Brevi note in tema di aggravante dell'esposizione alla pubblica fede

AutoreRaffaella Monaldi
Pagine440-441
440
giur
5/2017 Arch. giur. circ. e sin. strad.
MERITO
BREVI NOTE IN TEMA
DI AGGRAVANTE
DELL’ESPOSIZIONE
ALLA PUBBLICA FEDE
di Raffaella Monaldi (*)
La sentenza annotata offre lo spunto per una disa-
mina dei più recenti approdi giurisprudenziali sul tema
della conf‌igurabilità dell’aggravante dell’esposizione alla
pubblica fede, aggravante insidiosa che accede in modo
quasi automatico nelle fattispecie di furto (come quelli
della merce esposta all’interno dei supermercati), e, non
di rado, in quelle di danneggiamento, come accaduto nel
caso di specie.
In detta ultima ipotesi la ritenuta sussistenza della
stessa preclude l’applicazione del D.L.vo 7/2016 che ha
abrogato la fattispecie di reato di danneggiamento cosid-
detto semplice, limitando la rilevanza penale alle condot-
te descritte nel novellato art. 635 c.p. (in dottrina, si veda
F. BARTOLINI, Le nuove depenalizzazioni e le sanzioni
pecuniarie civili, Tribuna Dossier, ed. La Tribuna -N.d.R.)
La vicenda in esame vedeva contrapposte due condot-
te, parimenti, a parere dello scrivente, tanto frequenti
quanto odiose: quella di lasciare un’autovettura in sosta
sulle strisce pedonali e quella di danneggiare la stessa me-
diante rigatura dello sportello.
Inutile dire che solo la seconda può rivestire rilevanza
penale!
Il capo di imputazione contestava all’imputato il dan-
neggiamento aggravato ai sensi dell’art. 635 comma 2 n. 3
in relazione all’art. 625 n. 7 c.p.. per aver rigato un’autovet-
tura parcheggiata. Il fatto, aggravato dall’esposizione alla
pubblica fede, non era meglio descritto, tanto da sollevare
dubbi sulla sua determinatezza.
Come noto, infatti, la giurisprudenza di legittimità ha
affermato che “ai f‌ini della contestazione dell’accusa, ciò
che rileva è la compiuta descrizione del fatto, non l’indica-
zione degli articoli che si assumono violati” (SS.UU., n. 18
del 21 giugno 2000, ric. Franzo ed altri).
Ciò premesso, le ragioni della tutela dell’esposizione
alla pubblica fede vanno ricercate nell’aff‌idamento della
cosa al senso di onestà del pubblico (cfr. Cass. pen. II, n.
12302/17, udienza del 3 febbraio 2017).
È stato affermato che “la ratio della maggior tutela alle
cose esposte alla pubblica fede per necessità o per con-
suetudine o per destinazione, è stata ricercata e vista nel
fatto che esse sono prive della custodia da parte del pro-
prietario, sicché la proprietà o anche il mero possesso di
esse ha come presidio soltanto il senso del rispetto da par-
te di terzi” (Cass. pen. IV 12196/17, ud. 11 gennaio 2017,
dep. 14 marzo 2017).
Nell’affermare il citato principio la Corte ha però esclu-
so un automatismo nella conf‌igurabilità dell’aggravante
dell’esposizione alla pubblica fede in un caso di furto di
un’autovettura lasciata in sosta dal proprietario sulla pub-
blica via per il tempo strettamente necessario ad entrare
in tabaccheria.
In detto caso la Corte muovendo dall’interpretazione
giurisprudenziale secondo cui la necessità della esposizio-
ne deve essere intesa non in senso assoluto- come impos-
sibilita? della custodia da parte del titolare bene- bensì
relativo, cioè in rapporto alle particolari circostanze che
possono indurre il soggetto a lasciare le proprie cose in-
custodite (Sez. IV, sent. n. 45488 dell’8 luglio 2008, Rv.
241988), in contrapposizione agli opposti concetti di co-
modità e di trascuratezza nella vigilanza, ha precisato che
spetta al Giudice di merito la valutazione del comporta-
mento in concreto adottato dal soggetto passivo in rappor-
to al detto concetto di necessità.
Detto concetto andrà distinto, in quanto antinomico,
da quello di comodità o di trascuratezza nella custodia
delle proprie cose (cfr. Cass. pen. 12196/17 citata).
Solo nel caso di aff‌idamento necessario potrà ravvisarsi
l’aggravante.
Parimenti è stato affermato che restano prive di tutela
aggravata quelle cose soggette ad una vigilanza continua,
anche se, per onore del vero, il principio non sembra esse-
re così pacif‌ico.
Vi è da segnalare un contrasto sull’interpretazione del
concetto di vigilanza continua con riferimento alle “plac-
che antitaccheggio”.
Con sentenza n. 11082/17, la quinta sezione della Su-
prema Corte dà, infatti atto di due opposti orientamenti
formatisi all’interno della stessa sezione in tema di rav-
visabilità della circostanza aggravante nei casi di merce
dotata di placche antitaccheggio.
Scrive la Corte “in effetti, a fronte di un orientamento
di legittimità largamente maggioritario (Sez. V, n. 4036
del 26 novembre 2015 - dep. 29 gennaio 2016, Craciun,
Rv. 267564; Sez. V, n. 435 del 30 giugno 2015 - dep. 8 gen-
naio 2016, Rv. 265586; Sez. V, n. 47570 del 23 settembre
2015 - dep. 1 dicembre 2015, Altazul, Rv. 265913; Sez. V, n.
8390 del 2 ottobre 2013 - dep. 21 febbraio 2014, Zunnmo,
Rv. 259047; Sez. V, n. 24862 del 25 febbraio 2011 - dep. 21
giugno 2011, Leopoldo, Rv. 250914) che ritiene integrato
il reato di furto aggravato dall’esposizione della cosa alla
pubblica fede in caso di sottrazione di merce all’interno
di un esercizio commerciale, anche nel caso in cui - come
quello scrutinato - i beni esposti siano dotati di placca an-
titaccheggio, in quanto tale dispositivo, consistendo nella
mera rilevazione acustica della merce occultata al pas-
saggio alle casse, non consente quel controllo a distanza
che esclude l’esposizione della merce alla pubblica fede, si

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