Corte di cassazione penale sez. III, 3 febbraio 2014, n. 5107 (ud. 17 dicembre 2013)

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giur
Rivista penale 5/2014
LEGITTIMITÀ
dice penale abbia accertato che il fatto non sussista o che
l’imputato non lo abbia commesso o che il fatto sia stato
compiuto nell’adempimento di un dovere o nell’esercizio
di una facoltà legittima, il conseguente giudizio civile non
patisce alcun tipo di condizionamento e deve, pertanto,
estendersi all’intera pretesa risarcitoria, in ordine sia al
fondamento della stessa sia all’eventuale determinazione
dell’ammontare del danno (sez. I, n. 11994 del 30 gennaio
2013, P.C. in proc. Di Pauli, Rv. 255447).
Infatti, a fronte di una sentenza assolutoria irrevo-
cabile pronunciata a seguito di dibattimento, il conf‌ine
della cognizione del giudice civile è def‌inito da effetti
extrapenali del giudicato assolutorio secondo gli epiloghi
descritti e le condizioni espressamente contenute nell’art.
652 c.p.p., con la conseguenza che fuori da questi casi, il
giudizio civile, anche ove segua ad un annullamento di-
sposto da questa Corte in sede penale per accoglimento
di un ricorso della parte civile contro una sentenza di pro-
scioglimento, non subisce alcun tipo di condizionamento e
pertanto deve estendersi all’intera pretesa risarcitoria, e
dunque sia all’an che al quantum debeatur.
6. La sentenza impugnata va pertanto annullata limi-
tatamente alle statuizioni civili con rinvio al giudice civile
competente in grado di appello per valore, al quale va an-
che rimessa la pronunzia sulle spese del presente grado.
(Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. III, 3 FEBBRAIO 2014, N. 5107
(UD. 17 DICEMBRE 2013)
PRES. MANNINO – EST. ANDRONIO – P.M. FRATICELLI (DIFF.) – RIC. X ED ALTRI
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sibile sulla rete Internet. (Mass. Redaz.) (c.p., art. 110;
d.l.vo 30 giugno 2003, n. 196, art. 17; d.l.vo 30 giugno
2003, n. 196, art. 23; d.l.vo 30 giugno 2003, n. 196, art.
26; d.l.vo 30 giugno 2003, n. 196, art. 167)
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. - Con sentenza del 24 febbraio 2010, il Tribunale di
Milano ha - per quanto qui rileva - ritenuto gli imputati X,
Y, Z responsabili del reato loro contestato al capo B del-
l’imputazione, relativo alla violazione degli art. 110 c.p.,
167, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 196 del 2003,
perchè, in concorso tra loro e nelle loro rispettive qualità
(X, di amministratore delegato di Google Italy s.r.l.; Y, di
responsabile della policy sulla privacy di Google Inc.; Z,
di amministratore delegato di Google Italy s.r.l.) procede-
vano al trattamento dei dati personali in violazione degli
artt. 23, 17 e 26 dello stesso d.l.vo n. 196 del 2003, con ri-
ferimento a un video immesso per la successiva diffusione
a mezzo Internet sul sito www.video.google.it. raff‌igurante
un soggetto affetto da sindrome di Down che viene preso
in giro con frasi offensive e azioni vessatorie riferite alla
sua sindrome da parte di altri soggetti minorenni.
La condotta contestata consiste, in particolare, nel-
l’avere omesso un’informativa sulla privacy, visualizzabile
in italiano dalla pagina iniziale del servizio Google video,
in sede di attivazione del relativo account, al f‌ine di porre
in essere l’upload di f‌iles, in ordine a quanto prescritto dal
comma 1 del richiamato art. 13 e, per esso, del valido con-
senso di cui all’art. 23, comma 3. La violazione ipotizzata
investe anche l’art. 26 richiamato, riguardando dati idonei
a rivelare lo stato di salute della persona inquadrata nel
video, e l’art. 17 anch’esso richiamato, per i rischi specif‌ici
insiti nel tipo di trattamento omesso, anche in relazione
alle concrete misure organizzative da prestare.
2. - Con sentenza del 21 dicembre 2012 la Corte d’ap-
pello di Milano ha riformato, per la parte che qui rileva, la
sentenza impugnata, evidenziando che l’art. 167 del d.l.vo
n. 196 del 2003 non richiama il precedente art. 13 e, dun-
que, non impone all’internet provider di rendere edotto
l’utente circa l’esistenza e i contenuti della legislazione
sulla privacy. Infatti, l’eventuale violazione del citato art.
13, consistente nell’omessa o inidonea informativa all’in-
teressato, viene punita non dall’art. 167, bensì dal prece-
dente art. 161,che prevede una sanzione amministrativa.
Nella stessa sentenza si esclude, inoltre, la conf‌igurabilità
di un concorso omissivo nel reato contestato. Sì esclude,
altresì, la sussistenza del dolo specif‌ico richiesto dalla di-
sposizione incriminatrice, sul rilievo che gli imputati non
erano preventivamente a conoscenza del f‌ilmato e dell’im-
missione del dato personale illecitamente trattato e sul-
l’ulteriore rilievo della incompatibilità giuridica di detto
dolo specif‌ico col dolo eventuale individuato dal Tribunale
in capo agli imputati.
3. - Quest’ultima sentenza è stata impugnata, con ricor-
so per cassazione, dal Procuratore generale della Repub-
blica presso la Corte d’appello di Milano.
3.1. - Si rileva, in primo luogo, l’erronea applicazione
dell’art. 26 del d.l.vo n. 196 del 2003, perchè la Corte di-
strettuale non avrebbe fatto conseguire, al dato pacif‌ico
delle pesanti allusioni allo stato di salute del soggetto rap-
presentato nel video in questione, la superf‌luità di ogni
successiva valutazione in ordine alle caratteristiche del
consenso prestato dai ragazzi che avevano fornito il video.
Non si sarebbe, in particolare, considerato che, per i dati
idonei a rivelare lo stato di salute, vige un divieto assoluto
di loro diffusione anche in presenza del consenso dell’inte-
ressato, ai sensi dell’art. 26, comma 5, del d.l.vo n. 196 del
2003. Non si sarebbe considerato, inoltre, che lo status di
soggetto affetto da sindrome di Down del ragazzo ripreso
era ben percepibile dalla visione del video e risultava dal
titolo del video stesso.

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