Corte di cassazione penale sez. IV, 2 dicembre 2013, n. 47898 (ud. 24 ottobre 2013)

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giur
6/2014 Arch. giur. circ. e sin. strad.
LEGITTIMITÀ
a devolvere il punto della sentenza relativo al trattamento
sanzionatorio, posto che l’appellante, tacendo della appli-
cazione di una pena non legale ex art. 2 c.p., evidenzia che
non intende veder modif‌icata la pena principale” (Cass.
sez. IV, n. 42649 del 28 marzo 2013, Perfumo). Qualora,
dunque, l’imputato non abbia proposto uno specif‌ico motivo
di appello avverso la decisione di primo grado che ritenga
viziata per non aver applicato la disciplina più favorevole,
viene a formarsi una preclusione. Infatti, la mera richiesta
di sostituzione della pena non equivale ad impugnazione
del punto concernente la determinazione della pena, posto
che il motivo di impugnazione si concreta in una censura
alla decisione concernente l’applicazione di una pena non
legale ex art. 2 c.p.
4. Analizzando l’appello proposto da Petrocchi Franco
avverso la sentenza di primo grado, risultano presenti
due motivi: a) mancanza di suff‌iciente prova oltre ogni
ragionevole dubbio; b) mancata concessione delle at-
tenuanti generiche ed eccessivo rigore del trattamento
sanzionatorio. In data 14 giugno 2012 perveniva al giudice
dell’impugnazione memoria contenente motivi aggiunti al-
l’atto di appello in cui l’appellante chiedeva “voglia la Ecc.
ma Corte d’Appello, ex artt. 2 c.p. e 186 comma 9 bis cod.
strada, irrogare al sig. Petrocchi la pena alternativa del
lavoro di p.u. da svolgersi presso....per la durata risultante
dalla conversione - secondo i parametri di cui all’art.186
comma 9 bis cod.strada della pena che la Ecc.ma Corte
vorrà irrogare in accoglimento dei motivi di cui all’atto di
appello già depositato in data 25 novembre 2011, ovvero
in subordine nella misura risultante dalla conversione, ex
art. 186 comma 9 bis cod.strada, della pena già irrogata
con la impugnata sentenza di primo grado”.
5. La Corte ritiene, dunque, che, non avendo l’appellan-
te censurato l’inf‌lizione di una pena illegale, ma avendo
formulato una censura tendente a combinare un frammen-
to normativo di una legge con un frammento normativo di
altra legge, il giudice dell’appello non avrebbe potuto modi-
f‌icare la decisione impugnata ed un motivo di ricorso che si
limiti a richiedere nuovamente la sostituzione della pena o
denunci violazione di legge ritenendo che, ferma restando
la pena principale determinata ab origine, il giudice del-
l’appello avrebbe dovuto provvedere alla sua sostituzione, il
ricorso non può essere accolto, poiché la decisione di secon-
do grado sia pervenuta correttamente alla reiezione della
domanda, ancorchè con motivazione non esatta, dovendosi
piuttosto ritenere che il principio devolutivo precludesse
la possibilità di modif‌icare la (omessa) statuizione relativa
alla sostituzione della pena, essendo mancata la censura
concernente la inf‌lizione di una pena illegale.
6. Nel caso in esame il giudice di primo grado, pur
avendo pronunciato la sentenza in data posteriore al 30 lu-
glio 2010, aveva inf‌litto una pena pari a mesi tre di arresto
ed euro 1.600,00 di ammenda, senza peraltro esplicitare le
ragioni per le quali non trovava applicazione la disciplina
recata dalla legge n.120/2010. Con l’atto di appello l’im-
putato si è limitato, con motivi nuovi ai sensi dell’art. 585
comma 4 c.p.c., a richiedere la sostituzione della pena. Nel
rispetto, poi, del principio interpretativo secondo il quale
“I motivi nuovi di impugnazione debbono. essere inerenti
ai temi specif‌icati nei capi e punti della decisione investiti
dall’impugnazione principale già presentata, essendo ne-
cessaria la sussistenza di una connessione funzionale tra i
motivi nuovi e quelli originari” (Cass. sez. I, n. 5182 del 15
gennaio 2013, rv. 254485), il nuovo motivo non poteva che
interpretarsi come mera richiesta di applicazione della
sanzione sostitutiva della pena determinata dal primo giu-
dice o rideterminata dalla Corte d’Appello, piuttosto che
della diversa pena principale derivante dall’applicazione
del combinato disposto agli artt. 186, comma 2 c.d.s. e 2
c.p. La sentenza di secondo grado è, quindi, pervenuta
correttamente alla reiezione della richiesta, sia pure sulla
scorta dell’errata identif‌icazione della “disciplina più favo-
revole”, ai sensi dell’art. 2 c.p.
7. Segue, al rigetto del ricorso, la condanna del ricor-
rente al pagamento delle spese processuali. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. IV, 2 DICEMBRE 2013, N. 47898
(UD. 24 OTTOBRE 2013)
PRES. BRUSCO – EST. PICCIALLI – P.M. POLICASTRO (CONF.) – RIC. MONZANI
Appello penale y Cognizione del giudice di appello
y Reformatio in peius y Lavoro di pubblica utilità y
Revoca a seguito di impugnazione proposta dal solo
imputato y Ammissibilità y Esclusione y Fattispecie
in tema di lavoro di pubblica utilità, comminato ex
art. 186, comma nono bis, c.s.
. È illegittima, per violazione del divieto di “reformatio
in peius”, sancito dall’art. 597, comma terzo cod. proc.
pen., la statuizione con la quale il giudice di appello,
a seguito di impugnazione proposta dal solo imputato,
revoca la pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità,
quand’anche sia stata erroneamente applicata in primo
grado. (Fattispecie in tema di lavoro di pubblica utilità
comminato ai sensi dell’art. 156, comma nono bis, cod.
strada). (c.p.p., art. 156; c.p.p., art. 597; nuovo c.s., art.
186) (1)
(1) Nello stesso senso si esprimono Cass. pen., sez.VI, 11 dicembre
2013, n. 49858, in Ius&Lex dvd n. 3/2014, ed. La Tribuna e Cass. pen.,
sez. III, 8 febbraio 2008, n. 6313, in Arch. nuova proc. pen. 2009, 100.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Monzani Stefano ricorre avverso la sentenza di cui in
epigrafe che, nel confermare quella di primo grado, lo ha
riconosciuto colpevole del reato di cui all’art. 186, comma
7, del codice della strada, per essersi rif‌iutato di sottoporsi
all’accertamento dello stato di alterazione psicof‌isica con-
seguente all’assunzione di sostanze alcoliche (fatto del 7
dicembre 2009).
Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione
dell’art. 186, comma 7, del codice della strada, sul rilievo
che l’imputato aveva prestato il consenso a sottoporsi
agli accertamenti di cui all’art. 186, comma 3, dello stes-
so codice, come attestato dal verbale di accertamento

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