Corte di cassazione penale sez. IV, 15 gennaio 2014, n. 1494 (ud. 9 luglio 2013)

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Arch. giur. circ. e sin. strad. 6/2014
LEGITTIMITÀ
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. IV, 15 GENNAIO 2014, N. 1494
(UD. 9 LUGLIO 2013)
PRES. SIRENA – EST. CIAMPI – P.M. ANIELLO (CONF.) – RIC. PIRASTU
Guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti
y Rif‌iuto degli accertamenti y Disponibilità al pre-
lievo ematico e non a quello del liquido biologico y
Reato di cui all’ art. 187, comma ottavo, c.s. y Conf‌i-
gurabilità y Esclusione.
. Non è conf‌igurabile il reato previsto dall’art. 187,
comma ottavo, C.d.S. (rif‌iuto di sottoporsi al prelievo
di liquido biologico per accertare l’uso di stupefacenti)
nel caso in cui il soggetto alla guida di un’autovettura
rif‌iuti il prelievo delle urine, acconsentendo a quello
ematico, suff‌iciente, nel caso concreto, a dimostrare
l’assunzione dello stupefacente. (nuovo c.s., art. 187)
(1)
(1) Non risultano editi precedenti che affrontino l’esatta fattispecie.
In merito alle modalità di accertamento della guida sotto l’inf‌luenza
di sostanze stupefacenti, si vedano: Cass. pen., sez. IV, 12 febbraio
2013, n. 6995, in Ius&Lex dvd n. 3/2014, ed. La Tribuna; Cass. pen.,
sez. IV, 16 dicembre 2009, n. 48004, ibidem e Cass. pen., sez. IV, 28
aprile 2006, n. 14803, in questa Rivista 2007, 415.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con sentenza in data 28 novembre 2012 la Corte
d’appello di Trieste confermava la sentenza del Tribunale
di Udine in data 4 novembre 2010 appellata da Pirastu
Alessandro. Questi era stato tratto a giudizio e condannato
alla pena di giustizia per rispondere dei reati di cui all’art.
186 comma 2 lett. c) Codice della Strada (guida in stato
di ebbrezza) - capo A - e di cui all’art. 187 comma 8 Codice
della Strada per essersi rif‌iutato di sottoporsi al prelievo
del liquido biologico per accertare la presenza di sostanze
stupefacenti e/o psicotrope.
2. Avverso tale decisione proponeva ricorso il Pirastu
lamentando la violazione dell’art. 606 lett. b) ed e) c.p.p.
quanto alla ritenuta responsabilità per il capo b) e quanto
alla mancata sostituzione della pena inf‌litta con il lavoro
di pubblica utilità.
MOTIVI DELLA DECISIONE
3. La Corte territoriale non ha concesso la sostituzione
della pena con il lavoro di pubblica utilità, ritenendo che
la disciplina di cui alla legge 120 del 2010, introduttiva di
tale previsione, fosse nel complesso meno favorevole ri-
spetto a quella contemplata dall’art. 186 c.d.s. nel testo
precedente, vigente all’epoca del commesso reato, sia per
i limiti edittali di pena contemplati che per la sanzione
amministrativa accessoria. Sul punto il ricorrente si limita
a dedurre che la norma sul lavoro di pubblica utilità era
stata già introdotta precedentemente con l’art. 54 del de-
creto legge n. 274 del 28 agosto 2000. La normativa richia-
mata tuttavia si riferisce esclusivamente ai procedimenti
innanzi al giudice di pace e l’applicazione dell’istituto in
questione nella disciplina relativa a quei procedimenti, ha
comunque presupposti diversi rispetto a quelli di cui alla
legge n. 120 del 2010, richiedendo, ad esempio, l’espressa
richiesta dell’imputato.
Va comunque a riguardo precisato che l’affermazione
di cui alla sentenza impugnata circa il carattere meno
favorevole delle disposizioni in materia di cui alla legge
n. 120 del 2010 appare in contrasto con i principi espres-
si da questa Corte (cfr. ex plurimis sentenza n. 42485
del 19 settembre 2012 , Sarullo, Rv. 253731), secondo
cui non vi è dubbio che l’applicazione del lavoro di pub-
blica utilità - anche per gli ulteriori effetti che derivano
dall’esito positivo del suo svolgimento - può risolversi in
una disposizione di favore per il reo, e, in quanto tale,
ben può quindi trovare applicazione, ai sensi dell’art. 2
c.p., comma 4, anche in relazione a fatti commessi sotto
il vigore della previgente disciplina, laddove non def‌initi
con sentenza irrevocabile (v. anche sez. IV, n. 11198 del
17 gennaio 2012, Rv. 252170). Tuttavia, secondo i principi
generali, l’apprezzamento del carattere più favorevole di
una disciplina normativa deve essere formulato - come af-
fermato e costantemente ribadito dalla giurisprudenza di
legittimità - considerando la stessa nel suo complesso; una
volta individuata la disposizione globalmente ritenuta più
favorevole, il giudice deve applicare questa nella sua inte-
gralità, non potendo combinare un frammento normativo
di una legge e un frammento normativo dell’altra legge
secondo il criterio del favor rei, perchè in tal modo verreb-
be ad applicare una tertia lex di carattere intertemporale
non prevista dal legislatore, violando così il principio di
legalità (“ex plurimis”, sez. IV, 20 settembre 2004, Nuci-
foro). Di tal che, e per quel che qui interessa, il giudice,
laddove ritenga di accedere alla richiesta di applicazione
del lavoro di pubblica utilità, considerando in concreto più
favorevole la L. n. 120 del 2010 che tale sanzione sostituti-
va ha introdotto, deve avere riguardo, per i limiti edittali
della pena da sostituire, alla qualif‌icazione del fatto com-
messo dall’imputato ed alla relativa forbice sanzionatoria
stabilita con detta legge. Orbene la L. n. 120 del 2010 ha
stabilito, rispetto alla normativa previgente, per l’ipotesi
di cui all’art. 186 c.d.s., comma 2, lett. c), - nel cui ambito
rientrerebbe, come detto, il fatto commesso dal Sarullo
(avuto riguardo al tasso alcolemico) - differenti parame-
tri edittali per la pena detentiva. In ogni caso, quindi, se
ritenuto più favorevole in concreto, il novum normativo di
cui alla novella del 2010 avrebbe dovuto essere applicato
al Pirastu nella sua integralità con conseguente riferimen-
to al trattamento sanzionatorio previsto da tale legge per
l’ipotesi di reato di cui al comma 2, lett. c) c.d.s., come
più volte precisato nella giurisprudenza di legittimità, e,
con specif‌ico riferimento proprio alla L. n. 120 del 2010,
da questa stessa sezione (“ex plurimis”: sez. IV, 1 febbraio
2012, n. 4927, Ambrosi, rv. 251956; sez. IV, n. 11198/12, già
sopra citata quanto all’applicabilità della nuovo disciplina
a fatti commessi anteriormente alla novella del 2010). Ne
consegue l’infondatezza del ricorso sul punto.
4. Fondata appare invece la doglianza con riferimento
alla imputazione di cui al capo b). Dalla stessa sentenza
impugnata risulta invero che l’imputato, sottoposto a con-

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