Brevi considerazioni in tema di danno esistenziale

AutoreMarco Riponi/Alessandro Lovato
Pagine899-901

Page 899

Le sentenze che si annotano offrono lo spunto per alcune considerazioni in merito al «danno esistenziale» ed al concreto incidere di tale categoria di danno sull'entità dei risarcimenti.

È noto infatti che il riferimento a tale categoria si è risolto, nella prassi giornaliera, nell'introduzione di un ulteriore addendo 1 a quelli che già componevano le richieste delle parti attrici.

Tale impostazione non pare sia condivisibile. Nemmeno alla luce delle sentenze della Corte di Cassazione nn. 8827 e 8828 del 31 maggio 2003.

Nel commentare le due decisioni annotate è ineludibile affrontare il «danno esistenziale» quale categoria senza, ovviamente, pretesa alcuna di esaustività data l'ampiezza e la complessità del tema.

Entrambe le sentenze, delle quali la seconda, estensore Montanari, è resa in sede di appello, negano alle parti attrici il risarcimento richiesto a titolo di «danno esistenziale» 2.

Tuttavia, mentre la prima, estensore Candidi Tommasi, giunge a tale decisione negando in radice la sussistenza della stessa «tipologia» di danno, la seconda, invece, nega «la configurabilità di un c.d. danno esistenziale genericamente individuato come rinuncia da parte del soggetto ad attività in precedenza esercitate».

Motivazioni quindi non del tutto coincidenti che si prestano però ad un esame congiunto.

È bene rammentare, prima di andare oltre, che le due sentenze riguardano richieste di risarcimento per danni fisici costituenti «micropermanenti» patiti dagli attori in seguito a comportamenti colposi dei convenuti.

Page 900

Il rilievo, si vedrà oltre, è rilevante vuoi al fine dei rapporti tra l'invocata e negata «tipologia» di danno ed il danno biologico, vuoi al fine di individuare quel discrimine che, una volta ammessa la categoria, argini fenomeni di applicazione esasperata ed ingiustificata.

Esigenza, quest'ultima, ben presente anche nell'elaborazione dottrinale che ha portato al «danno esistenziale», tanto è vero che si è affermato: «in realtà, tramite il risarcimento del danno esistenziale, non si tratta di attribuire rilievo risarcitorio a qualsiasi capriccio del danneggiato: la protezione aquiliana viene, infatti, attivata a fronte delle conseguenze dannose di carattere esistenziale derivanti da comportamenti qualificati come illeciti» 3.

La stessa Suprema Corte 4, pur argomentando con riguardo al danno non patrimoniale e non al «danno esistenziale», si è fatta portatrice, proprio nelle note sentenze del maggio dello scorso anno, dell'esigenza summenzionata, precisando che «è conclusivamente il caso di chiarire che la lettura costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c. va tendenzialmente riguardata non già come occasione di incremento generalizzato delle poste di danno (e mai come strumento di duplicazione degli stessi pregiudizi) ma soprattutto come mezzo per colmare le lacune, secondo l'interpretazione ora superata della norma citata nella tutela risarcitoria della persona che va ricondotta al sistema bipolare del danno patrimoniale e del danno non patrimoniale...».

Quest'ultimo deve essere il punto di partenza: l'opera di sistematizzazione compiuta nel maggio 2003 dalla Suprema Corte non è un'occasione di incremento dei risarcimenti intesa come una moltiplicazione delle «voci» di danno.

Per la verità, ed è questo il momento di chiarirlo, la Suprema Corte 5 non pare nemmeno sancire l'esistenza del «danno esistenziale», anzi ed il Tribunale di Bologna lo pone in evidenza, sembra quasi diffidare, in genere, degli aggettivi attribuiti al danno, tanto da affermare che «non sembra tuttavia proficuo ritagliare all'interno di tale generale categoria (quella del danno non patrimoniale n.d.r.) specifiche figure di danno etichettandole in vario modo».

Così il ragionamento della Corte sembra portare nella direzione opposta, nell'ambito di un risarcimento del danno che tende all'integralità, non vi è spazio per categorie «altre» rispetto a quelle del danno patrimoniale e non patrimoniale.

Quindi, sotto il profilo definitorio, i danni sono patrimoniali o non patrimoniali.

Le due categorie dovranno definire, «contenere», l'intero risarcimento.

È infatti venuta meno la stessa autonomia del danno biologico.

Nel sistema che si delinea a seguito dei richiamati interventi della Corte di legittimità, oggi, nell'insieme danno patrimoniale si trovano i riflessi patrimoniali/economici di danno, mentre, nell'insieme danno non patrimoniale, sono confluiti il danno biologico, il danno morale ed ogni altra ipotesi in cui sia leso «un valore inerente la persona».

Laddove tali valori (diritti) abbiano rango e tutela costituzionale, per la Suprema Corte risulta poi inoperante il limite della riserva di legge 6.

O meglio, la stessa struttura della Carta fondamentale e la sua preminenza nel sistema, consentirebbe una...

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT