AUTORIZZAZIONE 15 dicembre 2016 - Autorizzazione generale al trattamento dei dati genetici. (Autorizzazione n. 8/2016). (16A08990)

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI In data odierna, con la partecipazione del dott. Antonello Soro, presidente, della dott.ssa Augusta Iannini, vice presidente, della dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici e della prof.ssa Licia Califano, componenti, e del dott. Giuseppe Busia, segretario generale;

Visto il decreto legislativo 30 giugno 2003 n. 196, recante il Codice in materia di protezione dei dati personali (di seguito «Codice»);

Visto, in particolare, l'art. 90, comma 1, del citato Codice, secondo cui il trattamento dei dati genetici da chiunque effettuato e' consentito nei soli casi previsti da apposita autorizzazione rilasciata dal Garante sentito il Ministro della salute che acquisisce, a tal fine, il parere del Consiglio superiore di sanita';

Visto, altresi', l'art. 90, comma 2, del Codice, in base al quale l'autorizzazione individua anche gli ulteriori elementi da includere nell'informativa ai sensi dell'art. 13, con particolare riguardo alla specificazione delle finalita' perseguite e dei risultati conseguibili anche in relazione alle notizie inattese che possono essere conosciute per effetto del trattamento dei dati e al diritto di opporsi al medesimo trattamento per motivi legittimi;

Vista l'autorizzazione generale del Garante n. 2/2005 che richiama espressamente (punto 1.4) l'autorizzazione n. 2/2002 (punto 2, lettera b)), relativa al trattamento dei dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale, secondo la quale i dati genetici trattati per fini di prevenzione, di diagnosi o di terapia nei confronti dell'interessato, ovvero per finalita' di ricerca scientifica, «possono essere utilizzati unicamente per tali finalita' o per consentire all'interessato di prendere una decisione libera e informata, ovvero per finalita' probatorie in sede civile o penale, in conformita' alla legge»;

Vista l'autorizzazione al trattamento dei dati genetici del 22 febbraio 2007 rilasciata dal Garante, ai sensi dell'art. 90 del Codice, in sostituzione delle prescrizioni gia' impartite in materia di dati genetici con la citata autorizzazione generale richiamata dall'autorizzazione n. 2/2005, dopo aver sentito il Ministro della salute, che ha acquisito il parere del Consiglio superiore di sanita';

Considerata la necessita' di assicurare, nella disciplina del trattamento dei dati personali, un elevato livello di tutela per i diritti e le liberta' fondamentali, nonche' per la dignita' delle persone e, in particolare, per il diritto alla protezione dei dati personali sancito all'art. 1 del Codice;

cio', anche riducendo al minimo i rischi di danno o di pericolo valutati sulla base delle raccomandazioni adottate in materia di dati sanitari dal Consiglio d'Europa e, in particolare, dalla Raccomandazione n. R(97) 5;

rilevato che in base a quest'ultima sono considerati dati genetici tutti i dati, di qualunque tipo, che riguardano i caratteri ereditari di un individuo o che sono in rapporto con i caratteri che formano il patrimonio di un gruppo di individui affini (par. 1), dati che, nel quadro della piu' ampia categoria dei «dati sanitari», possano essere trattati solo a determinate condizioni (par. 1);

Rilevato che la Raccomandazione del Consiglio d'Europa n. R(92) 3 sui test e gli screening genetici a fini di cura afferma (principio n. 8) che la raccolta e la conservazione di sostanze e di campioni biologici, cosi' come il trattamento dei dati che ne derivano, devono essere effettuati in conformita' ai principi fondamentali di protezione e di sicurezza dei dati stabiliti dalla Convenzione per la protezione degli individui con riguardo al trattamento automatizzato dei dati personali n. 108 del 28 gennaio 1981, nonche' dalle pertinenti raccomandazioni del Comitato dei ministri in materia;

Rilevato che, riguardo al trattamento dei dati genetici, sono desumibili altri importanti principi da alcune fonti internazionali e dell'Unione europea tra le quali figurano: a) la Convenzione sui diritti dell'uomo e sulla biomedicina, fatta a Oviedo il 4 aprile 1997, che vieta qualsiasi forma di discriminazione nei confronti di una persona in ragione del suo patrimonio genetico (art. 11) e limita l'espletamento di test genetici predittivi ai soli fini medici o di ricerca medica e sulla base di una consulenza genetica appropriata (art. 12);

b) la Dichiarazione universale sul genoma umano e i diritti umani dell'Unesco dell'11 novembre 1997, che sancisce il diritto della persona al rispetto della dignita' e dei propri diritti indipendentemente dalle sue caratteristiche genetiche (art. 2) e vieta ogni discriminazione basata sulle caratteristiche genetiche che abbia per fine o sortisca l'effetto di violare i diritti umani, le liberta' fondamentali e la dignita' umana (art. 6);

c) la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000, che vieta qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sulle caratteristiche genetiche (art. 21);

