La Cassazione

AutoreMassimiliano di Pirro
Pagine281-302

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@1 I compiti della Cassazione

La Corte di Cassazione è l’organo supremo della giustizia, che (art. 65, r.d. 30-1-1941, n. 12):

- assicura l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, l’unità del diritto oggettivo nazionale (cd. funzione di nomofilachia); le decisioni della Cassazione costituiscono dei precedenti che, pur senza essere vincolanti per i giudici che si trovassero a dover risolvere le medesime questioni di diritto, finiscono in pratica con l’orientarli nel senso delle decisioni della Cassazione, per l’autorità del giudice dal quale promanano, ed anche in considerazione del fatto che proprio a quel giudice la questione potrebbe in definitiva essere nuovamente sottoposta (Mandrioli);

- assicura il rispetto dei limiti delle diverse giurisdizioni;

- regola i conflitti di competenza e di attribuzioni;

- adempie gli altri compiti ad essa conferiti dalla legge.

La Corte di Cassazione ha sede in Roma ed ha giurisdizione su tutto il territorio della Repubblica e su ogni altro territorio soggetto alla sovranità dello Stato.

Il giudizio di impugnazione che si svolge davanti alla Corte è una fase del processo di cognizione e ha ad oggetto la revisione della sentenza per motivi legati alla regolarità formale del processo ed alle questioni di diritto proposte dalle parti.

Si tratta, in particolare, di un giudizio essenzialmente di diritto - volto a verificare la puntuale applicazione della legge nel corso del giudizio di merito ed a renderlo immune da errori commessi nel suo svolgimento (errores in procedendo) o nell’applicazione delle norme di diritto sostanziale (errores in iudicando) - e di un’impugnazione ordinaria, poiché la sua proposizione impedisce il passaggio in giudicato della sentenza.

In Cassazione si possono far valere soltanto i motivi espressamente previsti dall’art. 360 c.p.c., per cui si tratta di un giudizio a critica vincolata.

Ciò precisato in termini generali, occorre aggiungere che la L. n. 80/2005 aveva delegato il Governo ad adottare un decreto legislativo recante modificazioni al codice di procedura civile in materia, tra l’altro, di ricorso per

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Cassazione, nel rispetto ed in coerenza con la normativa comunitaria e in conformità ai principi e ai criteri direttivi previsti dalla stessa legge delega. In attuazione della suddetta delega è stato emanato il D.lgs. n. 40/2006, del quale si darà conto nel prosieguo della trattazione. La nuova disciplina si applica ai ricorsi per cassazione proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore del citato decreto.

@2 Sentenze impugnabili in Cassazione

Sono impugnabili in Cassazione:

- le sentenze pronunciate in grado di appello dal tribunale (in caso di appello avverso una sentenza del giudice di pace) o dalla Corte d’appello (in caso di appello contro una sentenza del tribunale);

- le sentenze pronunciate in unico grado dal giudice ordinario, ossia quelle nei cui confronti non è ammesso l’appello per la particolare struttura del giudizio (es.: sentenze che definiscono il giudizio di delibazione delle sentenze straniere) o perché l’appello è escluso per legge (Mandrioli). Tra le sentenze in unico grado vanno incluse le sentenze pronunciate secondo equità su richiesta delle parti (art. 114 c.p.c.);

- le sentenze appellabili del tribunale, se le parti sono d’accordo per omettere l’appello (art. 360, 2° comma, c.p.c.). Si tratta del cd. ricorso per saltum (o omisso medio), la cui previsione risponde a ragioni di economia processuale con riferimento alle cause consistenti in pure questioni di diritto, che come tali possono giustificare l’immediato controllo da parte della Cassazione e rendere superfluo l’esperimento dell’appello. L’art. 360, 2° comma, c.p.c. stabilisce che il ricorso per saltum può essere proposto soltanto per violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro. Tuttavia, dottrina e giurisprudenza ritengono che possa essere proposto anche per i motivi di cui ai nn. 1, 2 e 4 dello stesso art. 360 c.p.c.

L’accordo per omettere l’appello deve essere stipulato personalmente dalle parti (o dai loro difensori muniti di procura speciale), dopo la pronuncia di primo grado e prima della scadenza del termine per proporre appello. Raggiunto l’accordo tra le parti, il ricorso deve essere proposto, secondo una prima tesi, nel termine di trenta giorni dalla notificazione della sentenza (art. 325, 1° comma, c.p.c.), mentre secondo altri deve essere proposto nel termine di sessanta giorni (art. 325, 2° comma, c.p.c.).

Il ricorso per saltum può essere proposto anche contro le sentenze pronunciate dal giudice di pace in controversie di valore superiore a ? 1.032, 91 (Frus).

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@3 Il ricorso straordinario

L’art. 111, 7° comma, Cost., stabilisce che contro le sentenze pronunciate dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali è sempre ammesso ricorso in Cassazione per violazione di legge.

