Bonifica in situ di suoli con il Bioventing passivo

AutoreCarmine Massarelli - Annamaria Basile - Vito Felice Uricchio
Occupazione dell'autoreConsiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto di Ricerca Sulle Acque
Pagine75-90
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Bonifica in situ di suoli con il Bioventing passivo
Carmine Massarelli, Annamaria Basile, Vito Felice Uricchio
Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto di Ricerca Sulle Acque
SINTESI
La presente innovazione è finalizzata a gestire efficacemente interventi di bioventing pas-
sivo ottimizzando la conduzione delle operazioni di campo sulla scorta del monitoraggio di
parametri rilevati in situ e/o derivanti dal stazioni meteorologiche presenti nell’area.
Come noto, il bioventing passivo è la tecnica di bonifica biologica che, basandosi sulle dif-
ferenze di pressione tra l’atmosfera ed il soil-gas, permette all’aria, attraverso una valvola uni-
direzionale montata in testa ad un pozzo, di penetrare più in profondità nel sottosuolo incen-
tivando, così, un processo di biorimedio tramite la rivitalizzazione di microrganismi autoctoni.
A differenza della classica tecnica di bioventing in cui delle soffianti iniettano aria (o altri gas)
nel sottosuolo in maniera forzosa, questa tecnica punta ad utilizzare fenomeni naturalmente
presenti ed egualmente efficaci, ottenendo al contempo un risparmio economico.
I meccanismi base di questa tecnologia e che regolano l’entità del gradiente di pressione,
vera forza motrice, sono il tasso di variazione della pressione atmosferica, la profondità della
zona vadosa, la permeabilità al soil-gas e la porosità del sottosuolo [1].
Il bioventing passivo appartiene, dunque, a quelle tecnologie dotate di una forte connota-
zione eco-sostenibile, anche se a tutt’oggi non è ancora molto applicato. La presente innova-
zione, agendo sui meccanismi gestionali della pratica esecutiva dell’intervento, può determi-
nare un significativo incremento competitivo della tecnologia e quindi della sua diffusione.
PRINCIPALI OBIETTIVI
Il bioventing passivo, tecnologia di bonifica microbiologica, attuabile esclusivamente in
situ, sfrutta i naturali processi metabolici ad opera di batteri presenti nel suolo e nel sotto-
suolo; si differenzia dal bioventing tradizionale, o attivo, per il fatto che non si utilizzano delle
soffianti per forzare l’ingresso di aria.
In generale, il bioventing è ampliamente utilizzato per la bonifica di suoli contaminati da
composti di origine organica, nella fattispecie idrocarburi del petrolio [2] e, con opportuni
accorgimenti, di solventi non clorurati, alcuni pesticidi e conservanti del legno [3]. Si considera
idoneo per tutti i contaminanti biodegradabili più o meno adsorbiti alle particelle di suolo.
Tipicamente applicato per trattare la contaminazione della zona vadosa, è una tecnologia
ancora poco utilizzata, ma che può registrare un interessante sviluppo disponendo di dati me-
teo-climatici e di dati di monitoraggio acquisiti con specifici sensori.
Le innovazioni tecnologiche nel settore della caratterizzazione e bonica dei siti contaminati
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CAMPO DI APPLICAZIONE ED EFFICIENZA DELLA TECNOLOGIA
Il bioventing è tipicamente utilizzato per il trattamento dei suoli contaminati da composti
petroliferi, in particolare della frazione meno volatile delle benzine e dei gasoli; in linea di
massima si può far riferimento alle Figg. 1 e 2 per avere una visione d’insieme dei composti più
suscettibili a tale tecnica: per i composti con alta pressione di vapore bisogna intervenire con
una certa urgenza per evitarne la volatilizzazione prima della biodegradazione, mentre per i
composti con bassissima pressione di vapore, si dovrebbe implementare il bioventing con l’air
sparging e/o soil vapor extraction per ottenere anche uno strippaggio fisico dei contaminanti.
Figura 1. Suscettibilità dei contaminanti alla biodegradazione
con la tecnica del bioventing [4]

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