Capitolo dodicesimo. Informatica e storia del diritto

AutoreNicola Palazzolo
Pagine429-452

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@1. L'informatica e la ricerca storico-giuridica

Il campo della Storia del diritto non solo non è rimasto indietro rispetto agli altri settori del diritto, ma anzi oggi è riconosciuto pacificamente che le applicazioni storico-giuridiche dell'informatica hanno conquistato il mondo degli studiosi in misura ben maggiore di quanto non sia avvenuto per le altre discipline giuridiche.

La svolta - anche questo è pacifico - risale al 1988, a quel congresso internazionale del CED della Corte di Cassazione1, nel quale una provvida intuizione degli organizzatori fece sì che un'intera sessione venisse dedicata alla storia e alla filosofia del diritto: il che diede modo di constatare che esisteva tutto un mondo sommerso di storici del diritto che da tempo sperimentavano nel chiuso dei loro istituti, e spesso con mezzi di fortuna, strumenti ausiliari per la ricerca tendenti a sostituire quelli aurei risalenti ai Maestri del secolo scorso, che non si era più in grado di aggiornare con sistemi manuali perché l'impresa avrebbe scoraggiato chiunque vi si fosse cimentato. Ci si rese conto, dal confronto tra le diverse esperienze, che - se non tutto - molte cose era possibile realizzare, e che specialmente le particolari caratteristiche della scienza storico-giuridica rendevano appetibile cimentarsi in un'impresa informatica.

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Se noi confrontiamo gli atti del Congresso di Roma del 1988 con ciò che è rimasto, ci accorgiamo che molte di quelle ricerche, molti di quei prototipi che venivano presentati con entusiasmo da neofiti, sono stati abbandonati, ma che nel complesso i prodotti che si sono affermati sono diventati di uso comune per la comunità scientifica molto più di quanto non sia accaduto per le altre discipline giuridiche.

Mi sembra perciò che, a distanza di poco più di dieci anni da quella prima occasione di confronto, una panoramica delle diverse esperienze2, unita ad una riflessione critica sulle prospettive, si riveli estremamente utile.

Lo storico del diritto che si avvicina all'informatica non trova certo un terreno vergine. Al contrario egli può far tesoro di tutte le esperienze maturate sia nel campo dell'informatica giuridica, sia in quella dell'informatica letteraria. Si tratta, nell'uno e nell'altro caso, di esperienze che hanno mostrato come sia possibile gestire una enorme quantità di dati non numerici ed analizzarli nel loro contenuto semantico.

Si può dire, in generale, che l'informatica storico-giuridica ha in comune con l'informatica giuridica tutto ciò che riguarda la raccolta, l'elaborazione, la ricerca e la diffusione dell'informazione giuridica3, ha in comune con l'informatica letteraria tutto ciò che riguarda l'analisi dei testi4.

Abbiamo però, in aggiunta, alcuni problemi propri delle discipline storiche. Ne citiamo solo due tra i più importanti: quello dell'autenticità delle fonti, o meglio dell'esatta collocazione temporale di una fonte, che è preliminare a qualunque problema di "pertinenza" della documentazione da raccogliere, e quello del valore semantico dei concetti utilizzati, che è diverso da un'epoca ad un'altra, e che condiziona l'altro aspetto, essenziale nella costruzione di una banca dati, quello della "univocità" delle chiavi di accesso.Page 431 Sono queste le pre-condizioni metodologiche a cui lo storico del diritto deve dare risposta prima ancora di intraprendere un'impresa informatica. È, però, anche vero, all'inverso, che molti dei problemi metodologici che travagliano gli storici del diritto potrebbero, con l'aiuto dell'informatica, se non trovare una soluzione, essere meglio messi a fuoco, ed apparire, nelle loro dimensioni reali, quali problemi meramente pratici (e perciò superabili), anziché quali problemi teorici, che implichino una diversa visione della disciplina.

@2. Le applicazioni documentarie: delimitazione dell'ambito della documentazione pertinente

La ricerca storico-giuridica si sviluppa intorno a due fondi documentari di genere assai diverso: il fondo relativo alla bibliografia e quello relativo alle fonti. Il primo è un fondo in continuo accrescimento e talora di difficile reperimento, data l'interdisciplinarietà degli studi e, inoltre, è quasi sempre (lo è comunque nelle realizzazioni esistenti) un fondo che contiene soltanto riferimenti secondari: contiene cioè l'indicazione degli estremi del documento, ma non il documento stesso. L'altro è un fondo che può essere anch'esso di riferimento (indici, vocabolari, ecc.), ma può invece vedere la fonte come oggetto di autonoma indagine storico-giuridica e per altro verso di autonoma elaborazione informatica.

L'uno e l'altro dei due fondi documentari possono essere oggetto di trattamento elettronico. Anche qui tuttavia occorre prima affrontare qualche problema metodologico di carattere generale.

