IL diritto all’autotutela in un privato domicilio: un’ipotesi speciale di legittima difesa? Le modifiche apportate all’art. 52 c.p. dalla legge 13 febbraio 2006, n. 59

AutoreAlberto Gargani
Occupazione dell'autoreProfessore di diritto penale nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Pisa
Pagine20-45

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@1. Adgreditus non habet staderam in manu. La ratio della riforma alla luce dei lavori preparatori

L’intervento di riforma attuato con la legge 13 febbraio 2006, n. 59 (“Modifica dell’articolo 52 del codice penale in materia di diritto all’autotutela in un privato domicilio”) riflette una concezione privatistica del ricorso all’uso delle armi, ossia un modello di giustizia privata, fondato sull’autodifesa e destinato a trovare attuazione nei casi in cui lo Stato, per ragioni obiettive, non può garantire sicurezza e non è in condizione di tutelare i cittadini. Se, in campo penalistico, la difesa legittima rappresenta di per sé la massima espressione dell’autotutela, l’ampliamento delle possibilità di reazione per chi sia aggredito o derubato intra moenia, si iscrive, dunque, in una logica di privatizzazione della sicurezza: preso atto della debolezza o impotenza dello Stato, viene introdotto un diritto di autotutela, che trova nella sacralità del domicilio (e dei luoghi ad esso assimilati) il proprio perno ideologico1.

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Un rapido sguardo ai lavori preparatori consente di cogliere agevolmente le ragioni poste alla base dell’intervento legislativo in esame. Sull’onda emotiva di alcuni gravi fatti di cronaca, avvenuti tra il 2002 e il 2003, si era ritenuto che l’art. 52 c.p. fosse, ormai, divenuta una norma vetusta, usurata e, soprattutto, insufficiente a garantire effettive possibilità di difesa da aggressioni violente. Rispecchiando l’idea dello Stato come unico detentore della forza, che non concederebbe ai cittadini la propria difesa, se non in casi assolutamente eccezionali2, l’art. 52 c.p. è stato considerato quale espressione di una concezione autoritaria e statalista, ormai superata e inadeguata. In particolare, le censure hanno avuto ad oggetto la valutazione giudiziale del requisito di proporzione, che il più delle volte sarebbe condotta senza tenere conto della reale situazione psicologica dell’aggredito, nonché della mancanza della lucidità necessaria per poter valutare l’entità e la gravità della situazione aggressiva3. Come sottolineato in dottrina, chi si difende non sempre è in grado di valutare il reale pericolo e gli effetti della propria reazione4. Alla base dei due nuovi commi dell’art. 52 c.p. c’è, insomma, il dichiarato intento di rimediare alla mancata considerazione, nella prassi applicativa, sia delle particolari situazioni emotive (come quella che può interessare, ad es., chi, avendo già subito in passato molteplici rapine, subisce una nuova aggressione), sia delle difficoltà per il soggetto passivo di percepire gli effettivi limiti della proporzione e di individuare il punto ideale in cui dovrebbe essere colpito il soggetto assalitore, secondo un grado di precisione matematica, ritenuto inesigibile in considerazione della concitazione e delle circostanze concomitanti; in questa direzione, si è fatto suggestivamente notare che in base alla formulazione dell’art. 52/1 c.p. e ai suoi esiti applicativi, un cittadino aggredito di notte, prima di reagire, dovrebbe chiedere allo sconosciuto assalitore quali siano le sue reali intenzioni criminose e se sia, per caso armato (se non addirittura subire prima l’aggressione e poi modulare, se ancora possibile, la reazione)5.

L’eccesso di discrezionalità che permea la valutazione giudiziale della proporzione (con esiti eccessivamente restrittivi, che sfocerebbero in un vero e proprio favor per l’aggressore) e la conseguente precarietà del discrimine tra lecito e illecito, in contrasto con la certezza del diritto, finirebbero con il restituire l’immagine di una giustizia cieca e crudele verso chi ha difeso sé stesso, i propri familiari o i propri beni. Ai plurimi casi di aggressioni impunite farebbero da beffardo contraltare le reazioni difensive punite perPage 21il diritto all’autotutela in un privato domicilio eccesso di legittima difesa, facendo passare dalla parte del ‘torto’ quella che è la ‘vera’ vittima; da qui la necessità di sottrarre al giudice, in alcune ipotesi legislativamente predeterminate, la valutazione della proporzione, evitando a coloro che hanno reagito in determinate condizioni, i lunghi processi penali necessari per accertare tempi e modalità del fatto. Il rimedio viene individuato nella valorizzazione del contesto spaziale e della situazione psicologica in cui avviene la reazione, sul presupposto che nella sfera domiciliare, la necessità di proteggere sé stesso, la propria famiglia e il proprio ‘territorio’, debba assumere ex lege un valore prioritario. Mediante il riconoscimento del diritto naturale all’autodifesa, incentrato sulla sovranità del cittadino almeno nel proprio domicilio, si vuole assicurare il conseguimento di una serie di obiettivi, ad alta valenza simbolica, legati tra di loro dalla comune esigenza di evitare all’aggredito l’esposizione e il confronto con il processo penale, in conseguenza del mancato rispetto del limite della proporzione della reazione difensiva. Il messaggio (più o meno esplicito) che viene rivolto ai consociati è quello della legittimazione dell’autodifesa in ambito domiciliare, con la rassicurazione e la certezza del non assoggettamento a procedimento penale nel caso di eccesso. Facendo proprio l’ammonimento già rivolto dal giureconsulto Farinaccio – secondo cui “cum vulnera seu percussiones dari non possint cum censura, nec magis aggressus tamquam constitutus in pericolo mortis et quasi extra se positus et alienus a mente non possit habere staderam in manibus, et ictus seu percussiones ponderare, et per consequens nec etiam pro excessu puniri debet6 – si punta alla restrizione dell’ambito applicativo dell’art. 55 c.p., sgravando l’aggredito in casa propria dall’onere di discernere il reale pericolo e di dosare la reazione. In tal modo si scrimina a priori chi, ad es., spara in casa propria a persona che poi non risulta armata: dato il contesto ‘domiciliare’, la minaccia è considerata tale da escludere (anche in astratto) l’ipotizzabilità di un eccesso nell’esercizio del diritto alla difesa legittima. Nell’ottica dell’ampliamento delle possibilità di reazione della vittima7, l’introduzione della fattispecie dell’uso legittimo delle armi in un privato domicilio mira, dunque, a legittimare la difesa della propria o altrui incolumità o dei beni patrimoniali propri o altrui8, a prescindere dal rapporto di proporzione.

