Beni culturali: alcune note sulla disciplina dettata dal nuovo testo unico

AutoreFabrizio Rocca
Pagine211-219

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Assoluta novità nel panorama della legislazione italiana, è stato recentemente pubblicato nel Supplemento ordinario n. 302 alla Gazzetta Ufficiale del 27 dicembre 1999 il «testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali ed ambientali» (D.L.vo 29 ottobre 1999, n. 490), redatto a norma dell'articolo 1 della legge delega 8 ottobre 1997, n. 352. Con questo nuovo provvedimento, che si spera possa dimostrarsi un valido strumento per meglio affrontare i numerosi problemi di gestione e di tutela che quotidianamente pone un patrimonio culturale nazionale di primaria importanza quale il nostro, i compilatori si sono prefissi il fine di conseguire una risistemazione il più possibile organica ed omogenea di tutta una serie di leggi disciplinanti la materia, a partire dalla L. del 1 giugno 1930, n. 1089 ormai palesemente inadeguata, a cui si sostituisce con forza di legge.

L'obiettivo di chiarificazione e di maggiore organicità della normativa posta a tutela dei beni culturali si può dire che sia stato in buona parte realizzato nonostante la limitatezza dei poteri innovativi attribuiti al legislatore delegato dalla L. n. 352/97 che ha determinato, in alcuni casi, lacune e contraddizioni. L'opera, del resto, non risultava di facile attuazione, considerato che si rendeva necessario coordinare non solo formalmente, bensì, anche e soprattutto, da un punto di vista sostanziale le diverse previsioni legislative affinché si potesse ottenere un corpus omogeneo di norme. Valutando complessivamente il risultato ottenuto, si deve dare atto che il legislatore delegato non si è limitato alla semplice modifica di termini o di espressioni impiegate nei vari testi normativi ma ha realizzato in diverse occasioni un incisivo intervento sul contenuto stesso della norma con il chiaro scopo di delineare una identica normazione per tutte le singole species di beni, precedentemente oggetto della disciplina di una pluralità di normative, ma astrattamente riconducibili alla categoria dei beni culturali.

Si è, in definitiva, rielaborata la materia ricavandone i principi dalle stesse disposizioni da unificare e coordinare e ciò in quanto la nuova disciplina è volta a sostituire la precedente.

Il T.U. si compone di 166 articoli suddivisi in due Titoli. Il Titolo I, concerne i beni culturali e presenta un'articolazione in capi e sezioni sostanzialmente riproduttiva dello schema della L. n. 1089/39 integrata dagli apporti della legislazione successiva.

Il Titolo II, dedicato ai beni paesaggistici e ambientali, si articola anch'esso in capi e sezioni e contiene una disciplina risultante dal coordinamento delle leggi nn. 1497/39 e 431/85 che insieme hanno costituito il previgente sistema normativo a tutela dei beni ambientali.

Trascurando il telaio nella sua interezza, mi sembra opportuno fornire, in questo articolo, una prima e sommaria analisi della nuova regolamentazione dei beni culturali disposta dalla cospicua serie di norme (137 articoli) contenute nel Titolo primo, limitatamente alle sue disposizioni più significative.

La Sezione prima del Capo primo del predetto Titolo, individua la categoria dei beni oggetto di tutela del presente T.U., ed impone immediatamente la necessità di una prima premessa di ordine generale relativa alla definizione di «bene culturale». In proposito, nella Relazione del 22 gennaio 1999 del Ministero per i beni e le attività culturali, si era rilevata da parte dei compilatori del Testo Unico «l'impossibilità di far capo ad una definizione di principio di bene culturale e cioè ad una definizione accreditata sul piano culturale ma che avrebbe comportato il rischio di ampliare l'area della tutela al di là dei dati normativi vigenti».

In realtà, la soluzione adottata nel T.U. costituisce un'apertura di principio in tal senso. Da un lato, negli artt. 2 e 3, si è elaborata una «definizione normativa di bene culturale» che come la stessa Relazione della Commissione Ambientale ha precisato «assume come suo nucleo centrale le cose regolate dalla L. n. 1089/39, senza però rinunciare ad includere nella nozione altre categorie di cose già normate con finalità riconducibili alle aree della tutela e della valorizzazione». In altre parole, si è considerato bene culturale ogni bene che, in considerazione del suo valore storico, artistico, archeologico, ecc., ha formato oggetto, in qualsiasi modo, di tutela da parte di una disposizione di legge. Dall'altro, non è mancato, nell'art. 4, che costituisce la norma di chiusura della sezione prima, il richiamo ad una definizione unitaria e di principio di bene culturale quale è, in parte, la nozione già elaborata in dottrina 1, consentendo di individuare, tramite disposizione legislativa, nuovi beni culturali che siano testimonianza di civiltà non ricompresi nelle categorie elencate dagli artt. 2 e 3. In tal modo, sembrerebbe possibile individuare il bene oggetto di tutela in base al valore culturale ab origine presente nello stesso, indipendentemente dal fatto di essere già stato oggetto di normazione o meno.

