L’ex presidente del brasile lula approva il parere dell’avvocatura generale e dice no all’estradizione di cesare battisti

AutoreFederico Piccichè
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1. breve premessa

Come è a tutti noto, la richiesta di estradizione di Cesare Battisti avanzata dall’Italia non ha avuto esito favorevole, avendo l’ex Presidente brasiliano Luis Inácio Lula da Silva, allo scadere del suo mandato, deciso di respingerla.

L’ex Presidente Lula ha rigettato la domanda di estradizione sulla base del parere, che è risultato essere determinante per la decisione finale, a lui reso dalla AGU (Advocacia-Geral da União).

Lo scopo di questo breve scritto è quello di analizzare il parere stilato dalla AGU,1 evidenziandone i punti nodali e più significativi, senza tralasciare in chiusura alcune riflessioni critiche.

2. Il parere n. AgU/Ag-17/2010

Sul piano dei meri fatti, l’Avvocatura del Brasile ha cura di precisare che il procedimento estradizionale a carico di Cesare Battisti iniziava il 21 febbraio 2007, quando perveniva dall’Ambasciata del nostro Paese una richiesta di arresto provvisorio del cittadino italiano, cui avrebbe fatto seguito formale domanda di estradizione.2

Con la richiesta, l’Ambasciata italiana dava notizia delle sentenze definitive di condanna all’ergastolo emesse contro Cesare Battisti per gli omicidi di Antonio Santoro, Lino Sabbadin, Andrea Campagna e Pierluigi Torregiani.

Il 18 marzo 2007 la Polizia Federale catturava a Rio de Janeiro Cesare Battisti e lo trasferiva in carcere. In seguito l’Ambasciata italiana avanzava formale domanda di estradizione,3 accompagnata da una minuziosa descrizione dei fatti criminosi attribuiti all’estradando. Sul piano strettamente giuridico, prima di passare alla disamina delle ragioni specifiche contrarie alla concessione dell’estradizione, l’Avvocatura Generale brasiliana chiarisce le regole fondamentali poste a base del funzionamento del procedimento di estradizione, ricordando che in Brasile tale procedura è di tipo misto, in quanto al Supremo Tribunale Federale compete solo la verifica della regolarità formale dell’intera procedura, al fine di autorizzare o meno l’estradizione, mentre al Presidente, che incarna la sovranità nazionale e accentra su di sé la titolarità dei rapporti in campo internazionale, compete la decisione finale di concedere effettivamente l’estradizione, in base a valutazioni di carattere soggettivo.4

Quanto alle argomentazioni che hanno portato l’Avvocatura brasiliana a suggerire la linea della non estradizione, il discorso si fa più complesso e si basa essenzialmente su una letterale interpretazione di alcuni parametri normativi presenti nel Trattato di estradizione stipulato il 17 ottobre 1989 tra l’Italia e il Brasile e in vigore dal 1° agosto 1993.

Principalmente l’Avvocatura si concentra sull’art. 3 del Trattato, che regola i casi in cui è possibile rifiutare l’estradizione.5

In particolare, la sua attenzione si focalizza sulla lettera f) di questo articolo in forza del quale l’estradizione non è concessa “se la Parte richiesta ha serie ragioni per ritenere che la persona richiesta verrà sottoposta ad atti persecutori o discriminatori … per motivi … di opinioni politiche o di condizioni personali o sociali, o che la situazione di detta persona rischia di essere aggravata da uno degli elementi suddetti”.

L’Avvocatura brasiliana sostiene che il caso Battisti presenti forti connotazioni politiche.

Le stesse sentenze di condanna emesse dall’Autorità giudiziaria italiana ricollegano i fatti delittuosi, imputati all’estradando, a un movimento sovversivo rivolto contro lo Stato.6

Le implicazioni politiche del caso si possono evincere, pure, dai numerosi giudizi, in parte provenienti dalle più alte cariche dello Stato italiano, di preoccupazione e di sdegno di fronte alla paventata eventualità di una non concessione dell’estradizione.7

Alla stregua di queste premesse, l’Avvocatura brasiliana non riesce a nascondere i suoi timori per il futuro di Battisti qualora fosse estradato in un paese che, palesemente, gli è ostile sul piano ideologico-politico.8

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L’Avvocatura ritiene che l’atteggiamento dell’Italia nei confronti dell’estradando sia nella sostanza prevenuto, anche tenendo conto che, sebbene in passato fosse stata negata l’estradizione a tre attivisti italiani, appartenenti alla militanza armata e uno dei quali accusato di reati contro la persona, nessuna voce di protesta si era levata dallo Stato italiano.9

Contro Battisti, invece, nonostante siano passati più di trent’anni dagli omicidi, il caso continua a tenere alta la dimensione tutta politica dell’intera vicenda, con una mobilitazione generale di protesta di vaste dimensioni.10

Secondo l’Avvocatura brasiliana questo clima esagitato presente attualmente in Italia, unitamente alla condizione personale dell’estradando, potrebbe esporre Cesare Battisti a situazioni per lui di estremo pericolo e dal futuro incerto.11

Sotto questo profilo, poi, l’Avvocatura mostra apprensione per il fatto che in Italia sia fortemente radicata l’idea, alimentata dalle numerose proteste di palazzo e di piazza che il caso ha provocato, che si debba fare giustizia, a favore delle vittime, a qualsiasi costo.

L’Avvocatura tiene a precisare che questa idea non integra un principio universalmente riconosciuto dalle procedure criminali contemporanee, che anzi tendono a fare della pena uno strumento tutto proteso verso la rieducazione e il reinserimento sociale del reo.12

Sempre sul piano di stretto diritto, l’Avvocatura ritiene che alla fattispecie sia applicabile, anche, la lett. b) dell’art. 5 del Trattato, in ossequio al quale l’estradizione non può essere concessa “se vi è fondato motivo di ritenere che la persona richiesta verrà sottoposta a pene o trattamenti che comunque configurano violazione dei diritti fondamentali”.13

L’ergastolo, unitamente ad un periodo di sei mesi di isolamento diurno, cui Battisti potrebbe andare incontro, una volta estradato, costituisce una palese violazione dei più elementari diritti della persona umana.

E anche previa commutazione della pena perpetua in una pena detentiva temporanea non superiore nel massimo a trent’anni, come imposto dal Tribunale Supremo Federale, Battisti si troverebbe esposto ad un trattamento contrastante con il diritto umanitario, avendo il cittadino in questione ora più di cinquant’anni, che sommati ai trenta ancora da scontare, lo costringerebbero a vivere in regime restrittivo fino all’età di ottant’anni.14

E questo, secondo l’autorevole parere dell’AGU, è inaccettabile.

3. Note critiche

Il parere dell’Avvocatura Generale brasiliana, sopra ripercorso nei tratti salienti, presta il fianco a diverse critiche.

L’AGU, sostanzialmente, poggia la sua tesi sulla lettera f) dell’art. 3 del Trattato, che esclude l’estradizione se vi sono serie ragioni per ritenere che l’estradando potrà essere sottoposto a trattamenti persecutori o discriminatori per motivi politici o legati alle proprie condizioni personali /o sociali, con il rischio di esporre il soggetto richiesto ad un peggioramento della propria situazione.

L’AGU ritiene che questa disposizione si adatti perfettamente al caso Battisti. Io penso, invece, che questo sia errato.

Sebbene la regola, richiamata dall’AGU, in sé sia giusta, essendo posta a difesa dell’estradando al fine di tenerlo lontano dal pericolo di attacchi personali, poco garantisti e irrispettosi dei diritti fondamentali...

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