d) la direttiva 2004/23/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio del 31 marzo 2004 e la relativa disciplina nazionale di recepimento (decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 191), che prescrivono l'adozione di misure necessarie di protezione dei dati, compresi quelli genetici, e di altre misure di salvaguardia relativamente ad informazioni raccolte nell'ambito di attivita' di donazione, approvvigionamento, controllo, lavorazione, conservazione, stoccaggio e distribuzione di tessuti e cellule umani destinati ad applicazioni sull'uomo, nonche' di prodotti fabbricati derivati da tessuti e cellule umani destinati ad applicazioni sull'uomo (art. 14);

e) la Convenzione sui diritti dell'uomo e sulla biomedicina (art. 10) e il suo Protocollo addizionale relativo ai test genetici per fini medici del 27 novembre 2008 (art. 16), nonche' la Dichiarazione universale sul genoma umano e i diritti umani (art. 5, lettera c)) e la Dichiarazione internazionale sui dati genetici umani dell'Unesco del 16 ottobre 2003 (art. 10), le quali riconoscono, con diverso ambito, il diritto di ogni individuo di essere o non essere informato dei risultati degli esami genetici e delle loro conseguenze (ovvero dei risultati della ricerca medica e scientifica laddove i dati genetici, i dati proteomici dell'individuo o i campioni biologici siano utilizzati per tali scopi);

f) il Codice di condotta dell'Organizzazione internazionale del lavoro sulla protezione dei dati personali dei lavoratori (novembre 1996), in base al quale lo svolgimento di screening genetici sui lavoratori dovrebbe essere vietato o limitato a casi specifici autorizzati espressamente dalla legge (art. 6.12);

g) la Dichiarazione di Helsinki dell'Associazione medica mondiale (giugno 1964 e successive modifiche e integrazioni), in base alla quale occorre acquisire l'assenso della persona legalmente incapace, in aggiunta a quello del legale rappresentante, laddove la stessa sia in grado di esprimere il proprio assenso a partecipare ad una ricerca (par. 29);

h) il documento di lavoro sui dati genetici adottato il 17 marzo 2004 (Wp 91) dal Gruppo per la tutela delle persone con riguardo al trattamento dei dati personali, istituito dall'art. 29 direttiva n. 95/46/Ce che, nell'individuare le necessarie garanzie in materia di dati genetici, afferma la necessita' di prendere in considerazione e di disciplinare anche lo statuto giuridico dei campioni biologici, suscettibili anch'essi di costituire una fonte di dati personali;

i) la Dichiarazione universale sul genoma umano e i diritti umani dell'Unesco dell'11 novembre 1997 (art. 5, lettera e)), il Protocollo addizionale alla Convenzione sui diritti dell'uomo e sulla biomedicina relativo alla ricerca biomedica del 25 gennaio 2005 (art. 15) e la Dichiarazione universale sulla bioetica e i diritti umani dell'Unesco del 19 ottobre 2005 (art. 7) che fissano particolari cautele per le ricerche genetiche che coinvolgono persone incapaci di fornire il proprio consenso;

l) la Dichiarazione internazionale sui dati genetici umani dell'Unesco (art. 18) e la Raccomandazione del Consiglio d'Europa n. R(2016) 6 sulla ricerca su materiale biologico di origine umana (art. 19) che evidenziano l'esigenza di regolare il trasferimento all'estero del materiale biologico e dei relativi dati personali garantendo che i paesi di destinazione assicurino una protezione adeguata;

Visti il regolamento dell'Unione europea 16 aprile 2014, n. 536, il decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 211 e successive modifiche e integrazioni, il decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 200, nonche' i decreti ministeriali in materia di sperimentazioni cliniche di medicinali e, in particolare, il decreto ministeriale 21 dicembre 2007 recante «Modalita' di inoltro della richiesta di autorizzazione all'Autorita' competente, per la comunicazione di emendamenti sostanziali e la dichiarazione di conclusione della sperimentazione clinica e per la richiesta di parere al comitato etico»;

Vista la legge 19 febbraio 2004, n. 40, recante «Norme in materia di procreazione medicalmente assistita»;

Visto, altresi', l'Accordo del 15 luglio 2004 tra il Ministro della salute, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano sul documento recante le «Linee-guida per le attivita' di genetica medica» (in Gazzetta Ufficiale 23 settembre 2004, n. 224);

Vista la legge 6 marzo 2001, n. 52 recante «Riconoscimento del Registro nazionale italiano dei donatori di midollo osseo»;

Vista la legge 21 ottobre 2005, n. 219, che disciplina le attivita' trasfusionali e la produzione nazionale degli emoderivati, l'ordinanza del Ministro della salute del 26 febbraio 2009 recante «Disposizioni in materia di conservazione di cellule staminali da sangue del cordone ombelicale» (in Gazzetta Ufficiale 10 marzo 2009, n. 57), il decreto ministeriale 18 novembre 2009 recante «Disposizioni in materia di conservazione di cellule staminali da sangue del cordone ombelicale per uso autologo - dedicato», il decreto ministeriale 10 ottobre 2012 recante...

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