare
l’importazione, l’esportazione e il trasferimento illecito di beni cul-
turali
I grandi conflitti armati che hanno interessato l’intera Europa a partire
dalla fine del XIX secolo hanno suscitato una particolare attenzione nella
comunità internazionale nei confronti dei beni culturali ritenuti patrimonio
comune dell’umanità, al fine di garantire un’adeguata tutela, nella forma
essenziale della protezione per la conservazione. Siffatta tutela trova, dun-
que, fondamento non soltanto nella normativa nazionale, ma anche in
quella internazionale.
Le prime norme di diritto internazionale in questa materia possono farsi
risalire al Regolamento allegato alla III Convenzione dell’Aja del 1899 sulle
regole e consuetudini della guerra terrestre. In questo solco si pongono gli
artt. 27 e 56 del Regolamento allegato alla Convenzione IV, anch’essa rela-
tiva alle regole e consuetudini della guerra terrestre, approvata all’Aja nel
19074, volta ad evitare le azioni di depauperamento, saccheggio e distru-
zione del patrimonio culturale da parte degli Stati belligeranti.
Sempre in questo contesto, nel 1931, nel corso della Conferenza interna-
zionale per la protezione e la conservazione dei monumenti d’arte e storia,
4 Convenzione internazionale dell’Aja su leggi ed usi della guerra terrestre del 18 otto-
bre 1907: “I beni dei comuni, quelli degli istituti consacrati ai culti, alla carità e all’istru-
zione, alle arti e alle scienze, anche se appartenenti allo Stato, saranno trattati come pro-
prietà privata. Ogni sequestro, distruzione o danneggiamento internazionale di tali istituti,
di monumenti storici, di opera d’arte e di scienza, è proibito e deve essere punito” (art. 56).

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