Corte di cassazione penale sez. IV, 9 maggio 2014, n. 19267 (ud. 2 aprile 2014)

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giur
Rivista penale 7-8/2014
LEGITTIMITÀ
relata a quello che, all’epoca, rappresentava il minimo
edittale mentre oggi rappresenta il massimo, la Corte
di cassazione, ancorchè detta pena sia astrattamente
ancora compatibile con quella che ora sarebbe applica-
bile, non eccedendo essa il relativo massimo edittale,
debba tuttavia dar luogo ad annullamento della senten-
za impugnata, atteso che la scelta a suo tempo operata
dall’imputato era comunque condizionata dalla vigenza
di una norma poi venuta meno non per “f‌isiologica”
successione di interventi legislativi ma per la causa
“patologica” costituita dalla sua accertata incostituzio-
nalità. (Mass. Redaz.) (c.p.p., art. 444; d.p.r. 9 ottobre
1990, n. 309, art. 73) (1)
II
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. IV, 9 MAGGIO 2014, N. 19267
(UD. 2 APRILE 2014)
PRES. ROMIS – EST. IANNELLO – P.M. DI POPOLO (CONF.) – RIC. FESTANTE ED ALTRI
Stupefacenti y Associazione per delinquere per
spaccio di stupefacenti y Associazione per delin-
quere di tipo maf‌ioso y Reati di cui all’art. 73 D.P.R.
n. 309/1990 y Determinazione della pena a titolo di
continuazione y Trattamento sanzionatorio y Sen-
tenza della Corte cost. n. 32/2014 y Conseguenze.
. In tema di stupefacenti, attesa la reviviscenza, a segui-
to della sentenza della Corte costituzionale n. 32/2014,
della distinzione, ai f‌ini del trattamento sanzionatorio
previsto dall’art. 73 del D.P.R. n. 309/1990, tra c.d. “dro-
ghe leggere” e “droghe pesanti”, deve ritenersi neces-
saria anche una rivalutazione della congruità dell’au-
mento di pena che, a titolo di continuazione, sia stato
applicato dal giudice di merito, prima del suddetto in-
tervento della Corte costituzionale, per fatti aventi ad
oggetto droghe c.d. “leggere”, sulla pena base stabilita
per il reato ritenuto di maggiore gravità, costituito dal-
l’associazione per delinquere prevista dall’art. 74 del
citato D.P.R. (Mass. Redaz.) (d.p.r. 9 ottobre 1990, n.
309, art. 73; d.p.r. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 74) (2)
(1,2) Si rinvia alla citata sentenza Corte cost. 25 febbraio 2014, n. 32
pubblicata per esteso in questa Rivista 2014, 371.
I
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con sentenza del 9 luglio 2013 il gip del Tribunale
di Casale Monferrato su richiesta delle parti ha applicato
la pena di due anni e dieci mesi di reclusione e € 9000
di multa a Marku Irido e di tre anni e cinque mesi di re-
clusione e € 9000 di multa a Cires Llesh per i reati - uniti
dal vincolo della continuazione - di cui agli articoli 110
c.p., 73, comma 1, D.P.R. 309/1990 (per avere in concorso
tra loro ceduto a un terzo due chili di hashish il 22 gennaio
2013 - capo a) e agli articoli 110, 81 cpv. c.p., 73, comma
1, D.P.R. 309/1990 (per avere ceduto a diversi soggetti una
quantità non identif‌icata di hashish dal 2012 al febbraio
2013 - capo b).
2. Ha presentato ricorso il difensore di Cires Llesh,
ex articolo 606, primo comma, lettere d) ed e), c.p.p.,
perché il giudice non avrebbe motivato sull’applicabilità
dell’articolo 129 c.p.p., così rendendo la motivazione della
sentenza “illogica o quanto meno carente”.
Ha presentato altresì il difensore di Marku Irido ricor-
so, ex articolo 606, primo comma, lettere d) ed e), c.p.p.,
di contenuto identico al ricorso del difensore di Cires
Llesh. Successivamente, in data 1 aprile 2014, il difensore
di Marku Irido ha depositato memoria integrativa ove
chiede “rideterminazione della pena a seguito di abolizio-
ne da parte della Corte Costituzionale del decreto-legge
30 dicembre 2005, convertito con modif‌icazioni dall’art. 1
Legge 21 febbraio 2006 n. 49”, instando per rideterminarla
ai sensi del D.P.R. 309/1990 “attualmente in vigore e più
favorevole al reo” e def‌inendo ciò “ulteriore motivo”.
MOTIVI DELLA DECISIONE
3. Il ricorso del difensore di Cires Llesh è inammissibile,
poiché il suo contenuto è meramente assertivo e del tutto
generico, consistendo soltanto nell’addurre la mancanza
di motivazione sull’applicabilità dell’articolo 129 c.p.p.
(cfr. da ultimo Cass. sez. IV, 7 settembre 2013 n. 41408,
per cui in caso di patteggiamento “non è consentito all’im-
putato, dopo l’intervenuto e ratif‌icato accordo, proporre
questioni, in sede di ricorso per cassazione, in ordine alla
mancata applicazione dell’art. 129 c.p.p. senza precisare
per quali specif‌iche ragioni detta disposizione avrebbe
dovuto essere applicata al momento del giudizio”; sulla
incidenza della specif‌icità in questa fattispecie v. anche
infra).
Peraltro la pretesa carenza motivazionale non corri-
sponde al contenuto della sentenza impugnata, che ha
motivato sulla inesistenza dei presupposti di applicazione
nei limiti, come lo stesso giudice di merito rimarca, “insiti
nella natura” del rito. Invero, la natura peculiare della
sentenza pronunciata secondo tale rito, sentenza che è
in misura predominante frutto dell’accordo delle parti,
si rif‌lette logicamente su una deminutio dell’obbligo mo-
tivazionale (cfr. da ultimo Cass. sez. VI, 14 maggio 2013
n. 42837 sulla “natura semplif‌icata” propria in questo
caso della motivazione; cfr. altresì Cass. sez. IV, 16 luglio
2006 n. 34494), che si riduce al sintetico rendiconto degli
elementi verif‌icati, con particolare riguardo alle ipotesi di
non punibilità ex articolo 129 c.p.p. per le quali, se non
sussistono, è suff‌iciente il richiamo alla norma, che nel
caso di specie il giudice ha inserito nella motivazione (ex
multis Cass. sez. II, 17 novembre 2011-17 febbraio 2012 n.
6455; tra gli arresti più recenti ancor più rigorosa è Cass.
sez. V, 25 giugno 2013 n. 31250: “La sentenza del giudice
di merito che applichi la pena su richiesta delle parti può
essere oggetto di controllo di legittimità, sotto il prof‌ilo
della motivazione, soltanto se dal testo della sentenza
impugnata appaia evidente la sussistenza delle cause di

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