Brevi note in tema di contraffazione di opere d'arte

AutoreGloria Gatti
Pagine84-85
198
giur
2/2019 Rivista penale
MERITO
17 novembre 2003 per compensi giudiziali e stragiudiziali,
non pagata; di 18360,00 per consulenza del 23 marzo 2004,
che risulta pagata; di 12.240 euro del 17 dicembre 2004
per prestazione professionale stragiudiziale non pagata,
nonché altri documenti relativi ad attività professionale
svolta successivamente alla prima cessione delle opere in
sequestro. L’intento appropriativo dell’imputato peraltro
emerge chiaramente anche dalla condotta dell’imputato
successiva alla consegna dei quadri al G., considerato che,
come emerso nel corso dell’istruttoria, egli si preoccupò
addirittura di consegnare il catalogo degli amici di P.M.,
nel chiaro intento di tranquillizzare il cliente in merito
all’autenticità delle opere, e per poter godere indisturbato
delle somme di denaro ottenute dalla vendita a distanza di
molti anni dalla appropriazione indebita. Peraltro, risulta
pienamente integrata la contestata aggravante, oltre che
della rilevante entità del danno patrimoniale arrecato, di
cui all’art. 61 n. 11 c.p., poiché è evidente che l’imputato
ha approf‌ittato della f‌iducia in lui riposta dallo S. e dalla
sua famiglia, persone offese in considerazione del rappor-
to professionale in corso. Come riferito dalla teste D. in
udienza, infatti, fu il P. a suggerire che era opportuno che
le opere fossero occultate; e fu sempre il P. ad assicura-
re i luoghi appartati da utilizzare per tale occultamento,
presso i depositi dispersi nella provincia bresciana, ove
era opportuno per la famiglia S. non andare. È evidente,
dunque, che il P. abbia approf‌ittato, per realizzare la con-
dotta appropriativa, del rapporto professionale con lo S.,
nonché nella f‌iducia di quest’ultimo per le competenze del
proprio avvocato. Per quanto riguarda gli aspetti sanzio-
natori, all’imputato, gravato da plurimi precedenti penali,
non possono essere riconosciute le circostanze attenuanti
generiche di cui all’art, 62 bis c.p. Quanto alla determi-
nazione della pena, tenendo contro dei criteri tutti di cui
all’art. 133 c.p., la sanzione può essere determinata in anni
uno e mesi sei di reclusione ed euro 900 di multa, conside-
rato che la gravità del fatto (appropriazione di beni di rile-
vante valore economico) e la penalità dell’imputato (che
non ha esitato ad approf‌ittare della propria professione e
della condizione di fragilità delle persone offese, colpite
da un gravissimo lutto subito in circostanze drammatiche)
non consentono di contenere la pena nel minimo edittale.
Non sussistono, dati i precedenti, i presupposti per la
concessione della sospensione condizionale della pena e
della non menzione.
Segue per legge la condanna alle spese processuali.
La pronuncia di condanna per il reato di cui al capo D),
nei confronti dell’imputato comporta la necessità di esa-
minare la domanda delle parti civili L.D., C.S. e E.S., po-
sto che è inibita per le domande della parte civile J.G.G.,
dall’assoluzione per i reati contestati ai capi A), B) e C).
L.D., C.S. e E.S. hanno chiesto la condanna al risarci-
mento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti a
causa dei fatti sopra menzionati, ed in particolare:
– con riferimento ai danni patrimoniali, la restituzione
delle opere in sequestro presso la Fondazione M.;
– con riferimento ai danni morali, la somma di euro
50 mila.
Ritiene il Tribunale che non possa essere operata in
questa sede, né la restituzione di quanto in sequestro, non
essendo cessate le esigenze probatorie, né la determina-
zione del danno arrecato richiesto dalla difesa di parte
civile, operazione quest’ultima di notevole complessità,
atteso che presuppone la verif‌ica dell’autenticità delle
opere; le relative questioni vanno conseguentemente
rimessa al giudice civile, non potendosi neppure proce-
dere, in assenza di specif‌ica istanza, all’assegnazione di
una provvisionale. L’imputato va altresì condannato alla
rifusione delle spese processuali sostenute dalle suddette
parti civili, che si quantif‌icano in complessivi 5.000,00 ol-
tre IVA e CPA. Considerato il carico di lavoro assegnato a
questo giudice si f‌issa in 90 giorni il termine per il deposito
della motivazione della presente sentenza. (Omissis)
BREVI NOTE IN TEMA
DI CONTRAFFAZIONE
DI OPERE D’ARTE
di Gloria Gatti
Il Tribunale Penale di Milano ha ceduto al fascino
del falsario, benché l’imputato non avesse la maestria di
Han van Meegeren (1) e neppure la simpatia partenopea
dell’operaio disoccupato (2) che ha “capito e amato” l’arte
contemporanea falsif‌icando, proprio, le “micchette” di M..
Nella sentenza che qui brevemente si annota, P.C., era
stato l’avvocato di un noto gallerista milanese, di cui dete-
neva delle opere, ed era stato rinviato a giudizio per i reati
di ricettazione (648 c.p.) e truffa (640 c.p.), nonché per il
reato previsto e punito dall’art. 178, comma 1, lettera b),
del D.L.vo 42/2004 (Codice dei Beni Culturali), per aver
posto in commercio, come autentiche, 7 opere asserita-
mente contraffatte della serie “A.”, dell’artista P.M..
Senza disporre una perizia d’uff‌icio, nel contrasto tra la
parte civile, Fondazione Archivio Opera P.M., che ne aveva
rif‌iutato l’archiviazione, e il perito di parte dell’imputato
che, viceversa, ne aveva sostenuta l’autenticità, il Tribunale
Penale di Milano ha ritenuto che non fosse «possibile addive-
nire ad un giudizio di sicura falsità delle tele di cui è proces-
so, attesa l’estrema soggettività dei criteri utilizzati dai due
esperti, che si basano sostanzialmente nella valutazione sog-
gettiva ed artistica ai f‌ini della decisione circa la genuinità
delle opere» e ha assolto l’imputato con formula dubitativa.
La decisione in parola suscita non poche perplessità e
impone una doverosa rif‌lessione sul pericoloso precedente

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