Chiarezza a metà dalla prima lettura della sentenza della corte costituzionale n. 482/2000: Quali sono I periodi di sospensione delle esecuzioni ai quali si applica il risarcimento a forfait?

AutoreNino Scripelliti
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  1. - Sono stato facile profeta quando su queste colonne 1 ho previsto, in tema di giudizio di costituzionalità dell'art. 6, comma 6, L. n. 431/1998, la possibilità di una sentenza compromesso, tra i principi posti dagli artt. 3, 24 e 42 della Costituzione da un lato (tali sono i parametri costituzionali la cui violazione era sospettata dai Giudici a quibus, Pretura di Napoli e Tribunale di Milano), ed il diritto al risarcimento dei locatori danneggiati dal ritardo nel rilascio degli immobili abitativi locati ex art. 1591 c.c. unitamente al sistema di ammortizzatori sociali rappresentati dal differimento e graduazione delle esecuzioni e dal risarcimento forfetizzato in deroga all'art. 1591 c.c. Ed è degna di considerazione la circostanza che il nucleo centrale della motivazione (sub 5), si limiti al richiamo a generici principi di "equilibrato componimento di contrapposti interessi" ed al canone della ragionevolezza, ma ometta ogni riferimento alle singole norme costituzionali che sarebbero state violate, senza quindi procedere sul terreno, politicamente assai insiPage 862 dioso, dell'art. 42 sul quale si impernia la tutela del diritto di proprietà. Peraltro il riferimento all'esigenza di un equilibrio tra interessi in conflitto, lascia intendere che la Corte abbia ravvisato il contrasto dell'art. 6 con i meno stringenti criteri posti dall'art. 3 Cost., piuttosto che con i principi di cui agli artt. 24 e 42: e già questa incertezza sui parametri costituzionali che risultano violati, appare significativa della prudenza che ha guidato il ragionamento della Corte.

  2. - La sentenza peraltro è da valutare nel complesso, come un dato giurisprudenziale assolutamente positivo, in quanto anche a prescindere dallo specifico settore nel quale è stata pronunciata (locazioni e sfratti), pone principi certamente riferibili ad altri settori sensibili dell'ordinamento, nei quali il legislatore intendesse operare scelte ablative di quel particolare elemento patrimoniale rappresentato (quando ve ne sia titolo) del diritto al risarcimento (inteso come reintegratore generico di danni emergenti e di lucro cessante e quindi di elementi patrimoniali andati distrutti, in tutto o in parte, per effetto del comportamento illecito altrui). È agevole infatti constatare che, nella soggetta materia, l'ordinamento agisce controllando non tanto l'ingresso nell'area del danno ingiunto in sede di applicazione degli artt. 1223 e 2043 c.c. e l'ingresso nel patrimonio del danneggiato dei diritti al risarcimento e quindi l'entità di questo (si pensi alla evoluzione del risarcimento dei danni alla persona con ingresso di sempre nuove voci di danno: l'ultimo, danno edonistico!?), quanto piuttosto ponendo, a valle, limiti alla risarcibilità. Ed è noto altresì che l'ordinamento offre non pochi esempi di limitazione della responsabilità disposte in danno degli utenti di pubblici servizi e segnatamente, in favore degli enti erogatori di tali servizi, il tutto, si usa affermare a giustificazione di queste limitazioni, proprio nell'interesse dell'efficienza dei pubblici servizi, i quali evidentemente nell'ottica risalente di questa enunciazione, dovrebbero avvantaggiarsi della deresponsabilizzazione degli enti erogatori). Si tratta, per fortuna di principi destinati ad un rapido tramonto nell'ambito della evoluzione dei principi in tema di diritti degli utenti e della responsabilità della pubblica amministrazione, e dei quali la sentenza n. 500/1999 della Corte di Cassazione rappresenta, ad oggi, il punto di...

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