Banche dati normative e altre banche dati giuridico-istituzionali delle regioni

AutoreMauro Ceccato
CaricaL'A. si occupa di questioni legislative per il Consiglio provinciale trentino
Pagine153-186
Banche dati normative
e altre banche dati giuridico-istituzionali delle regioni
MAURO CEC CATO
SOMM ARI O:1. Introduzione – 2. Banche dati normative – 2.1. Testi contenuti nelle
banche dati – 2.2. Informazioni extratestuali (note) – 2.3. Classif‌icazione per mate-
ria dei testi – 2.4. Connessioni con altre banche dati – 2.5. Modalità di reperimento
delle informazioni – 3. Banche dati di atti consiliari – 3.1. Testi contenuti nelle ban-
che dati – 3.2. Informazioni extratestuali e connessioni con altre banche dati – 3.3.
Classif‌icazione per materia dei testi – 3.4. Modalità di reperimento delle informazioni
1. INT RODU ZIO NE
Nel 2016 l’Osservatorio legislativo interregionale ha promosso un’indagi-
ne sulle banche dati giuridico-istituzionali delle regioni. A realizzarla è stato
chiamato un gruppo di lavoro, che ha raccolto le informazioni necessarie di-
stribuendo un questionario e consultando i siti regionali. L’Osservatorio ha
dedicato la sua riunione del 16 febbraio 2017 a discutere sui risultati dell’inda-
gine1. Per dar lorouna dif fusione più ampiadi quella che viene dalle funzioni
di collegamento fra uff‌ici svolte dall’Osservatorio riprendo qui, riassumen-
dole, le note con cui ho accompagnato la presentazione dell’indagine. L’ar-
gomento non è nuovo. Ce n’è traccia negli atti del seminario palermitano
che diede avvio all’unif‌icazione delle direttive regionali di tecnica legislativa,
in convegni degli anni successivi, in una breve relazione letta all’Osservato-
rio legislativo il 30 settembre 2005, in un questionario somministrato alle
regioni cinque anni fa2. Quest’ultimo, però, aveva un’impronta informatica.
L’indagine di cui parlo, invece, ha dedicato attenzione ai problemi che più
interessano gli uff‌ici legislativi.
L’A. si occupa di questioni legislative per il Consiglio provincialetrentino; ha coordinato
il gruppo di lavoro di cui si parla nel testo.
1La documentazione resa pubblica in quella sede è consultabile su oli.consiglio.regione.
toscana.it/wp-content/uploads/antonellameucci/ba7860437e6082efb01facd71b598bd2.pdf.
2Di questioni che sorgono tuttora c’è già traccia, in particolare, nella comunicazione di V.
DERUVO,Il sistema informativo del consiglio regionale della Lombardia, in Atti del semina-
rio “Fonti, tecniche legislative, fattibilità, implementazione delle leggi e sistemi informativi”
(Palermo, 27-29 aprile 1989), Assemblea regionale siciliana, 1990, spec. p. 431 ss.; oltre che
nel successivo contributo tecnico degli uff‌ici di quel consiglio, soprattutto a p. 439. Quanto
agli sviluppi successivi vedi, per tutti, M.L. GIORIA,Iniziative legimatiche in ambito regio-
nale per il drafting legislativo, in C. Biagioli, P. Mercatali, G. Sartor (a cura di), “Legimatica.
Informatica per legiferare”, Napoli, ESI, 1995, p. 157 ss.
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Ne è venuto fuori un quadro variegatoquanto a str uttura, contenutoe ca-
ratteristiche delle banche dati regionali. Certe differenze, d’altro canto, sono
comprensibili, perché le banche dati sono nate in momenti diversi, adattan-
dosi a strumenti informatici ma anche a sistemi normativi sviluppatisi in ma-
niera autonoma. Per questo non è facile metterle a confronto. Nell’indagine
s’è provatoa farlo soffermandosi sui due tipi di banche dati più diffusi: quelle
che contengono leggi e regolamenti, anzitutto; quelle che includono gli atti
dei consigli regionali, in second’ordine. I dati sono aggiornati al gennaio del
2017; è bene tenerne conto perché la materia è in evoluzione: novità di rilievo
sono intervenute anche nell’anno in cui ha operato il gruppo di lavoro.
Oltre alle banche dati di cui s’è detto ne esistono altre che hanno un certo
interesse se non un contenuto giuridico-istituzionale: da quelle sulla giuri-
sprudenza d’interesse regionale a quelle su altri aspetti dell’attività consiliare
(come i resoconti di seduta). Qui, però, le risposte ai questionari non hanno
ben coperto lo spettro dei fenomeni, e le stesse banche dati non sono così
diffuse e strutturate da rendere possibile un confronto generale sulla base di
standard. Alcune informazioni raccolte, però, parevano indice di questioni
meritevoli d’attenzione: di seguito, dunque, se ne trova traccia, in forma asi-
stematica. Questo vale, in ispecie, per un tipo di banche dati sì diffuso, ma or-
ganizzato in maniera alquanto semplice: quelle degli atti delle giunte. Il loro
interesse, per noi, derivava in primo luogo dal fatto che esse contengono atti
amministrativi generali, talora non facilmente distinguibili dai regolamenti
(tanto che così li chiamano, a volte, gli stessi giudici).