Si tratta del cd. ricorso straordinario, ammesso contro le sentenze e, più in generale, contro ogni provvedimento, emesso anche in forma diversa dalla sentenza, che abbia il carattere della decisorietà (idoneità a produrre effetti nei confronti delle parti) e della definitività (mancanza di rimedi idonei a consentire il riesame del provvedimento).

Ad esempio, possono essere impugnati con il ricorso straordinario il decreto con cui la Corte d’appello provvede sul reclamo delle parti alla revisione dell’assegno di divorzio, il provvedimento con cui in appello viene confermata la dichiarazione di decadenza dei genitori dalla potestà sui figli a norma dell’art. 330 c.c., l’ordinanza con cui il tribunale o la Corte d’appello decide sul reclamo contro il decreto di liquidazione dei compensi spettanti ai periti, ai consulenti tecnici, interpreti o traduttori che hanno svolto lavori su richiesta della autorità giudiziaria etc.

Le sentenze pronunciate dal giudice di pace secondo equità ai sensi dell’art. 113, 2° comma, c.p.c. sono ricorribili in cassazione per violazione delle norme processuali, delle norme della Costituzione e di quelle comunitarie, nonché per violazione dei principi informatori della materia e per nullità attinente alla motivazione, che sia assolutamente mancante o apparente, o fondata su affermazioni in radicale e insanabile contraddittorietà (Cass. n. 7581/2007).

La "violazione di legge" che consente di proporre il rimedio in esame consiste nella presenza di uno dei motivi di ricorso per cassazione indicati dall’art. 360 c.p.c., ad eccezione dei vizi di motivazione del provvedimento (art. 360, n. 5, c.p.c.), a meno che la motivazione sia del tutto inesistente o palesemente illogica per l’assenza di un ragionamento idoneo a manifestare il fondamento della decisione (Cass. S.U. n. 5888/1992).

@4 I motivi del ricorso

Ai sensi dell’art. 360 c.p.c., il ricorso in Cassazione può essere proposto per i seguenti motivi:

- motivi attinenti alla giurisdizione (error in procedendo), che ricorrono ogni volta che il giudice si è occupato di questioni riservate alla giurisdizione di un giudice diverso (ad esempio, il giudice ordinario decide una causa

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sulla quale si sarebbe dovuto pronunciare il giudice amministrativo) o ad un diverso potere dello Stato (ad esempio, la pubblica amministrazione), oppure ha ritenuto, sbagliando, di non poter decidere la questione perché sprovvisto di giurisdizione, o ha violato le norme sulla giurisdizione nei confronti dello straniero. Il ricorso per motivi attinenti alla giurisdizione non può essere proposto se la Cassazione si è già pronunciata sulla questione relativa alla giurisdizione in sede di regolamento di giurisdizione o quando sulla questione si è già pronunciato il giudice di merito con sentenza passata in giudicato;

- violazione delle norme sulla competenza (error in procedendo), quando non è prescritto il regolamento di competenza. Può proporsi, quindi, ricorso in Cassazione quando il giudice di merito si è pronunciato sul merito e sulla competenza, con conseguente possibilità di impugnare la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c. o, in alternativa, di proporre regolamento facoltativo di competenza; invece, se il giudice si è pronunciato soltanto sulla competenza, l’unico rimedio utilizzabile è il regolamento necessario di competenza ex art. 42 c.p.c.;

- violazione o falsa applicazione di norme di diritto (error in iudicando): tale motivo ricorre, in genere, quando il giudice fallisce nell’individuare o nell’interpretare la norma applicabile al caso concreto, o quando applica una norma giuridica ad un caso da essa non regolato. Affinché la sentenza impugnata possa essere annullata dalla Cassazione, occorre che l’errore abbia influito sulla decisione; in caso contrario, la Cassazione si limiterà a correggere la motivazione della sentenza impugnata;

Il ricorrente, nel denunciare la violazione o falsa applicazione della legge, deve indicare in modo specifico le parti della sentenza impugnata contrastanti con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza o dalla prevalente dottrina, altrimenti il ricorso deve ritenersi inammissibile (Cass. n. 1317/2004).

- violazione o falsa applicazione dei contratti e degli accordi collettivi nazionali di lavoro; questo motivo di ricorso è stato inserito dal D.lgs. n. 40/2006, e "mira a sostituire al contenzioso diffuso e particolare che affligge la materia dell’interpretazione dei contratti collettivi la possibilità della soluzione una tantum, autorevole e tendenzialmente estintiva delle ragioni stesse del contendere" (Sassani);

- nullità della sentenza o del procedimento (error in procedendo), che ricorre sia in caso di violazione delle norme che regolano la sentenza come atto (artt. 132 e 161 c.p.c.) e la costituzione del giudice (art. 158 c.p.c.), sia in caso di "nullità derivate" della sentenza, causate dalla nullità degli atti

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