Corte di cassazione penale sez. III, 12 giugno 2013, n. 25823 (c.c. 22 maggio 2013)
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giur
12/2013 Rivista penale
LEGITTIMITÀ
condotta concussiva sopraffattrice e l’accordo corruttivo,
integrante uno dei reati previsti dall’art. 318 o dall’art. 319
c.p. (anch’essi oggetto di modifica da parte della mede-
sima legge). Pure allo scopo di uniformare la normativa
interna ai principi della Convenzione contro la corruzione
di Merida del 2003, approvata in ambito ONU, ed a quelli
della Convenzione penale sulla corruzione di Strasburgo
del 1999, approvata in ambito di Consiglio d’Europa ratifi-
cate in Italia rispettivamente dalla legge n. 116 del 2009 e
da quella n. 110 del 2012 il legislatore nazionale ha “spac-
chettato” l’originaria ipotesi delittuosa della concussione,
che, nel testo previgente dell’art. 317 c.p., parificava le
condotte di costrizione e di induzione, creando due nuove
fattispecie di reato. La prima, che resta disciplinata dal-
l’art. 317 c.p., prevede la punizione del “pubblico ufficiale
che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe
taluno a dare o promettere indebitamente, a lui o a un ter-
zo, denaro o altra utilità”: conserva, dunque, i precedenti
caratteri ed elementi costitutivi della fattispecie della
concussione per costrizione, limitandosi ad incrementare
il limite edittale minimo della pena detentiva (portata da
quattro a sei anni di reclusione) e lasciando come sogget-
to attivo il solo pubblico ufficiale, con esclusione, dunque,
della figura di incaricato di pubblico servizio. La seconda
fattispecie di reato, “scorporata” dal previgente art. 317
c.p. ed ora regolata dall’art. 319 quater c. p., recante in
rubrica la nuova denominazione di induzione indebita a
dare o promettere utilità, sussiste, “salvo che il fatto non
costituisca più grave reato”, laddove “il pubblico ufficiale
o l’incaricato di pubblico servizio, abusando della sua qua-
lità o dei suoi poteri, induce taluno a dare o a promettere
indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità”;
delitto, dunque, configurabile anche a carico dell’incari-
cato di pubblico servizio oltre che del pubblico ufficiale,
sanzionato con la più mite pena della reclusione da tre ad
otto anni, la cui struttura descrittiva, con riferimento alla
condotta del pubblico agente (comma 1), mutua significa-
tivamente gli elementi qualificanti la “vecchia” figura della
concussione per induzione. Rappresenta, invece, dato di
assoluta novità la previsione, nel comma 2 dello stesso art.
319 quater, della punizione anche del soggetto che “dà o
promette denaro o altra utilità”, il quale, da persona offesa
nell’originaria ipotesi di concussione per induzione di cui
al previgente art. 317 c. p., diventa coautore nella nuova
figura dell’induzione indebita.
É di tutta evidenza, pertanto, che nel caso di specie ap-
pare in primo luogo indispensabile chiarire se la condotta
contestata all’imputato debba essere qualificata come co-
strizione e così rientrare nelle previsioni del “nuovo” art.
317 c. p. ovvero debba essere considerata come induzione
indebita e così essere ricompresa nella seconda, anch’essa
“nuova”, fattispecie di reato, introdotta con l’art. 319 qua-
ter dello stesso codice.
Dalla descrizione dei fatti contenuta nelle sentenze di
merito emerge con chiarezza che nel caso di specie il Di
Vito agì con modalità e con forme di pressione tali da non
lasciare margini alla libertà di autodeterminazione del
destinatario della pretesa, il quale deve quindi conside-
rarsi come vittima del reato. La minaccia di denunciarlo
per appropriazione indebita e la pretestuosa attività di
accertamento amministrativo posta in essere denotano
chiaramente un quadro di costrizione ai danni dell’Etzi,
che determina la necessità di inquadrare la fattispecie
in esame nelle previsioni del “nuovo” art. 317 c.p., con la
conseguenza che i relativi termini massimi di prescrizione
non risultano decorsi.
4 .-. Il rigetto dei ricorsi comporta la condanna dei ri-
correnti al pagamento delle spese processuali. Si impone
altresì la condanna dei ricorrenti in solido alla rifusione
delle spese in favore della parte civile Etzi Mario, liquida-
te come da dispositivo. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. III, 12 GIUGNO 2013, N. 25823
(C.C. 22 MAGGIO 2013)
PRES. SQUASSONI – EST. RAMACCI – P.M. MAZZOTTA (CONF.) – RIC. VORZILLO
Difesa e difensori y Di fiducia y Nomina y Da parte
del soggetto delegato y Condizioni y Necessità.
. Il deposito dell’atto di nomina del difensore di fiducia
presso l’Autorità procedente può essere effettuato,
quando non vi è dubbio sull’esistenza del rapporto fidu-
ciario, sull’originalità dell’atto e sulla sua provenienza,
da altro soggetto, all’uopo delegato anche verbalmente
dal difensore nominato (praticante avvocato o altro
addetto allo studio), poiché la consegna in tal modo
effettuata soddisfa comunque le condizioni indicate
dall’art. 96 c.p.p.. (Mass. Redaz.) (c.p.p., art. 96) (1)
(1) Nello stesso senso si veda Cass. pen., sez. III, 10 febbraio 2011, C.
e altri, in questa Rivista 2012, 319.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di
Napoli, quale giudice dell’esecuzione, con ordinanza del 6
luglio 2012 ha rigettato l’istanza di revoca dell’ingiunzione
alla demolizione emessa nei confronti di Antonietta Vorzil-
lo in relazione a procedimento penale definito con decreto
penale di condanna divenuto irrevocabile.
Avverso tale pronuncia la predetta propone ricorso per
cassazione.
2. Con un unico motivo di ricorso deduce la violazione
di legge, rilevando che il giudice dell’esecuzione avrebbe
erroneamente ritenuto invalida la nomina depositata dal
difensore di fiducia e, conseguentemente, non avrebbe
rilevato la dedotta nullità del decreto penale di condanna
conseguente all’omessa notifica al difensore fiduciario.
Osserva a tale proposito la ricorrente che la nomina del
difensore di fiducia era stata depositata prima dell’emis-
sione del decreto di condanna ma che, nonostante ciò, il
giudice dell’esecuzione l’aveva ritenuta invalida in quanto
materialmente consegnata all’autorità procedente da per-
sona diversa dal difensore fiduciario non espressamente
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