Rinviando al prosieguo della trattazione l’analisi della disciplina introdotta e la verifica della rispondenza e congruità della formulazione normativa rispetto agli obiettivi perseguiti (o, comunque, dichiarati), è persino superfluo ricordare come, fin dalle prime avvisaglie, la riforma in esame sia stata aspramente avversata da un ampio e trasversale fronte di opinioni, esteso dal settore politico a quello giudiziario, sino a coinvolgere lo stesso mondo accademico. L’elemento comune alle molteplici reazioni critiche è stata la pressoché incondizionata difesa dell’art. 52 c.p. nella sua originaria formulazione: assun-Page 22 ta a vero e proprio ‘monumento’ di sapienza giuridica, la norma in materia di legittima difesa è stata considerata “intoccabile”, pena l’inevitabile regresso della civiltà giuridica, sul piano inclinato della barbarie. Adombrando il rischio di un nefasto ritorno ai primordi del diritto penale e paventando un’autentica crisi dello Stato di diritto, è stata ribadita la necessità di risolvere “caso per caso” le problematiche ipotesi sopra accennate, affidando all’apprezzamento giudiziale la ricerca della soluzione in concreto più congrua; d’altro canto, nel prevedere le fattispecie della legittima difesa reale e putativa, dell’eccesso colposo e della provocazione, la disciplina vigente consentirebbe già un’ampia ed esaustiva graduazione di soluzioni. Una volta osservato che l’aumento della criminalità e del senso collettivo di insicurezza possono essere fronteggiate mediante l’espansione della portata applicativa della scriminante di cui all’art. 52 c.p., il bersaglio privilegiato delle censure è stato il meccanismo di presunzione assoluta del requisito di proporzionalità della reazione difensiva introdotto ex lege con l. 59/2006, in violazione sia di norme convenzionali sottoscritte dallo Stato italiano (art. 2/2 lett. a), Conv. europea dei diritti dell’uomo), sia di fondamentali norme costituzionali9. Da quest’ultimo punto di vista, ponendo sullo stesso piano la difesa di beni personali e quella di beni patrimoniali, soltanto perché avvenuti nello stesso luogo, la nuova disciplina si porrebbe in contrasto sia con il parametro di ragionevolezza (art. 3 Cost.), sia con la vincolante gerarchia dei beni sottesa all’art. 2 Cost.10. Sul presupposto che “solo un fermo aggancio al limite etico-sociale della proporzione può salvaguardare la dignità della legittimità difesa come diritto e non come violenza consentita ai buoni contro i cattivi”11, si è ritenuto che anche a casa propria, si possa reagire a un’altrui interferenza, ora in modo appropriato, ora invece in modo eccessivo (cosicché, non si potrebbe trattare allo stesso modo chi uccide un assalitore notturno, chi spara freddamente a un ladro sorpreso a rubare nell’orto o chi coglie una buona occasione per sbarazzarsi della ex moglie che si introduce in casa, sfasciando i mobili). Ammettere l’uso indiscriminato di armi per tutelare qualunque bene materiale significherebbe legittimare a priori reazioni sproporzionate, come tali destinate a innescare ulteriori spirali di violenza, giacché la probabile corsa al possesso di armi non potrebbe che innalzare il livello di pericolosità della delinquenza, “consapevole della accresciuta aggressività delle potenziali vittime”12. Nella misura in cui innesca un maggiore tasso di violenza preventivaPage 23il diritto all’autotutela in un privato domiCilio nell’esecuzione dei delitti (appare difficile negare che, rebus sic stantibus, ai ladri ‘convenga’ armarsi), in fin dei conti, la nuova disciplina si rivela pericolosa soprattutto per le...

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