Il primo problema che si pone allo storico del diritto che voglia costituire un archivio informatico bibliografico o testuale, è quello della delimitazione dell'ambito della documentazione pertinente.

Se questo, com'è ovvio, è un problema per tutte le discipline, lo è ancor di più per una disciplina come la Storia del diritto che, proprio per le sue ramificazioni in scienze che fino a poco tempo fa erano ritenute marginali, rischia di cadere nell'estremo opposto, vale a dire di far ritenere pertinente tutto ciò che - magari attraverso legami sempre più indiretti - può ritenersi connesso con l'oggetto specifico della disciplina, con la conseguenza che, proprio perché troppo ricco, l'archivio produca solo "rumore" e sia in definitiva poco utilizzabile.

Nel tentare di rispondere a questo problema lo storico del diritto viene condotto immediatamente davanti ad uno dei nodi metodologici più importanti, quello del significato della stessa espressione "storia del diritto".

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Qui, com'è ben noto agli specialisti5, vi sono più alternative possibili. Si può ritenere - come è stato ritenuto e come è ancora una posizione largamente dominante - che storia del diritto sia anzitutto la storia delle norme e degli istituti giuridici afferenti all'esperienza di una determinata epoca e di una determinata società: in questo caso si vedrà subito che è illusorio pensare di limitare le informazioni pertinenti alle fonti cosiddette giuridiche o alle interpretazioni che di queste si occupano, e che in definitiva "la comprensione storica degli elementi di fatto, del loro rilievo, quantitativo e qualitativo, nell'ambito della vita di relazione, sarà realizzabile solo immergendoli in quella realtà sociale, alla cui comprensione soccorre, il più spesso, proprio quella documentazione che attiene alla cosiddetta cultura materiale".

E, d'altra parte, se la storia del diritto si allarga a ricomprendere la storia del pensiero giurisprudenziale dal punto di vista non tanto dei contenuti giuridici in senso stretto, ma delle forme logico-argomentative degli strumenti metodologici utilizzati, dei generi letterari, il quadro della documentazione pertinente tenderà ad ampliarsi alle fonti retoriche, dialettiche, grammaticali e alle interpretazioni moderne ad esse relative.

Se infine la storia del diritto venisse intesa tout-court come rappresentazione storica sub specie iuris della società globalmente intesa, in cui operano forze economiche, politiche, religiose, artistiche, culturali, allora nessun documento storico e nessuna interpretazione moderna può essere esclusa dall'indagine.

Come si vede, ciascuna di queste tre opzioni, tutte e tre presenti nel dibattito metodologico tra gli storici del diritto, richiede un apparato bibliografico e testuale profondamente diverso nei tre casi. Se volessimo andare a vedere come è composta la biblioteca privata di ciascuno degli studiosi di storia del diritto, ci accorgeremmo subito di come queste tre opzioni siano decisamente espresse nella scelta che ognuno di loro ha fatto delle fonti e della letteratura.

Ed allora, quale l'opzione che reggerà le scelte operative di chi voglia costruire una base di dati storico-giuridici? Potrebbe sembrare ovvio che la scelta da seguire sia la più ampia, quella che ricomprende in sé le altre due. Ma detta così la cosa potrebbe - come in effetti avviene - lasciare freddi co-Page 433loro che invece propugnano una scelta più limitata e che, trovandosi davanti ad una miriade di fonti e letteratura genericamente pertinenti alle scienze dell'Antichità o del Medio Evo, o dell'Età Moderna, potrebbero decidere di lasciar perdere e di affidarsi ai consueti strumenti, più intuitivi che razionali, che da sempre hanno guidato lo storico.

Se questo è vero per gli strumenti cartacei tradizionali, lo è molto meno per lo strumento informatico. Qui possiamo davvero dire che il salto di qualità è possibile. La vera novità per chi fa ricerca storico-giuridica (ma ovviamente ciò vale anche per tutti i cultori di discipline storiche e anche per gli altri) è quella di poter selezionare da una base amplissima solo ciò che effettivamente serve. Per far ciò, non occorre una conoscenza approfondita di ciascuna delle discipline collaterali, che consenta di "fiutare" dove può essere la fonte o l'articolo pertinente. È la macchina che, attraverso opportuni referenti (descrittori, codici di classificazione, thesauri, ricerca testuale sulle parole dei titoli o degli abstract), perviene a risultati che con i criteri tradizionali non sarebbero concepibili.

Si tratta, pertanto, di una rivoluzione metodologica nel campo degli studi storici. Quei compartimenti stagni che la carta stampata aveva prodotto, creando le discipline fra i lettori di un certo circuito librario, oggi scompaiono, perché tutto è conoscibile da tutti e i lettori si aggregano sulla base di interessi specifici e non di astratti confini disciplinari.

@3. Gli archivi bibliografici storico-giuridici

Le applicazioni documentarie di tipo bibliografico sono, come in tutte le discipline, le prime, perché sono quelle la cui utilità viene immediatamente percepita. E non è detto neppure che si tratti di realizzazioni concepite...

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