Corte di cassazione penale sez. VI, 5 novembre 2013, n. 44632 (ud. 31 ottobre 2013)

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giur
Rivista penale 1/2014
LEGITTIMITÀ
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. VI, 5 NOVEMBRE 2013, N. 44632
(UD. 31 OTTOBRE 2013)
PRES. DI VIRGINIO – EST. APRILE – P.M. FRATICELLI (CONF.) – RIC. PIRONTI
Cassazione penale y Motivi di ricorso y Mancata
osservanza della regola del “ne bis in idem” y Error
in procedendo y Deducibilità in Cassazione y Sus-
sistenza.
. La mancata osservanza della regola del “ne bis in
idem” prevista dall’art. 649 c.p.p., risolvendosi in un
“error in procedendo”, è deducibile come motivo di
ricorso per cassazione. (Mass. Redaz.) (c.p.p., art. 649)
(1)
(1) Questione controversa. Secondo l’orientamento giurisprudenzia-
le prevalente e contrario alla massima in epigrafe, la violazione del
divieto del “ne bis in idem” non è deducibile dinanzi alla Corte di cas-
sazione in quanto è precluso, in sede di legittimità, l’accertamento
del fatto, necessario per verif‌icare la preclusione derivante dalla
coesistenza di procedimenti iniziati per lo stesso fatto e nei con-
fronti della stessa persona, non potendo la parte produrre documenti
concernenti elementi fattuali la cui valutazione è rimessa esclusiva-
mente al giudice di merito. Ex multis, v. Cass. pen., sez. V, 31 gennaio
2013, Bisconti, in Ius&Lex, dvd n. 6/2013, ed. La Tribuna; Cass. pen.,
sez. V, 21 giugno 2011, Brunetto, in Arch. nuova proc. pen. 2013, 97
e Cass. pen., sez. IV, 18 dicembre 2009, Bersani. Nello stesso senso di
cui in massima si sono espresse: Cass. pen., sez. VI, 12 dicembre 2012,
D’Alessandro, in Ius&Lex, dvd n. 6/2013, ed. La Tribuna; Cass. pen.
sez. I, 8 luglio 2011, P.C. e Santoro, in Arch. nuova proc. pen. 2013, 97
e Cass. pen., sez. VI, 19 novembre 2009, P., ivi 2010, 765.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con la sentenza sopra indicata la Corte di appello
di Torino confermava la pronuncia di primo grado del 16
aprile 2007 con la quale il Giudice dell’udienza prelimi-
nare del Tribunale di Alessandria aveva condannato, tra
gli altri, Placido Pironti alla pena di giustizia in relazione
al reato di agli artt. 81 cpv. e 110 c. p., 73 D.P.R. n. 309 del
1990 per avere, con più azioni esecutive di un medesimo
disegno criminoso, in concorso con Ilaria Bovio, giudicata
separatamente, in Alessandria nei mesi di novembre e di-
cembre del 2005, detenuto a f‌ine di spaccio sostanze stu-
pefacenti del tipo cocaina ed eroina, che in più occasioni
aveva ceduto a terzi, tra i quali Massimiliano Marletta, tali
Franco, Paolo, Andrea, Marco, Massimo e Daniela (tutti
individuati sulla base della loro utenza cellulare), oltre ad
ulteriori soggetti rimasti non identif‌icati.
Rilevava la Corte di appello come le emergenze proces-
suali avessero dimostrato la colpevolezza dell’imputato in
ordine al delitto continuato contestatogli; e come fosse
infondata la tesi difensiva secondo la quale il Giudice di
prime cure aveva violato l’art. 649 c.p. in relazione ad un
episodio del 17 dicembre 2005 per il quale il Pironti era
stato già condannato, in quanto richiamato dal giudicante
solo per confermare l’assunto accusatorio concernente
fatti di reati diversi e più ampi.
2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso il Piron-
ti, con atto sottoscritto dal suo difensore avv. Giuseppe
Cormaio, il quale ha dedotto la violazione di legge, in
relazione all’art. 649 c.p.p., per avere la Corte territoriale
confermato la sentenza di condanna di primo grado senza
considerare che per il medesimo fatto contestato l’imputa-
to era stato già dichiarato responsabile, con pronuncia di
primo grado, non ancora irrevocabile, emessa nell’ambito
di un separato processo dallo stesso Giudice dell’udienza
preliminare del Tribunale di Alessandria.
3. Il ricorso va rigettato.
Va premesso come sia pacif‌ico che la regola del “ne bis
in idem”, prevista dall’art. 649 c.p.p., è applicabile anche
laddove, per il medesimo fatto, l’imputato non sia stato
prosciolto o condannato con sentenza o decreto penale
irrevocabile, ma sia stato semplicemente sottoposto a due
diversi processi penali in corso dinanzi a giudici egual-
mente competenti, in quanto non può essere nuovamente
promossa l’azione penale per un fatto e contro una persona
per i quali un processo già sia pendente (anche se in fase o
grado diversi) nella stessa sede giudiziaria e su iniziativa
del medesimo uff‌icio del P.M., di talché nel procedimento
eventualmente duplicato dev’essere disposta l’archivia-
zione oppure, se l’azione sia stata esercitata, dev’essere
rilevata con sentenza la relativa causa di improcedibilità
(così a partire da sez. un., n. 34655 del 28 giugno 2005,
P.G. in proc. Donati ed altro, Rv. 231800; conf., in seguito,
sez. IV, n. 25640 del 21 maggio 2008, P.M. in proc. Marella,
Rv. 240783; sez. I, n. 17789 del 10 aprile 2008, Gesso, Rv.
239849).
Resta, invece, discusso se la questione de qua sia pro-
ponibile con il ricorso per cassazione, tematica in ordine
alla quale va registrato un contrato nella giurisprudenza
di legittimità.
Questo Collegio è ben consapevole dell’esistenza di un
orientamento giurisprudenziale tendenzialmente maggio-
ritario che esclude in radice la possibilità di dedurre in
sede di legittimità la violazione del divieto del “ne bis in
idem” di cui all’art. 649 c.p.p. (questione che resterebbe
proponibile dinanzi al giudice dell’esecuzione), perché
il relativo giudizio, presupponendo necessariamente un
raffronto fra elementi fattuali relativi alle imputazioni
contestate nelle sentenze in ordine alle quali la preclu-
sione è addotta, si risolve in un accertamento sul fatto,
non consentito alla Cassazione (così, tra le tante, sez. V,
n. 9825 del 10 gennaio 2013, Di Martino, Rv. 255219; sez.
V, n. 5099/13 del 11 dicembre 2012, Bisconti, Rv. 254654;
sez. V, n. 24954 del 6 maggio 2011, Brunetto, Rv. 250920;
sez. IV, n. 48575 del 3 dicembre 2009, Bersani, Rv. 245740;
sez. V, sentenza n. 9180 del 29 gennaio 2007, Aloisio e altri,
Rv. 236259).
Tuttavia, appare preferibile il diverso indirizzo ese-
getico per il quale la questione concernente la mancata
osservanza del precetto f‌issato dall’art. 649 c.p.p., riguar-
dando la prospettazione della violazione di una norma
processuale, è deducibile in sede di legittimità, atteso
che la violazione del divieto del “bis in idem” si risolve in
un “error in procedendo”, che, in quanto tale, consente al
giudice di legittimità l’accertamento di fatto dei relativi
presupposti applicativi (in questo senso sez. VI, n. 47983

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