Corte di cassazione penale sez. III, 10 febbraio 2014, n. 6108 (ud. 17 gennaio 2014)

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5/2014 Rivista penale
LEGITTIMITÀ
sione e l’acquisizione di carte o documenti di provenienza
illecita o comunque falsif‌icati o alterati.
L’art. 648 c.p. punisce invece l’acquisto la ricezione o
l’occultamento di denaro o cose provenienti da un qual-
siasi delitto.
Poichè nell’espressione “provenienza illecita” contenuta
nel citato art. 12, al di là del suo carattere linguisticamen-
te generico, non può ricomprendersi quella “provenienza
da delitto” di cui all’art. 648 c.p., le condotte previste dalle
due diverse norme incriminatici sono diverse, e pertanto
nel caso in cui, come nella fattispecie, l’imputato, dopo
aver ricevuto tali carte di pagamento provenienti da reato,
effettui prelievi di denaro contante o pagamenti di merce,
il reato di ricettazione concorre con la fattispecie di reato
di cui all’art. 12, dovendosi invece ricondurre alla previsio-
ne alla previsione incriminatrice di cui all’art.12, seconda
parte, D.L. 3 maggio 1991, n. 143, conv. nella legge 5 luglio
1991, n.197 (che sanziona con formula generica la rice-
zione dei predetti documenti “di provenienza illecita”) le
condotte acquisitive degli stessi, nelle ipotesi in cui la loro
provenienza non sia ricollegabile ad un delitto, bensì ad
un illecito civile, amministrativo, o anche penale ma di na-
tura contravvenzionale (v. Cass. sez. II, sent. n. 2465/2010
Rv. 246268; sez.VI, sent. n. 35930/2009 Rv. 244874 ).
In tal senso si sono pronunciate da tempo le sezioni
unite (sentenza n. 22902/2001 Rv. 218872), le quali
chiamate a chiarire se l’ipotesi criminosa di cui al D.L. 3
maggio 1991, n. 143, art. 12, convertito con la L. 5 luglio
1991, n. 197, che prevede e punisce l’acquisizione di carte
di credito, di pagamento o di altro documento analogo di
provenienza illecita, sia speciale o meno rispetto ai delitti
di ricettazione e di truffa hanno affermato, che nell’ipotesi
di possesso e, successiva utilizzazione di carte di credito di
provenienza da reato, la condotta “deve essere qualif‌icata
come violazione concorrente del D.L. n. 143 del 1991, art.
12, prima parte e dell’art. 648 c.p.”, che concorrono.
Considerato che le carte di credito abusivamente
utilizzate sono di provenienza furtiva, e che nella fatti-
specie sono stati contestati sia l’indebita utilizzazione che
la ricezione delle carte di credito di provenienza furtiva,
esattamente sono state ritenute concorrenti entrambe le
ipotesi criminose di cui all’imputazione.
Né è ravvisabile l’ipotesi tentata per l’utilizzo della
carta denunciata rubata da Boscagli Fabiola, e “f‌inito con
la dicitura “carta non abilitata”, in quanto l’indebita utiliz-
zazione a f‌ini di prof‌itto di una carta di credito da parte di
chi non ne sia titolare integra il reato (consumato) di cui
all’art. 121. n. 143 del 1991 (ed ora quello di cui all’art. 55,
comma nono, D.L.vo n. 231 del 2007) indipendentemente
dal conseguimento di un prof‌itto per il soggetto agente o
dal verif‌icarsi di un danno per il legittimo titolare della
carta, non essendo necessario ai f‌ini della consumazione
del reato che la transazione giunga a buon f‌ine (v. Cass.
sez. II, sent. n. 45901/2012 Rv. 254358).
2. Con il secondo motivo, solo formalmente vengono
evocati vizi di legittimità; in concreto, le doglianze sono
articolate sulla base di rilievi che tendono ad una rivaluta-
zione del merito delle statuizioni della Corte territoriale:
statuizioni, peraltro, nella specie operate dalla Corte di
appello con argomenti esaurienti e privi di vizi logici anche
in punto responsabilità, evidenziando che il concorso tra
gli imputati appare dimostrato in maniera insormontabile
dalle dichiarazioni dei testi, tra cui l’appuntato dei Cara-
binieri Belardo, a nulla rilevando chi materialmente aves-
se digitato il PIN, nonché dal rinvenimento presso la loro
abitazione dello scontrino della transazione effettuata con
la carta provento di furto in danno di Piccinetti Renato (v.
pagg.4 e 5 della sentenza impugnata).
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., con il provvedimento
che dichiara inammissibile il ricorso gli imputati che lo
hanno proposto devono essere condannati al pagamento
delle spese del procedimento, nonché ravvisandosi prof‌ili
di colpa (v. Corte Cost. sent. n. 186/2000), nella determi-
nazione della causa di inammissibilità - al pagamento a
favore della Cassa delle ammende della somma di mille
euro ciascuno, così equitativamente f‌issata in ragione dei
motivi dedotti. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. III, 10 FEBBRAIO 2014, N. 6108
(UD. 17 GENNAIO 2014)
PRES. TERESI – EST. RAMACCI – P.M. FRATICELLI (CONF.) – RIC. MAISTO
Produzione, commercio e consumo y Prodotti
alimentari y Reato di cui all’art. 5, lett. b), L. 30
aprile 1962, n. 283 y Vendita di alimenti in cattivo
stato di conservazione y Conf‌igurabilità.
. In materia di tutela igienica degli alimenti, è conf‌igu-
rabile la contravvenzione di cui all’art. 5. lett. b), della
legge n. 283/1962, che punisce la detenzione per la ven-
dita di alimenti in cattivo stato di conservazione, anche
quando, trattandosi di frutta, la stessa venga esposta
per la vendita all’aperto, senza protezione dagli agenti
inquinanti. (Mass. Redaz.) (l. 30 aprile 1962, n. 283,
art. 5) (1)
(1) Nello stesso senso si vedano Cass. pen., sez. III, 11 novembre
2011, n. 41074, in Ius&Lex dvd n. 3/2014, ed. La Tribuna e Cass. pen.,
sez. III, 21 settembre 2007, n. 35234, in questa Rivista 2008, 705. In
genere, sulla conf‌igurabilità del reato in oggetto, Cass. pen., sez. III,
13 aprile 2007, n. 15049, ivi 2008, 80.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Il Tribunale di Nola, in composizione monocratica,
con sentenza dell’11 aprile 2013 ha condannato Bruno
Maisto alla pena dell’ammenda riconoscendolo colpevole
della contravvenzione di cui all’art. 5, lett. b) della legge
283/1962, per aver detenuto per la vendita 3 cassette di
verdure di vario tipo in cattivo stato di conservazione (in
Pomigliano d’Arco, 29 marzo 2009).
Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per
cassazione.
2. Con un unico motivo di ricorso deduce la violazio-
ne di legge ed il vizio di motivazione, lamentando che il

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