Ne bis in idem e spazio giuridico europeo

AutoreFederica Centorame
Pagine49-64
FEDERICA CENTORAME
NE BIS IN IDEM E
SPAZIO GIURIDICO EUROPEO
SOMMARIO: 1. Divieto di bis in idem internazionale: cronistoria di un principio ancora in fieri.
– 2. Il principio “made in Schengen”: tra coraggiose spinte in avanti e congenite disfun-
zioni. – 3. La “rivoluzione copernicana” della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione.
– 4. Ne bis in idem e mutuo riconoscimento: “effetti collaterali”.
1. Nel sistema delineato dal codice di procedura penale del 1988, il principio del
ne bis in idem1 riceve esplicito riconoscimento nell’art. 649, in forza del quale “l’im-
putato prosciolto o condannato con sentenza o decreto penale divenuti irrevocabili
non può essere di nuovo sottoposto a procedimento penale per il medesimo fatto”.
Attraverso una simile previsione, l’ordinamento mira a preservare il soggetto
coinvolto nella vicenda processuale dalla possibilità di una persecuzione penale
“teoricamente illimitata”2 e da un’espiazione sine die della pena ritenuta in sen-
tenza. In altri termini, nello stabilire una preclusione assoluta verso successive ini-
ziative per il medesimo fatto, la norma contenuta nel citato art. 649 c.p.p. assicura
l’imputato dal rischio di un esercizio potenzialmente arbitrario del potere punitivo3.
Accanto all’evidente funzione di tutela individuale, il principio del ne bis in
idem svolge il ruolo di inibitore di possibili conflitti tra giudicati. Cosicchè, dalla
sfera privata, il principio converge sull’interesse più generale a dare corso effet-
tivo alle pronunce giurisdizionali le quali rimarrebbero, altrimenti, esposte all’in-
conveniente di vedersi contraddette da interventi sempre nuovi4.
1 In generale sul divieto di bis in idem, v. G. DE LUCA, I limiti soggettivi della cosa giudicata
penale, Milano, 1963, p. 73 ss.; V. ANDRIOLI, voce Ne bis in idem, in Novissimo digesto italiano,
XI, 1965, p. 185 ss; G. LOZZI, voce Giudicato (diritto penale), in Enciclopedia del diritto, XXVIII,
Milano, 1969, p. 913 ss.; T. RAFARACI, Ne bis in idem, in Enciclopedia del diritto, Ann., vol. III,
Milano, 2010, spec. p. 863 ss.
2 Sul ne bis in idem quale “espediente pratico che sottrae il singolo ad una teoricamente illi-
mitata possibilità di persecuzione e, quindi, all’arbitrio incondizionato dell’organo punitivo”, cfr.
G. DE LUCA, I limiti soggettivi della cosa giudicata penale, cit., p. 144.
3 In argomento, v. R. NORMANDO, Il valore, gli effetti e l’efficacia del giudicato penale, in L. KALB
(a cura di), Trattato di procedura penale, vol. VI, diretto da G. SPANGHER, Torino, 2009, p. 35.
4 Per tali rilievi, F. CORDERO, Riti e sapienza del diritto, Bari, 1985, p. 604 ss.
50 Capitolo III
Nonostante l’indiscutibile valore di garanzia, il canone del ne bis in idem
ancora oggi fatica ad attecchire.
Per rendersi conto della fondatezza dell’assunto, vale la pena rilevare che il
divieto assoluto di doppio processo, sancito dall’art. 649 c.p.p. trova un forte
temperamento nell’art. 11 c.p.5 il quale impone il rinnovamento del giudizio nei
confronti di chiunque abbia commesso un reato nel territorio dello Stato, “anche
se sia stato giudicato all’estero”6.
In altri termini, all’interno del nostro ordinamento si ravvisa un vero e pro-
prio “dualismo normativo”7 nel senso della compresenza di due disposizioni
dal contenuto antitetico.
Il sistema penale interno denuncia, insomma, una significativa incoerenza
dal momento che, nel bilanciamento tra istanze di tutela delle garanzie indivi-
duali e osservanza del principio di sovranità territoriale, finisce col neutralizzare
gli effetti del divieto di doppio processo in campo internazionale8. Sembra,
così, confermata a livello normativo l’idea di fondo9 da cui scaturisce l’irrile-
vanza del giudicato straniero nel sistema processuale interno, vale a dire che lo
ius puniendi non può tollerare le ingerenze dell’esercizio della sovranità di un
altro Stato, ancorchè si tratti di interferenze solo indirette come quelle relative
all’attività giurisdizionale10. In altre parole, in campo di giustizia sovranazionale
e di cooperazione giudiziaria, continuano a prevalere le “logiche della politica
degli stati e della gelosa custodia delle rispettive sovranità”11.
5 Per completezza espositiva, occorre rammentare la rinnovazione facoltativa del giudizio
già celebrato all’estero nei casi previsti dagli articoli 7, 8, 9, 10 c.p. per i quali la legge rimette la
scelta al Ministro della giustizia attraverso l’istituto della richiesta di procedimento.
6 In dottrina, sul concetto di “reato commesso nel territorio italiano”, v. per tutti, F. DEAN,
Norma penale e territorio. Gli e lementi di territorialità in relazione alla struttura del reato, Mi-
lano, 1963.
7 Parla di “ingiustificato dualismo normativo”, seppure con riferimento alla contrapposizione
tra la disposizione dell’art. 90 c.p.p. 1930, che sanciva il divieto di bis in idem, e l’art. 11 c.p. in-
teso “a smentire la portata della prima”, N. GALANTINI, Il divieto di doppio processo come diritto
della persona, in Rivista italiana di diritto e procedura penale, 1981, p. 107.
8 Sul principio di sovranità territoriale quale ratio su cui si fonda la legittima duplicazione dei
procedimenti in campo internazionale, v. G. D. PISAPIA, Compendio di procedura penale, Padova,
1979, p. 571; V. MANZINI, Trattato di diritto processuale penale, I, Torino, 1982, p. 470; F. MAN-
TOVANI, Diritto penale, Parte generale, Padova, 1992, p. 993.
9 V. G. DE AMICIS, Il principio del ne bis in idem europeo nel contesto della cooperazione giudi-
ziaria: primi orientamenti della Corte di giustizia, in Giurisprudenza di merito, 2009, 12, p. 3177.
10 V. Relazione ministeriale sul Progetto del codice penale, I, p. 91, in cui si afferma che “per
la difesa delle condizioni essenziali di esistenza della società e dello stato alla quale è subordinata
la repressione dei reati commessi nel territorio dello stato medesimo, non può avere alcuna in-
fluenza la circostanza che il colpevole sia stato eventualmente giudicato all’estero per lo stesso
reato commesso nel nostro territorio (...). Quel compito di difesa giuridica è essenziale alla sovra-
nità dello stato; perciò non può subire alcuna limitazione nemmeno indiretta quale potrebbe deri-
vare dall’esercizio dell’attività giurisdizionale di uno stato estero, il che è quanto dire dall’eserci-
zio della sovranità di un altro stato”.
11 Così, T. RAFARACI, La cooperazione giudiziaria, in R. E. KOSTORIS (a cura di), La ragione-
vole durata del processo, Torino, 2005, p. 67.

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