Corte di cassazione penale sez. I, 19 settembre 2013, n. 38722 (ud. 7 febbraio 2013)

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giur
Arch. nuova proc. pen. 1/2014
LEGITTIMITÀ
pubblico ministero non debba essere sottoposto a convalida,
è necessario che il provvedimento di perquisizione individui
con suff‌iciente certezza l’oggetto specif‌ico del sequestro me-
desimo, e non basta una generica indicazione di pertinenza
di quanto (eventualmente) rinvenuto rispetto al reato ipo-
tizzato. Ciò comporta che, indipendentemente dai riferimen-
ti normativi contenuti nel provvedimento e dalla modulistica
utilizzata, qualora il pubblico ministero, delegando la polizia
giudiziaria all’esecuzione di una perquisizione, disponga
il sequestro delle cose pertinenti al reato rinvenute e non
provveda poi alla convalida, contro tale sequestro è inam-
missibile la richiesta di riesame, che l’ordinamento riserva
al sequestro disposto dall’autorità giudiziaria, secondo il
dettato dell’art. 257 c.p.p., potendosi solo esperire il ricorso
al GIP contro l’eventuale diniego di restituzione da parte del
pubblico ministero (art. 263 c.p.p., comma 4 e 5).
Tanto premesso, deve rilevarsi che nel caso in esame
si dà atto nello stesso ricorso della vasta latitudine del
sequestro operato dalla polizia giudiziaria, sicché sarebbe
stata necessaria la convalida e, in mancanza, era possibile
richiedere la restituzione di quanto in sequestro. Manife-
stamente infondati sono nella specie i richiami alle dispo-
sizioni della Costituzione indicati in ricorso, posto che il
meccanismo della convalida è espressamente previsto dal-
la Carta fondamentale e, insieme alla successiva richiesta
di restituzione, costituisce valido strumento di tutela.
Pertanto la richiesta di riesame non era ammissibile e
corretta appare la pronunzia del Tribunale. In ogni caso
deve anche rilevarsi che nel ricorso proposto nell’interesse
del Massa non si è in alcun modo dimostrato che la notitia
criminis non fosse già strutturata e fosse sostanzialmente
esplorativa, sicché il ricorso in esame è oltre tutto inam-
missibile per genericità.
4. Il ricorso deve, quindi, essere dichiarato inammissi-
bile. Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo
ha proposto deve essere condannata al pagamento delle
spese del procedimento, nonché - ravvisandosi prof‌ili di
colpa nella determinazione della causa di inammissibilità
- al pagamento a favore della cassa delle ammende della
somma di euro cinquecento, così equitativamente f‌issata
in ragione dei motivi dedotti. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. I, 19 SETTEMBRE 2013, N. 38722
(UD. 7 FEBBRAIO 2013)
PRES. BARDOVAGNI – EST. TARDIO – P.M. SPINACI (DIFF.) – RIC. P.G. IN PROC.
RICCIO
Impugnazioni penali in genere y Termini y Decor-
renza y Impugnazione di provvedimenti camerali
y Da parte del pubblico ministero y Ricezione del
provvedimento da parte dell’uff‌icio del P.M. y Rile-
vanza.
. Il termine per l’impugnazione di provvedimenti came-
rali da parte del pubblico ministero, anche in mancan-
za dell’avviso di deposito previsto dall’art. 128 c.p.p.,
decorre dalla data in cui il provvedimento è pervenuto
ad effettiva conoscenza dell’uff‌icio, impersonalmente
inteso, per i necessari adempimenti esecutivi. (Mass.
Redaz.) (c.p.p., art. 128) (1)
(1) In senso difforme dalla massima in commento si vedano Cass.
pen., sez. I, 16 giugno 2005, P.M. in proc. Deriu ed altri, in questa
Rivista 2006, 569 e Cass. pen., sez. IV, 24 aprile 1996, Mastrangeli,
in Ius&Lex dvd, n. 6/2013, ed. La Tribuna, che sostengono come la
semplice ricezione degli atti del procedimento da parte della segre-
teria dell’uff‌icio del pubblico ministero, o da parte dell’Uff‌icio della
Procura, non possa integrare la formale comunicazione dell’atto o
del documento così come prescritto dalla legge. In senso conforme
al principio della sentenza in epigrafe si veda Cass. pen., sez. I, 21
maggio 2012, P.M. in proc. Cacciapuoti, ibidem.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con ordinanza del 9 dicembre 2011 il Tribunale di
Napoli, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato
l’eccezione di nullità dell’ordinanza emessa il 23 dicembre
2003 dal G.i.p. del Tribunale di Napoli, che aveva revocato
- nei confronti di Riccio Salvatore - l’indulto concesso con
le sentenze di condanna del 24 gennaio 1989 del Preto-
re di Napoli e del 4 luglio 1990 della Corte d’appello di
Napoli, irrevocabili, rispettivamente, il 24 febbraio 1989
e il 29 aprile 1991; ha accolto l’eccezione di prescrizione
delle pene inf‌litte con le medesime sentenze di condan-
na, che ha dichiarato estinte, e ha applicato l’indulto in
relazione alla pena pecuniaria, di cui al provvedimento di
determinazione delle pene concorrenti N. SIEP 4048/10 -
N. 164/11, limitatamente a euro 2.995,45.
Il Giudice rilevava, a ragione della decisione, che:
- alla revoca del benef‌icio dell’indulto si era pervenuti
perché il Riccio aveva commesso, nel quinquennio dalla
data di entrata in vigore del D.P.R. n. 394 del 1990, un de-
litto per il quale aveva riportato una condanna superiore
ad anni due di reclusione;
- il provvedimento di revoca, contrariamente all’assun-
to difensivo che ne aveva eccepito la nullità assoluta, ex
art. 179, comma 1, c.p.p., per violazione delle regole del
contraddittorio, era stato emesso, assicurandosi il corretto
esercizio di una consapevole difesa, a scioglimento della
riserva assunta all’esito della udienza camerale dell’l1
dicembre 2003;
- l’eccezione di prescrizione delle pene, in dipendenza
del decorso del termine decennale, previsto dall’art. 172
c.p., dal momento della irrevocabilità della sentenza di
condanna per il delitto che aveva comportato la revoca
dell’indulto, e quindi dal 22 febbraio 1999 (data della de-
claratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione
avverso la sentenza di condanna), era fondata, dovendo
ritenersi preferibile l’orientamento di legittimità più re-
cente che individuava la decorrenza del termine decen-
nale nel momento in cui si erano verif‌icati i presupposti
della revoca del benef‌icio, e non nel momento in cui si era
pronunciata la revoca dello stesso;
- l’indulto, pertanto, poteva essere applicato alla sola
residua pena pecuniaria, poiché dal cumulo di pene pecu-

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