@Analisi dell'articolato

Capo 1, Sezione I (artt. 1-4). Senza novità rilevanti, gli artt. 2 e 3 individuano le categorie di beni sottoposte a tutela, includendovi, come già premesso, ogni bene comunque protetto dall'ordinamento in virtù del suo valore culturale.

Rincresce, tuttavia, che si sia perduta un'altra occasione per includere, da subito e con chiarezza, nell'ambito applicativo delle norme di tutela sia le opere di arte contemporanea (escluse dal comma 6, dell'art. 2: «non sono soggette alla disciplina di questo Titolo, a norma del comma 1, lettera a), le opere di autori viventi o la cui esecuzione non risalga ad oltre cinquanta anni») che le opere fotografiche, cinematografiche e discografiche la cui produzione non risulti datata oltre i venticinque anni (escluse implicitamente dall'art. 3, comma 1, lett. d, che tutela unicamente: «le fotografie e gli esemplari delle opere cinematografiche, audiovisive o sequenze di immagini in movimento o comunque registrate, nonché le documentazioni di manifestazioni sonore o verbali comunque registrate, la cui produzione risalga ad oltre venticinque anni») e che potrebbero rivestire indubbia rilevanza quali opere d'arte e quali documenti di particolari momenti storici avvenuti durante tale arco di tempo. Desta, inoltre, qualche legittima perplessità la scelta del Legislatore di utilizzare termini differenti per definire le caratteristiche che manoscritti, libri e stampe da un lato e carte geografiche, spartiti musicali e fotografie dall'altro debbono presentare per potere usufruire della tutela apprestata dal T.U. Utilizzare l'espressione «carattere di rarità e di pregio» nel primo caso e «di pregio artistico o storico» nel secondo, potrebbe legittimare, nella pratica, valutazioni differenti del pregio di un bene culturale non in perfetta sin-Page 212 tonia con la sua qualità estetica e oggettiva importanza quale testimonianza materiale di personaggi, eventi ed ambiti culturali.

Nella Sezione II (Artt. 5-9), troviamo il complesso di norme che disciplinano le procedure di identificazione, mediante atto amministrativo, del bene che per il suo intrinseco valore culturale risulti meritevole di tutela. Preme osservare, al riguardo, l'introduzione nel testo normativo da parte del legislatore delegato di un quid pluris rispetto al semplice coordinamento della normativa esistente. Mi riferisco, nello specifico, all'inserimento dell'istituto della «dichiarazione» (atto conclusivo del procedimento di identificazione) separato da quello della «notifica» della stessa all'interessato, operando una scelta difforme da quella a suo tempo adottata dagli estensori della L. n. 1089/39, ed al recepimento, sicuramente condivisibile, dei principi in tema di partecipazione al procedimento amministrativo desunti dalla L. n. 241/90. La suddetta distinzione costituisce certamente un momento di chiarezza procedimentale tanto più apprezzabile se si considera, tra l'altro, le maggiori garanzie di cui gode ora il privato a cui deve essere data tempestiva comunicazione dell'inizio del procedimento di dichiarazione riguardante un bene di sua proprietà, possesso o detenzione con l'espressa indicazione di un termine, non comunque inferiore a 30 gg., per la presentazione di eventuali sue osservazioni (art. 7, comma 2). Norma particolarmente felice quest'ultima, in quanto sembrerebbe favorire una partecipazione più attiva del privato sia in termini conoscitivi che collaborativi alle scelte dell'amministrazione.

Nonostante l'inopportuno silenzio della norma, si osserva, tra l'altro, che il proprietario, possessore o detentore del bene oggetto di procedimento di dichiarazione può prendere visione degli atti del procedimento esercitando il diritto di accesso agli atti amministrativi, salvi i casi di esclusione previsti ex art. 24 della L. n. 241/902 2.

Ai fini dell'individuazione dei beni meritevoli di tutela, l'art. 5 T.U., che sostituisce ed aggiorna, tra gli altri, l'art. 4, comma 1, della L. n. 1089/39, impone l'obbligo ad alcuni soggetti di predisporre e presentare al Ministero l'elenco dei beni culturali di cui abbiano la disponibilità. In proposito, la disposizione identifica i soggetti obbligati nelle «regioni, province, comuni, altri enti pubblici e persone giuridiche private» sostituendo così l'originaria espressione «enti ed istituti legalmente riconosciuti» 3 che si leggeva nella L. n. 1089/39. La sostituzione appare corretta ma impone una prima osservazione di carattere solo apparentemente terminologico; si deve, infatti, rilevare come con l'attuale formulazione, nel concetto di «persone giuridiche private» rientrino anche le società commerciali, circostanza questa che potrebbe far nascere, nella pratica, problemi di interpretazione.

Rilevante, appare pure il disposto dell'art. 6 che precisa le forme di riconoscimento del valore culturale dei beni di proprietà privata traendole dagli articoli 2, 3 e 5 della L. n...

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