S’è appena detto delle banche dati normative e di quelle sugli atti consiliari
come oggetto dell’indagine. Vale la pena aggiungere che questa bipartizione
non corrisponde sempre a due banche dati per regione. Sul versante dell’at-
tività consiliare accade con frequenza che le banche dati siano più d’una: ad
esempio, banche dati separate per i progetti di legge e per gli altri atti con-
siliari, o per ogni tipologia di atto. Nelle banche dati normative l’unitarietà
dovrebbe essere più scontata. In qualche caso, però, non è perseguita coeren-
temente: nel Lazio e in Calabria, in par ticolare, le banchedati sulle leggi, che
fanno capo al consiglio, sono distinte da quelle sui regolamenti, curate dalla
giunta in ragione delle sue competenze. Nelle altre regioni, invece, compe-
tenze diverse non hanno prodotto banche dati così separate. D’altronde an-
che Calabria e Lazio, nelle risposte al questionario, hanno espresso l’auspicio
di migliorare le connessioni fra le banche dati in parola.
In Sardegna, invece, esistono due banche dati che riportano i (soli) testi
originali delle leggi: una presso il consiglio, l’altra in giunta. Ma anche qui
sembra ci si sia accorti dell’opportunità di razionalizzare: infatti l’art. 11
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della l.r. n. 24 del 2016 prevede la costituzione di una banca dati contenente
i testi vigenti delle leggi.
Quest’ultima legge è occasione per riferire sul grado di formalizzazione
delle banche dati. Qui ci si può chiedere: esistono atti normativi che le
disciplinano? Se sì a che livello, e quanto dettagliati?
Fra le regioni che hanno risposto al questionario segnalano scarni cen-
ni alle banche dati normative solo l’Abruzzo (art. 14 della l.r.n. 26 del 2010)
e la Toscana (art.10 della l.r. n.23 del 2007); nelle altre, al più, esistono at-
ti interni. Quindi la presenza di disposizioni normative non è decisiva per
la costituzione delle banche dati; d’altra parte, siccome queste disposizioni
s’indirizzano all’amministrazione non è necessario rivestirle della forma di
legge. Insomma: anche se non mi sento di escludere che in casi come quel-
lo della Sardegna quest’ultima forma svolga un’utile funzione di pungolo, le
previsioni normative sulle banche dati potrebbero costituire un esempio di
sovraregolamentazione.
È da vedere, piuttosto, se le banche dati in esame non possano svolgereun
qualche ruolo in termini di consolidazione del diritto, anche in connessione
con le modalità di pubblicazione uff‌iciale degli atti normativi: cosa che po-
trebbe richiedere sì l’adozione di apposite disposizioni legislative. Si ricordi,
qui, che diverse regioni hanno preceduto lo Stato nel batterela strada dell’in-
formatizzazione dei loro bollettini uff‌iciali. D’altro canto, anche se i testi
normativi pubblicati nei bollettini, formalmente, restano i soli a far fede, ho
pochi dubbi che nell’uso prevalgano quelli delle banche dati normative.
Alla luce di queste osservazioni mi chiedo se non sia possibile fare qualche
passo sulla via della consolidazione, anche in base a norme statutarie o simi-
li, usando gli strumenti uff‌iciali dei bollettini o collegandosi a quelli uff‌iciosi
delle banche dati, magari dopo aver verif‌icato quel cheaccade altrove. A que-
sto proposito ricordo che anni fa, in provinciadi Trento, si tentò di ripropor-
re, come integrazione dello statuto, una disposizione austriaca sulla ripubbli-
cazione con valore legale di testi unici; che fece poca strada, però, forse per le
diff‌icoltà di modif‌icare lo statuto, forse perché poco compresa. Ma qualche
cenno a ipotesi innovativedi pubblicazione legale lo si può rintracciare anche
in dottrina3. L’argomento, insomma, meriterebbe un approfondimento; che
però non può esser costretto in queste poche pagine.
3Vedi in particolare le considerazioni di R. BIN,Semplif‌icazione e statuto regionale, in
“Istituzioni del federalismo”, 2003, n. 1, p. 98, riprese anche in seguito, ID., Che fare? Rif‌les-
sioni all’indomani del referendum costituzionale, in “Lo Stato”, 2016, n. 7, p. 5; quasi come un
appello caduto nel vuoto – ma condivisibile, a mio parere.
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