Corte di cassazione penale sez. IV, 7 marzo 2014, n. 11161 (ud. 27 febbraio 2014)

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giur
Rivista penale 5/2014
LEGITTIMITÀ
Suprema Corte ha mai statuito il contrario. Infatti, come
si riconosce in altro precedente della giurisprudenza di
legittimità (Cass., sez. II, n. 15092 del 2 aprile 2007 - dep.
13 aprile 2007, P.M. in proc. Morino e altri, rv. 236354),
se le operazioni tese ad ostacolare l’identif‌icazione della
provenienza delittuosa possono consistere sia in quelle
che incidono sulla cosa o ne alterano i dati esteriori, sia
in quelle che lo trasformano o lo modif‌icano parzialmente,
allora anche lo smontaggio di un veicolo in singoli pezzi è
riconducibile a tale categoria di operazioni. Tale operazio-
ne è infatti simile a quelle di taglio di pietre preziose o lo
smontaggio e la fusione di gioielli altrimenti riconoscibili,
che all’evidenza integrerebbero il delitto di riciclaggio,
ricorrendone gli altri presupposti richiesti dalla norma in-
criminatrice, essendo oggettivamente e soggettivamente
f‌inalizzate ad occultare la provenienza delittuosa dei sud-
detti beni. A tale proposito va ricordato che questa Corte
ha affermato che “la disposizione di cui all’art. 648 bis c.p.,
pur conf‌igurando un reato a forma libera, richiede che le
attività poste in essere sul denaro, bene od utilità di pro-
venienza delittuosa siano specif‌icamente dirette alla sua
trasformazione parziale o totale, ovvero siano dirette ad
ostacolare l’accertamento sull’origine delittuosa della res,
anche senza incidere direttamente, mediante alterazione
dei dati esteriori, sulla cosa in quanto tale” (Cass., sez. II,
n. 47088 del 14 ottobre 2003 - dep. 9 dicembre 2003, rv.
227731).
Non è quindi necessario, per integrare il delitto di rici-
claggio di un autoveicolo di provenienza delittuosa, che
siano alterati i dati identif‌icativi dello stesso quali il telaio,
il numero di targa o quello del motore, potendosi ottenere
il risultato di occultarne la provenienza delittuosa anche
smontando il veicolo e vendendo o riutilizzando i singoli
pezzi. Smontaggio e riutilizzo integrano infatti proprio
l’elemento specializzante della più grave fattispecie di
riciclaggio (rispetto a quella di ricettazione) consistente,
come detto, nell’ostacolare l’individuazione della prove-
nienza delittuosa dei beni.
7. Alla pronuncia consegue, per il disposto dell’art. 616
c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spe-
se processuali nonché al versamento, in favore della Cassa
delle ammende, di una somma che, considerati i prof‌ili di
colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente
in euro 1.000,00. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. IV, 7 MARZO 2014, N. 11161
(UD. 27 FEBBRAIO 2014)
PRES. BRUSCO – EST. IANNELLO – P.M. DI POPOLO (CONF.) – RIC. P.G. IN PROC.
TRICCI ED ALTRO
Furto y Aggravanti y Cose esposte alla pubblica fede
y Conf‌igurabilità y Esclusione y Fattispecie in tema
di furto, all’interno di un esercizio commerciale
dotato di un sistema elettronico antitaccheggio.
. In tema di furto di merci esposte in esercizi commer-
ciali, deve escludersi la sussistenza dell’aggravante del-
l’esposizione alla pubblica fede quando l’esercizio sia
dotato di un eff‌iciente sistema elettronico di controllo
antitaccheggio costituito dall’apposizione, sugli oggetti
in vendita, delle apposite placche e l’azione furtiva sia
stata esercitata su uno di tali oggetti. (Mass. Redaz.)
(c.p., art. 624; c.p., art. 625) (1)
(1) La questione è controversa. Parte della giurisprudenza sostiene
la sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 625, n. 7 c.p per l’ipotesi
in oggetto: si veda in tal senso Cass. pen., sez. V, 21 giugno 2011, n.
24862, in questa Rivista 2012, 1293 e Cass. pen., sez. V, 28 dicembre
2009, n. 49640, ivi 2010, 264. Altra parte della giurisprudenza, con-
forme alla pronuncia in epigrafe, nega tale possibilità, ravvisando nel
dispositivo antitaccheggio un valido ausilio per un controllo diretto
della merce. In tal senso, si veda Cass. pen., sez. II, 6 ottobre 2009,
n. 38716, ivi 2010, 51 e Cass. pen., sez. IV, 20 febbraio 2004, , n. 7297,
ivi 2004, 505.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Tricci Sergio e Raiano Concetta erano tratti a giudizio
per rispondere del reato di furto di merce varia (bottiglie
di liquore, amaro, birra, un biberon, una bottiglia di latte e
una tazza) per un valore complessivo di € 143,27 dai ban-
chi di vendita di un supermercato, aggravato dall’essere le
cose esposte per necessità e consuetudine alla pubblica
fede: fatto commesso in Crema il 12 ottobre 2011.
Con sentenza del 25 gennaio 2013, il Tribunale di Cre-
ma, esclusa la circostanza aggravante - risultando dalla
querela la presenza nel supermercato di un sistema an-
titaccheggio - e riqualif‌icato pertanto il fatto come furto
semplice, dichiarava non doversi procedere, per difetto di
querela.
2. Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione
il Procuratore generale presso la Corte d’appello di Brescia
denunciando violazione di legge e vizio di motivazione con
riferimento alla esclusione dell’aggravante contestata.
Rileva infatti che, da un lato, in punto di diritto, se-
condo la prevalente giurisprudenza della Suprema Corte,
il sistema antitaccheggio presente sui capi non esclude
l’aggravante dell’esposizione alla pubblica fede, in quanto
non consente il controllo del percorso della merce ma solo
una rilevazione acustica qualora il prodotto con le placche
antitaccheggio passi attraverso i congegni che lo rilevano,
dall’altro, in punto di fatto, non si evince comunque dalla
motivazione della sentenza che i prodotti asportati fossero
muniti dei detti dispositivi, dovendosi anzi escludere tale
circostanza trattandosi, in prevalenza, di bottiglie di liquo-
re e di birra su cui tale apposizione non è possibile.
Deduce inoltre violazione dell’art. 526 c.p.p. per avere
il giudice a quo ricostruito i fatti sulla scorta di una frase
(“al di là della barriera antitaccheggio”) contenuta in que-
rela, atto presente agli atti del fascicolo del dibattimento
ai sensi dell’art. 431 lett. a) c.p.p. e non invece per acquisi-
zione operata quale prova del suo contenuto, dandone atto
verbale e conseguente lettura sull’accordo delle parti.

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