Corte di cassazione penale sez. II, 17 febbraio 2014, n. 7484 (ud. 21 gennaio 2014)

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giur
3/2014 Arch. nuova proc. pen.
LEGITTIMITÀ
Più specif‌icamente, è stato affermato che non può tro-
vare applicazione la procedura prevista dall’art. 444 c.p.p.
nel caso in cui, per le condizioni soggettive dell’imputato,
la pena detentiva non possa essere convertita in quella
pecuniaria, così come stabilito nell’accordo intervenuto
tra le parti (sez. V, sent. n. 1796 del 19 aprile 1999, rv.
213212).
È però certamente escluso che il giudice possa dar
corso alla richiesta di patteggiamento modif‌icando unila-
teralmente i termini dell’accordo intervenuto fra le parti,
in quanto verrebbe meno la base consensuale su cui que-
sto si fonda.
3. Giova peraltro precisare che, come opportunamente
evidenziato dal Procuratore generale, la richiesta di appli-
cazione di pena su accordo delle parti così come nel caso
di specie formulata non avrebbe comunque potuto essere
accolta.
Ed invero, come puntualmente evidenziato in un
recente precedente di questa stessa sezione (sez. IV, n.
37967 del 17 maggio 2012, Nieddu, rv. 254361), non può ri-
tenersi conforme a legge una richiesta di pena concordata
che preveda la conversione della pena detentiva in pena
pecuniaria (ai sensi dell’art. 53 legge n. 689 del 1981) e la
sua successiva sostituzione con il lavoro di pubblica utilità
(ai sensi dell’art. 186, comma 9 bis, c.d.s.).
I due regimi sanzionatori sostitutivi non possono, in-
fatti, essere applicati cumulativamente, avendo essi una
totale autonomia quanto ai presupposti di applicazione,
alle modalità esecutive e alle conseguenze in caso di viola-
zione (cfr. artt. 53, 59, 71 e 102 legge n. 689 del 1981, e art.
186 comma 9 bis c.d.s.), di tal che gli stessi non possono
che trovare applicazione individualmente e senza che i
benef‌ici connessi alla sostituzione si sommino.
Diversamente operando, si applicherebbe un tratta-
mento sanzionatorio ibrido, in violazione del principio
di legalità delle pene (cfr. sez. V, n. 13807 del 21 febbraio
2007, Rv. 236529).
Inoltre, deve ritenersi che quando il legislatore ha
previsto, nell’art. 186 c.d.s., al comma 9 bis la sostituzio-
ne della pena con il lavoro di pubblica utilità, ha inteso
ancorare tale benef‌icio ad un ben preciso rapporto tra
pena criminale e sanzione sostituiva. Ne deriva che non
è possibile sostituire la pena se non in relazione al trat-
tamento sanzionatorio principale previsto dalla legge. Se
si applicasse la sostituzione, rapportandola alla pena pre-
vista prima della riforma, non solo si farebbe illegittima
applicazione di una “terza legge”, in violazione dell’art.
2 c.p., ma si vulnererebbe la funzione rieducativa che la
pena deve svolgere secondo l’ordinamento vigente (così in
motivazione sez. IV, n. 21596 del 22 gennaio 2013, Grillo,
non mass.).
Pertanto la sentenza impugnata deve essere annullata
senza rinvio con trasmissione degli atti al Tribunale di
Arezzo per l’ulteriore seguito. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. II, 17 FEBBRAIO 2014, N. 7484
(UD. 21 GENNAIO 2014)
PRES. ESPOSITO – EST. RAGO – P.M. ANIELLO (DIFF.) – RIC. P.G. IN PROC.
BORRONI
Prova penale y Imputato y Principio della c.d. vici-
nanza della prova y Applicabilità y Condizioni.
Prova penale y Imputato y Negazione del reato ad-
debitatogli y Onere della prova gravante sull’impu-
tato y Oggetto y Individuazione y Fattispecie in tema
di appropriazione indebita di somme di denaro.
. In tema di distribuzione dell’onere probatorio, spetta
alla pubblica accusa la prova del reato. Tuttavia, ove
l’imputato deduca eccezioni o argomenti difensivi,
spetta a lui provare o allegare, sulla base di concreti ed
oggettivi elementi fattuali, le suddette eccezioni per-
ché è l’imputato che, in considerazione del principio
della cd. “vicinanza della prova”, può acquisire o quan-
tomeno fornire, tramite l’allegazione, tutti gli elementi
per provare il fondamento della tesi difensiva. (Mass.
Redaz.) (c.p.p., art. 190) (1)
. Nell’ipotesi in cui l’imputato del reato di appropria-
zione indebita di una somma di denaro neghi il fatto
addebitatogli, l’onere della prova o di allegazione su di
lui gravante non ha ad oggetto un fatto non avvenuto
(mancata appropriazione) ma la dimostrazione di spe-
cif‌ici fatti positivi contrari a quelli provati dalla pub-
blica accusa dalla quale possa desumersi il fatto nega-
tivo (mancata appropriazione) e, quindi, la prova della
fondatezza della tesi difensiva. (Mass. Redaz.) (c.p.p.,
art. 190; c.p., art. 646) (2)
(1) Nello stesso senso si vedano Cass. pen., sez. II, 10 maggio 2013,
n. 20171, in Ius&Lex dvd n. 3/2014, ed. La Tribuna. Sul tema, in senso
analogo, si veda Cass. pen., sez. III, 2 luglio 2004, n. 28929, ibidem.
(2) Ribadisce il principio generale richiamato dalla pronuncia
in commento Cass. civ., 11 gennaio 2007, n. 384, in Ius&Lex dvd n.
3/2014, ed. La Tribuna.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con sentenza del 25 marzo 2013, la Corte di Appello
di Milano confermò la sentenza con la quale, in data 17
gennaio 2012, Borroni Patrizio Domenico era stato assolto
dal Tribunale della medesima città dal reato di appropria-
zione indebita ai danni della soc. Imic s.r.l. della somma
di € 59.978,78 della quale aveva il possesso in virtù della
mansioni esercitate (impiegato con mansioni di addetto
alle vendite).
2. Avverso la suddetta sentenza hanno proposto ricorso
per cassazione sia il Procuratore Generale presso la Corte
di Appello di Milano sia la parte civile IMIC s.r.l. deducen-
do sostanzialmente la contraddittorietà della motivazione
per avere la Corte ritenuto, da una parte, che l’ammanco
fosse solo frutto di errori o omissioni contabili (il che però,
era smentito dall’affermazione secondo la quale era stato
provato che le somme in oggetto furono incassate dal Bor-

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