Corte di cassazione penale sez. IV, 4 dicembre 2013, n. 48534 (ud. 24 ottobre 2013)

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giur
Rivista penale 5/2014
LEGITTIMITÀ
colati, in assenza di specif‌iche segnalazioni da parte di soggetti terzi.
Il concetto di conoscenza effettiva appare mutuato dalla normativa
americana che prevede una “actual knowledge” nel DMCA. Secondo tale
normativa l’actual knowledge si ha nel momento in cui il provider riceve
una notif‌ication, laddove la diff‌ida può essere inviata anche dal soggetto
che presume di essere leso. La normativa americana, però, a controbi-
lanciare tale potere del soggetto presunto leso, prevede il sorgere della
responsabilità di quest’ultimo nel momento in cui la diff‌ida si riveli falsa
o infondata, così sollevando comunque il provider da eventuali responsa-
bilità contrattuali. Tale previsione è assente nella Direttiva europea sull’
e commerce, la quale auspicava semplicemente l’introduzione di norme
a disciplina di una procedura di notice and action (come viene def‌inita in
Europa, mentre in Usa si chiama notice and takedown), senza obbligare
gli Stati. Tale disciplina, però, non è stata introdotta dai paesi europei, i
quali si sono limitati ad una pedissequa riproposizione delle norme della
Direttiva, a volte con piccole sfumature divergenti, come fatto dall’Italia.
Si veda anche: M. DE CATA, La responsabilità civile dell’internet service
provider, Milano, 2010, passim.
(15) Sul punto F. BUFFA – G. CASSANO, Responsabilità del con-
tent provider e del host provider, in Il Corriere Giuridico n. 1, 2003.
Evidenziano gli autori come sia ormai acquisito in dottrina e giurispru-
denza che la responsabilità - civile e penale - del provider è conf‌igurabile
giuridicamente in tutte le ipotesi in cui vi sia da parte dello stesso una
violazione diretta di una norma in relazione all’attività posta in essere
(ad esempio, il provider viola un marchio registrando un sito) ovvero
al contenuto della stessa (es. offre software pirata, diffonde materiale
pedo-pornograf‌ico, diffama qualcuno, svolge nei confronti del pubblico
attività f‌inanziaria abusiva, ecc.).
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. IV, 4 DICEMBRE 2013, N. 48534
(UD. 24 OTTOBRE 2013)
PRES. BRUSCO – EST. PICCIALLI – P.M. POLICASTRO (CONF.) – RIC. BONDIOLI
Circolazione stradale y Guida in stato di ebbrezza
y Aggravante dell’aver provocato un incidente stra-
dale y Sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica
utilità y Applicabilità y Divieto y Condizioni.
. In tema di reato di guida in stato di ebbrezza, ai f‌ini
dell’operatività del divieto di sostituzione della pena
detentiva e pecuniaria con il lavoro di pubblica utili-
tà - previsto dall’art. 186, comma 9-bis, cod. strada, -
è suff‌iciente che ricorra la circostanza aggravante di
aver provocato un incidente stradale essendo, invece,
irrilevante che, all’esito del giudizio di comparazione
con circostanza attenuante, essa non inf‌luisca sul trat-
tamento sanzionatorio. (nuovo c.s., art. 186) (1)
(1) Nello stesso senso, v. Cass. pen., sez. IV, 6 dicembre 2012, n.
47276, in Arch. giur. circ. e sin. strad. 2013, 521.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Bondioli Fabrizio ricorre avverso la sentenza di cui in
epigrafe che, nel confermare il giudizio di responsabilità
per la contravvenzione di cui all’art. 186, comma 2, lett. c),
C.d.S. (per essersi messo alla guida di un autocarro con un
tasso alcolemico non inferiore a g. 3,43, causando in tale
contesto un incidente stradale), ha escluso la possibilità
di sostituzione della pena con i lavori di pubblica utilità
richiamando la lettera dell’art. 186, comma 9 bis, C.d.S.
Con un unico motivo il ricorrente lamenta la violazione
di legge nel diniego della sostituzione della pena sul rilie-
vo che la circostanza della determinazione dell’incidente
si concreta in una circostanza aggravante del reato di
cui all’art. 186, comma 2, C.d.S. e, come tale, soggetta al
giudizio di comparazione ex art. 69, che consentirebbe di
eliminare la preclusione posta dall’art. 186, comma 9 bis,
C.d.S., per la sostituzione della pena con il lavoro di pub-
blica utilità.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è infondato.
La questione posta dal ricorso riguarda la possibilità
o no di procedere alla sostituzione della pena detentiva
e pecuniaria con il lavoro di pubblico utilità ex art. 186,
comma 9 bis, C.d.S., allorquando risulti contestata l’ag-
gravante prevista dall’art. 186, comma 2 bis, C.d.S. (ag-
gravante dell’aver procurato un incidente stradale).
La questione si pone, come è noto, in ragione della
clausola di riserva contenuta nell’art. 186, comma 9 bis,
C.d.S. (Al di fuori dei casi previsti dal comma 2 bis dello
stesso articolo).
Il punto da affrontare, pertanto, è, se in presenza della
aggravante speciale, sia comunque e sempre precluso pro-
cedere alla sostituzione.
Va ricordato in premessa che, secondo i principi gene-
rali, il giudizio di bilanciamento delle circostanze, di per
sè, non inf‌luisce sugli istituti che non si ricollegano al
quantum della pena inf‌litta, nel senso che le circostanze
soccombenti o equivalenti continuano a produrre gli effet-
ti previsti dalla legge, dal momento che anche il giudizio
di soccombenza non fa venire meno la sussistenza in con-
creto della circostanza subvalente ma semplicemente la
paralizza e la rende non applicata “quoad poenam”.
Non si è in presenza, infatti, di una di quelle ipotesi
che si discostano dalla regola generale succitata, in cui già
la formulazione normativa appare indiziante della volontà
del legislatore di ricollegare l’effetto della circostanza al
fatto che la stessa sia stata concretamente applicata e non
meramente ritenuta dal giudice.
In tal senso è opportuno richiamare il disposto della L.
n. 354 del 1975, art. 7 bis e art. 58 quater, (come sostituito
dalla L. n. 251 del 2005), ove è previsto che le misure al-
ternative alla detenzione non possono essere concesse più
di una volta al condannato al quale sia stata applicata la
recidiva reiterata prevista dall’art. 99, comma 4, c.p.
Applicando tali principi al caso in esame e tenuto conto
della esplicita dizione normativa dell’art. 186, comma 9 bis,
C.d.S., va affermata l’inequivoca volontà legislativa di ri-
collegare l’effetto ostativo non già alla “applicazione” della
circostanza aggravante, bensì alla semplice “ricorrenza”
della stessa, a prescindere dal fatto che l’aggravante non
incida sul trattamento sanzionatorio.
Il ricorso va, pertanto, rigettato.
Al rigetto del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese proces-
suali. (Omissis)

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