Peculiarità dell'azione civile avanti al giudice di pace penale nei procedimenti per lesioni personali colpose lievi derivanti dalla circolazione stradale

AutoreGatti Francesco
CaricaAvvocato, Foro di Perugia.
Pagine3-7

Page 3

Dott RI n A

dott

pEcULiAriTà DELL’AZioNE civiLE AvANTi AL GiUDicE

Di pAcE pENALE

NEi procEDimENTi
pEr LESioNi pErSoNALi coLpoSE LiEvi DErivANTi DALLA circoLAZioNE STrADALE

di Francesco Gatti (*)

SOMMARIO
1. Premessa. 2. Il favore per la conciliazione. 3. Il procedimento di archiviazione. 4. Il ricorso immediato. 5. La fase del giudizio. 6. L’estinzione del reato conseguente a condotta riparatoria, con particolare riferimento al risarcimento del danno offerto dalla Compagnia di assicurazione. 7. Le impugnazioni.

1. Premessa

L’esperienza forense dimostra che una parte piuttosto sostanziosa del contenzioso penale che ogni anno sopravviene avanti agli uffici del giudice di pace è costituito da “microlesioni” colpose derivanti dalla circolazione dei veicoli (1), di cui all’art. 590, I comma, c.p.. Nella quasi totalità di detti procedimenti (ovviamente nella misura in cui il procedimento si incardina in virtù della mancata remissione della querela a suo tempo proposta dalla persona offesa) vi è costituzione di parte civile, mediante l’esercizio della relativa azione, per il raggiungimento dello scopo normativo delle restituzioni e del risarcimento del danno.

L’azione civile (così come il ruolo e le prerogative della persona offesa) nel microsistema del processo penale del giudice di pace, si modella, pur con significative eccezioni, sulla base di quella prevista nel codice di rito.

Ci sia consentito dedicarci solo alle peculiarità della normativa introdotta con il decreto legislativo numero 274 del 28 agosto 2000.

2. Il favore per la conciliazione

Principio generale da tenere a mente, a detto proposito, è quello statuito dell’art. 2, II comma, del D.L.vo 274 del 28 agosto 2000, che dispone che “nel corso del procedimento, il giudice di pace deve favorire, per quanto possibile, la conciliazione tra le parti”.

Notiamo, in primo luogo, il riferimento al “procedimento”, e non già al “processo”: detta espressione, se non utilizzata impropriamente, dovrebbe portare alla conclusione che la conciliazione dovrebbe essere favorita anche nella fase delle indagini preliminari in cui è previsto l’intervento del giudice di pace. In secondo luogo, emerge l’apparente antinomia tra l’imperativo contenuto nella

norma e l’inciso “per quanto possibile”. Infine, è da rite-nere che il termine “conciliazione”, di stretta natura civilistica (cfr. artt. 185 e 320 c.c.) sia ispirato, più che altro, ai criteri generali della riforma ed alla natura di “pace” del giudice onorario, appunto.

3. Il procedimento di archiviazione

Nella fase delle indagini preliminari, notiamo alcune significative differenze con quanto stabilito dal codice di procedura penale in punto di richiesta di archiviazione, e del relativo procedimento.

L’art. 17, II comma, D.L.vo 274/2000 dispone, in primo luogo, che copia della richiesta (e non già avviso della richiesta, come previsto dall’“omologo” art. 408, II comma, c.p.p.) è notificata alla persona offesa che abbia fatto richiesta di essere avvisata dell’eventuale archiviazione. Detta previsione semplifica non poco la prima attività del difensore della persona offesa, il quale, già in prima battuta, e senza inutili accessi in Procura, è messo nella condizione di valutare la fondatezza della richiesta, avendone, appunto, immediata contezza. A questo proposito, non si può però non notare che, a distanza di 12 anni, il legislatore è incorso nello stesso errore lessicale (se non logico), facendo nuovamente riferimento alla “archiviazione” e non alla “richiesta di archiviazione”. Ci permettiamo di rilevare lo scarso senso che invero avrebbe essere avvisati dell’archiviazione, a giochi fatti, e non della sua richiesta.

Altro elemento distintivo, nella fattispecie, è il contenuto dell’opposizione alla richiesta di archiviazione: con la stessa, a pena di inammissibilità, la persona offesa deve indicare gli elementi di prova che giustificano il rigetto della richiesta o le ulteriori indagini necessarie, distinguendosi in ciò l’atto “de quo” dal contenuto dall’art. 410 c.p.p., che prevede, a pena di inammissibilità dell’opposizione, la necessità dell’indicazione dell’oggetto della investigazione suppletiva e i relativi elementi di prova (2).

Il contraddittorio, sulla falsa riga del rito pretorile prima dell’intervento della Corte Costituzionale, è meramente “cartolare”, non essendo prevista la discussione in camera di consiglio nelle forme dell’art. 127 c.p.p..

4. Il ricorso immediato

L’elemento cruciale che distingue il processo avanti al giudice di pace penale è la possibilità, per i reati procedibili a querela (tra cui rientra, ovviamente (3), il delitto di lesioni colpose di cui all’art. 590 c.p. commesse con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale), del ricorso immediato al giudice da parte della persona offesa, contro il soggetto al quale il reato è attribuito (che diventerà citato e poi imputato).

Il ricorso deve contenere la serie di elementi indicati dall’art. 21, II comma, D.L.vo 274/2000 e deve essere sottoscritto dalla persona offesa e dal difensore. L’art. 21, III comma, D.L.vo 274/2000 specifica che la sottoscrizione del ricorso da parte della persona offesa è autenticata dal difensore, anche se, ad avviso del sottoscritto, è ovviamente

Arch. giur. circ. e sin. strad. 1/2012

3

Page 4

dott

Dott RI n A

da ritenere possibile che l’autenticazione avvenga anche ai sensi dell’art. 39 disp. att. c.p.p., e con le formalità ivi indicate.

A questo proposito si fa presente che l’art. 21, II comma, lettera c) D.L.vo 274/2000 in tema di difensore della persona offesa ricorrente non ripete (4) l’equivoco linguistico contenuto nell’art. 78, lettera c) c.p.p., facendo, appunto, propriamente riferimento “all’indicazione del difensore del ricorrente e la relativa nomina”. La sottoscrizione da parte (anche) della persona offesa è resa necessaria dalla duplice valenza del ricorso, che ai sensi del IV comma produce gli stessi effetti della presentazione della querela, tanto che, ovviamente, ai sensi dell’art. 22, I comma, D.L.vo 274/2000, deve essere depositato entro tre mesi dalla notizia del fatto che costituisce reato. La presentazione del ricorso, appunto, ai sensi dell’art. 22, I comma, D.L.vo 274/2000, deve essere preceduta dalla previa comunicazione dello stesso alla procura competente, mediante deposito di copia nella segreteria del pubblico ministero. La norma si modella sostanzialmente sull’art. 153 c.p.p., e ripete l’espressione “copia”, di talché si può ritenere che sia la mera consegna di una copia “semplice” (e anche non autentica) a soddisfare detto adempimento.

L’art. 23 D.L.vo 274/2000 prescrive che la costituzione di parte civile deve avvenire - in questo caso - a pena di decadenza con la presentazione del ricorso. La norma, poi, con intento e ragioni non del tutto chiare, continua specificando...

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT