I beni comuni nel codice civile e nella tradizione romanistica

AutoreMaddalena P.
Pagine801-804
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Paolo Maddalena
I BENI COMUNI NEL CODICE CIVILE
E NELLA TRADIZIONE ROMANISTICA
I. Le disposizioni del codice civile vigente, che parlano di beni demaniali (inusu-
capibili ed inalienabili), di beni del patrimonio indisponibile (inusucapibili, ma aliena-
bili) e dei beni del patrimonio disponibile, ispirandosi al regime dei beni, anziché sulla
loro funzione (cadendo anche in palesi errori, come dimostra il fatto che le foreste, in-
cluse nel patrimonio indisponibile, vengono poi considerate come rientranti nella no-
zione del demanio forestale dello Stato), hanno da tempo offuscato la summa divisio
tra res in commercio e res extra commercium, o, se si preferisce seguire la terminolo-
gia di Gaio, tra res in pa trimonio e res extra patrimonium, e soprattutto la stretta con-
nessione esistente tra le res extra commercium e le res communes o publicae.
Si è perduto, in altri termini, la nozioni di beni comuni, di beni cioè che, per la loro
funzione, appartengono a tutti, e precisamente, secondo i punti di vista, allumanità, al
populus o alle città (Municipia o Coloniae), cioè a soggetti plurimi, o, se si preferisce, a
comunità di uomini, se non di uomini ed animali, come afferma qualche giurista romano.
La presentazione dello schema di disegno di legge-delega, redatta dalla Commissione
Rodotà, e presentata in data 15 febbraio 2008, riporta finalmente in primo piano la categoria
dei beni comuni, distinguendoli, molto opportunamente, dai beni pubblici e dai beni privati.
I beni comuni, sono concepiti come beni naturali beni ambientali e paesaggistici ,
funzionali alle esigenze primarie delluomo (ai quali si affiancano i beni archeologici,
evidentemente per il fatto che sono divenuti parte integrante dellambiente naturale
dellItalia, ed i beni culturali artistici e storici , certamente per il fatto che larte e la
storia appartengono allumanità).
I beni pubblici, sono intesi come beni creati dalluomo per soddisfare bisogni ne-
cessari o sociali. Ad essi si affiancano i beni fruttiferi, e quindi commerciabili, dello
Stato, che, naturalmente, hanno la stessa disciplina dei beni privati.
I beni privati sono considerati i beni in proprietà dei singoli.
Si tratta di una classificazione veramente commendevole, che fa leva, non tanto
sulla disciplina giuridica (criterio seguito dal codice civile), ma sulla funzione del bene.
Si supera così, come ha acutamente osservato Alberto Lucarelli (in Il vento non
sa leggere, di Francesco Lucarelli e Lucia Paura, Napoli. 2008, p. 170), la lacuna la-
sciata dalla soppressione dellart. 811 c. c.( il quale così recitava: I beni sono sottopo-
sti alla disciplina dellordinamento corporativo in relazione alla loro funzione econo-
mica ed alle esigenze della produzione nazionale), ad opera dellart. 3 del decreto le-
gislativo luogotenenziale del 14 dicembre 1944, n. 287. Lurgenza di abrogare il rife-
rimento allordinamento corporativo, ha infatti impedito al legislatore dellepoca di ac-
corgersi della grave soppressione del riferimento alla funzione economica del bene. Né
al riguardo sono stati più apportati correttivi, per cui ancor oggi sono considerati beni giuri-
dici le cose che possono formare oggetto di un diritto (art. 810 c. c.). Lacuna che ha pro-
curato immensi disagi alla dottrina, quando si è trattato di sostenere la giuridicità del bene
ambiente, per la cui affermazione è stata provvidenziale la distinzione del Pugliatti tra beni
giuridici in senso proprio: quelli cioè che possono essere oggetto di un diritto, e beni
giuridici in senso lato: quelli che sono oggetto di tutela giuridica1.
1 S. PUGLIATTI, Beni e cose in senso giuridico, Milano, 1962, 27 ss

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