Corte di cassazione penale sez. V, 8 gennaio 2013, n. 754 (ud. 4 ottobre 2012)

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Arch. nuova proc. pen. 6/2013
LEGITTIMITÀ
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. V, 8 GENNAIO 2013, N. 754
(UD. 4 OTTOBRE 2012)
PRES. TERESI – EST. VESSICHELLI – P.M. MURA (DIFF.) – RIC. MITREAN
Nullità nel processo penale y Concernenti il pub-
blico ministero y Violazione delle disposizioni rela-
tive alla sua concreta individuazione y Nullità ex
art. 178 lett. b) c.p.p. y Esclusione y Condizioni.
. La violazione di disposizioni relative alla concreta
individuazione del rappresentante della pubblica ac-
cusa nel procedimento non integra la nullità prevista
dall’art. 178 lett. b) c.p.p., una volta che colui che è
chiamato a svolgere tali funzioni sia comunque soggetto
investito delle relative attribuzioni e che sia garantita
la partecipazione del suddetto organo al procedimento
medesimo. (Fattispecie relativa all’esercizio delle
funzioni di pubblico ministero nel giudizio d’appello
da parte di un sostituto Procuratore della Repubblica
presso il Tribunale designato senza l’osservanza delle
disposizioni dettate in materia di applicazione e in as-
senza dei presupposti per procedere ai sensi dell’art.
570, comma terzo, c.p.p.). (c.p.p., art. 33; c.p.p., art.
178; c.p.p., art. 570; r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, art.
110) (1)
(1) Nello stesso senso si veda Cass. pen., sez. I, 12 giugno 1996, P.M.
in proc. Parodo, in Ius&Lex dvd n. 5/2013, ed. La Tribuna.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
Propone ricorso per cassazione Mitrean Tatiana - in
stato di custodia cautelare in carcere - avverso la sentenza
della Corte di assise di appello di Milano in data 21 giugno
2011 che, a seguito di annullamento con rinvio della cas-
sazione, è stata di parziale riforma della sentenza di primo
grado, emessa dal locale Gup l’1 ottobre 2008.
Era accaduto che il Gup, all’esito di giudizio abbreviato,
aveva riconosciuto l’imputata responsabile:
- del reato di concorso nella rapina aggravata eseguita,
nella notte fra il 12 e il 13 novembre 2007, all’interno del-
l’abitazione dei coniugi Culturani, presso la quale la stessa
ricorrente prestava servizio in qualità di collaboratrice
domestica (capo A);
- del reato di concorso in omicidio volontario aggravato
di Culturani Marzio, nelle medesime circostanze (capo B);
- del reato, altresì di violazione di domicilio in concorso
(capo C);
- del reato, commesso in epoca precedente, di furto ag-
gravato di un anello e di un mazzo di carte Cartier (capo P);
- del reato di cui al capo H) in relazione alle illecita
detenzione di sostanza stupefacente, fatto accertato nel
febbraio 2008.
La Corte di assise d’appello, con sentenza del 2009,
aveva escluso la responsabilità per un fatto compreso nel
capo A) ed escluso una delle due aggravanti del capo D),
rimodulando anche l’accertamento del fatto di cui al capo
H) e attenuando il trattamento sanzionatorio che veniva
portato alla pena f‌inale di anni 20 di reclusione, oltre alla
multa.
La Corte di cassazione, con sentenza del 14 aprile 2010,
ha annullato la detta sentenza di appello limitatamente
alla esclusione del concorso anomalo di cui all’art. 116
cpv. c.p. con riferimento al reato di omicidio in concorso
(capo B), rigettando nel resto. La Corte territoriale in
sede di rinvio ha riconosciuto la detta attenuante, conte-
stualmente eliminando anche le aggravanti ex art. 577
n. 4 e art. 61 n. 5 c.p., contestate in relazione al reato di
omicidio. Ha poi giudicato prevalenti le attenuanti sulle
residue aggravanti ed ha determinato la pena residua in
anni 16, mesi 6 e giorni 20 di reclusione per i reati unif‌icati
nel vincolo della continuazione sub A), B), C) e D), pena
che ha sommato a quella per il capo H) cosi pervenendo
alla pena complessiva di anni 18, mesi 10 e giorni 20 di
reclusione, oltre alla multa.
Deduce la ricorrente difesa, la nullità del giudizio di ap-
pello, per violazione dell’art. 178, lett. b) c.p.p., ritualmente
denunciata anche nello stesso giudizio di secondo grado.
Osserva di avere ritenuto tale nullità in relazione alla
circostanza che, nel giudizio di appello, le funzioni del-
l’accusa erano state esercitate da un sostituto Procuratore
della Repubblica anziché, come previsto dal combinato
disposto degli artt. 596 e 598 c.p.p., da un sostituto Procu-
ratore generale.
La Corte d’appello aveva replicato richiamando il di-
sposto dell’art. 570 comma 3 c.p.p. che però non sarebbe
utilmente invocabile, a parere della difesa, poiché po-
stulerebbe, per la designazione nel processo d’appello del
pm che aveva seguito l’accusa nel corso del primo grado,
che questi avesse presentato appello contro la sentenza
di primo grado: circostanza non verif‌icatasi nel caso con-
creto. Ed allora la designazione del pm di primo grado
nell’espletamento del ruolo dell’accusa in appello poteva
trovare giustif‌icazione soltanto nell’istituto dell’applica-
zione il quale, però, ai sensi del R.D. n. 12 del 1941, art.
110, presuppone una procedura complessa non applicata
nel caso di specie:
e cioè che vi siano esigenze di servizio imprescindibile
e prevalenti, che sia stato acquisito il parere preventivo
del consiglio giudiziario e che sia stato sentito lo stesso
interessato. Nel caso in esame, la difesa aveva inutilmente
tentato anche di acquisire documentazione per constatare
l’eventuale sussistenza di esigenze di servizio.
Il danno procurato dalla detta violazione di legge era
rappresentato dalla eccessiva personalizzazione dell’ac-
cusa.
Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
Occorre dare at to, quanto al fatto processuale, che,
come non appare contest ato neppure dalla difesa e come
si desume chiaramente dalle sentenze delle Sezioni uni-
te n. 45276 del 30 ottobre 2003 (Rv. 22 6089), nonché n.
6402 del 30 aprile 1997 (dep. 2 luglio 1997) Rv. 207941,
l’istituto della applicazione del magistrato della Procura
della Repubblica , presso la Procur a generale della Corte
d’appello, deve intendersi come on tologicamente distinto
sia negli effetti che nella procedura, da quello dell’art.

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