Corte di cassazione civile sez. iii, 5 settembre 2013, n. 20376

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Arch. loc. e cond. 6/2013
LEGITTIMITÀ
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE
SEZ. III, 5 SETTEMBRE 2013, N. 20376
PRES. TRIFONE – EST. VIVALDI – P.M. FIMIANI (CONF.) – RIC. V.A. (AVV.TO
FIORENTINO) C. A.P. (AVV. PARASCANDOLO)
Contratto di locazione y Durata y Rinnovazione
y Contratti stipulati prima dellì’entrata in vigore
della L. n. 431/98 y Disciplina applicabile.
. In tema di locazione di immobili ad uso abitativo,
l’art. 2, comma 6, L. n. 431/98 va interpretato nel senso
che, tra i contratti stipulati prima della sua entrata
in vigore, sono soggetti alla nuova disciplina, anche
con riferimento alla doppia durata quadriennale, solo
quelli che vedono realizzato il presupposto della rin-
novazione nel vigore della nuova legge e, quindi, solo
quelli per i quali il termine utile per la comunicazione
della disdetta da parte del locatore è venuto a scadenza
in epoca successiva al 30 dicembre 1998 e tale disdetta
non è stata data, sicché la rinnovazione si é verif‌icata
nella vigenza della nuova legge. (Mass. Redaz.) (l. 9
dicembre 1998, n. 431, art. 2) (1)
(1) Si vedano in senso conforme alla massima Cass. civ, sez. III, 1
aprile 2010, n. 7985, in questa Rivista 2010, 422 e Cass. civ., sez. III,
24 agosto 2007, n. 17995, ivi 2008, 263.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
A.P. intimò sfratto per f‌inita locazione alla data del 31
dicembre 2004 - convenendo la conduttrice davanti al tri-
bunale di Torre Annunziata - sezione distaccata di Sorren-
to per la convalida - nei confronti di V.A. con riferimento a
contratto di locazione ad uso abitativo dell’appartamento
sito in (Omissis).
La convenuta, costituitasi, contestò la domanda
eccependo la nullità della disdetta e formulò domanda
riconvenzionale per la restituzione delle somme versate
indebitamente a titolo di canone locatizio.
Il tribunale, con sentenza non def‌initiva, rigettò la
domanda principale disponendo, con separata ordinanza,
la prosecuzione del giudizio con riferimento alla domanda
riconvenzionale.
Avverso la sentenza propose appello l’ A..
La Corte d’Appello, con sentenza del 12 ottobre 2007, lo
accolse ed “In riforma dell’impugnata sentenza, in accogli-
mento della domanda proposta dalla A., dichiara cessato
alla data del 31 dicembre 2004 il contratto di locazione
inter partes”, condannando la V. al rilascio dell’immobile.
Quest’ultima ha proposto ricorso per cassazione aff‌ida-
to ad un motivo.
Resiste con controricorso A.P..
Le parti hanno anche presentato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è stato proposto per impugnare una sentenza
pubblicata una volta entrato in vigore il D.L.vo 15 febbraio
2006, n. 40, recante modif‌iche al codice di procedura civile
in materia di ricorso per cassazione; con l’applicazione,
quindi, delle disposizioni dettate nello stesso decreto al
Capo 1. Secondo l’art. 366-bis c.p.c. - introdotto dall’art. 6
del decreto - i motivi di ricorso debbono essere formula-
ti, a pena di inammissibilità, nel modo lì descritto ed, in
particolare, nei casi previsti dall’art. 360, nn. 1), 2), 3) e
4, l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere con
la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel caso
previsto dall’art. 360, comma 1, n. 5), l’illustrazione di cia-
scun motivo deve contenere la chiara indicazione del fatto
controverso in relazione al quale la motivazione si assume
omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la
dedotta insuff‌icienza della motivazione la rende inidonea
a giustif‌icare la decisione.
Segnatamente, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5,
l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di
inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controver-
so in relazione al quale la motivazione si assume omessa
o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta
insuff‌icienza della motivazione la renda inidonea a giusti-
f‌icare la decisione; e la relativa censura deve contenere un
momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che
ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non
ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso
e di valutazione della sua ammissibilità (sez. un. 1 ottobre
2007 n. 20603; Cass. 18 luglio 2007 n. 16002).
Il quesito, al quale si chiede che la Corte di cassazione
risponda con l’enunciazione di un corrispondente princi-
pio di diritto che risolva il caso in esame, poi, deve essere
formulato, sia per il vizio di motivazione, sia per la viola-
zione di norme di diritto, in modo tale da collegare il vizio
denunciato alla fattispecie concreta (v. sez. un. 11 marzo
2008 n. 6420 che ha statuito l’inammissibilità - a norma
dell’art. 366 bis c.p.c. - del motivo di ricorso per cassazione
il cui quesito di diritto si risolva in un’enunciazione di
carattere generale ed astratto, priva di qualunque indica-
zione sul tipo della controversia e sulla sua riconducibilità
alla fattispecie in esame, tale da non consentire alcuna
risposta utile a def‌inire la causa nel senso voluto dal ri-
corrente, non potendosi desumere il quesito dal contenuto
del motivo od integrare il primo con il secondo, pena la
sostanziale abrogazione del suddetto articolo).
La funzione propria del quesito di diritto - quindi - è
quella di far comprendere alla Corte di legittimità, dalla
lettura del solo quesito, inteso come sintesi logico-giu-
ridica della questione, l’errore di diritto asseritamente
compiuto dal giudice di merito e quale sia, secondo la
prospettazione del ricorrente, la regola da applicare (da
ultimo Cass.7 aprile 2009 n. 8463; v, anche sez. un. ord. 27
marzo 2009 n. 7433).
Inoltre, l’art. 366 bis c.p.c., nel prescrivere le modalità
di formulazione dei motivi del ricorso in cassazione, com-
porta -ai f‌ini della declaratoria di inammissibilità del ricor-
so stesso -, una diversa valutazione, da parte del giudice
di legittimità, a seconda che si sia in presenza dei motivi
previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, ovvero
del motivo previsto dal n. 5 della stessa disposizione.
Nel primo caso ciascuna censura - come già detto -
deve, all’esito della sua illustrazione, tradursi in un quesito
di diritto, la cui enunciazione (e formalità espressiva) va

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