L’autodifesa dell’indagato nel procedimento di proroga dei termini di custodia cautelare

AutoreFilippo Li Volsi
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@1. Il fatto

La prima sezione penale della Corte di cassazione si trova ad affrontare la questione relativa alle modalità di attuazione del contraddittorio delle parti nel procedimento di proroga dei termini di custodia cautelare.

Nella specie, l’imputato aveva proposto ricorso avverso il provvedimento di proroga emesso dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Roma, deducendone la nullità, in quanto emesso senza aver preventivamente sentito il difensore sulla richiesta avanzata dal pubblico ministero e, dunque, in violazione del diritto di difesa.

Nel dichiarare l’inammissibilità del ricorso «in quanto relativo ad una questione già esaminata e respinta dal tribunale del riesame a cui gli atti [erano] stati trasmessi a seguito di un analogo ricorso qualificato [...] come appello», tuttavia, la Suprema Corte si spinge a confermare la motivazione in punto di diritto dell’impugnata decisione, chiarendo che «non sussiste alcuna violazione del diritto di difesa nel caso in cui la richiesta di proroga della custodia cautelare sia effettuata in udienza dal P.M. ed il difensore dell’interessato, presente, non abbia sollevato obiezioni, pur aven- done piena facoltà».

Con la decisione in oggetto, la Corte sembra giungere a conclusioni davvero poco appaganti in ordine alle forme di svolgimento del contraddittorionel suddetto procedimento di proroga, le quali destano più di una perplessità, specie ove si consideri come coinvolgano profili di cruciale rilevanza sul piano della garanzia dei diritti fondamentali dell’individuo, inerenti all’effettiva partecipazione dell’imputato all’intera vicenda giudiziaria, necessaria estrinsecazione del suo diritto all’autodifesa.

@2. I presupposti della proroga facoltativa dei termini di custodia cautelare

L’art. 305, comma 2, c.p.p., come è noto, stabilisce che, nel corso delle indagini preliminari, i termini di custodia «che siano prossimi a scadere» possono essere prorogati, qualora sussistano «gravi esigenze cautelari» che rendano «indispensabile», in rapporto ad «accertamenti particolarmente complessi» ovvero a «nuove indagini disposte ai sensi dell’art. 415 bis, comma 4», il protrarsi della misura coercitiva.

L’istituto della proroga rientra tra i rimedi normativi volti a mitigare la rigidità dei termini massimi di custodia cautelare 1, la cui durata è modulata in relazione allo svolgimento di ogni singolo processo 2. In quanto tale, esso ha natura «doppiamente eccezionale» 3, poiché non solo comporta una compressione del diritto inviolabile dell’imputato alla libertà personale, ma lo fa oltre il limite temporale fissato in via generale per la fase delle indagini preliminari dall’art. 303, comma 1, lett. a), c.p.p. 4.

A differenza della fattispecie disciplinata dal comma 1 dell’art. 305 c.p.p., che prevede una ipotesi di proroga «obbligatoria» del termine di durata massima della custodia cautelare, pari al periodo di tempo necessario per l’espletamento della «perizia sullo stato di mente dell’imputato» 5, la figura di proroga in esame è «facoltativa», in quanto viene rimesso all’apprezzamento discrezionale del giudice stabilire, di volta in volta, se la situazione delle indagini sia tale da giustificare la protrazione della custodia al di là dei termini intermedi 6.

La concessione della proroga è subordinata alla sussistenza di tre condizioni, presenti simultaneamente: la prossimità della scadenza dei termini di custodia cautelare, la permanenza delle esigenze cautelari, che devono assumere il carattere della gravità, e l’indispensabilità del protrarsi della custodia in ragione della particolare complessità degli accertamenti ancora da compiere o delle nuove indagini disposte ai sensi dell’art. 415 bis c.p.p. 7.

Pertanto, la richiesta del pubblico ministero deve essere presentata in prossimità della scadenza dei termini, pur se in tempo utile per la decisione 8. Inoltre, soltanto il deposito in cancelleria – e non anche la notifica – dell’ordinanza di proroga deve precedere la scadenza dei termini, poiché il primo adempimento attiene al corretto esercizio del potere, il secondo alla mera comunicazione del provvedimento 9.

Difficoltà interpretative connotano l’individuazione delle esigenze cautelari rilevanti ai fini della concessione della proroga, come risulta dal variegato spettro di posizioni sul punto della dottrina e della giurisprudenza 10.

A fronte di chi afferma la possibilità di prendere in considerazione soltanto le esigenze di cui alla lett. a) dell’art. 274 c.p.p. 11, infatti, non manca sia chi esclude unicamente quelle di cui alla lett. c) della stessa disposizione 12, sia chi sostiene che la proroga possa essere disposta ove permanga una qualsiasi delle esigenze cautelari previste dall’art. 274 c.p.p., sempre che debbano compiersi «accertamenti particolarmente complessi» ovvero «nuove indagini» a norma dell’art. 415 bis, comma 4, c.p.p. 13.

Quanto a tali indagini, non è richiesto il requisito della complessità, in quanto nessuna indicazione in tal senso è desumibile dal tenore letterale dell’art. 415 bis c.p.p., il quale, consentendo all’indagato di chiedere lo svolgimento di ulteriori atti di indgine sic et simpliciter, fa dipendere l’eventuale proroga della custodia cautelare da una sua scelta difensiva 14. Devono essere invece, «particolarmente complessi» gli accertamenti che il pubblico ministero intende disporre; in altri termini, questi non devono apparire né semplici, né brevi da compiere 15.

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Infine, il protrarsi dello status detentionis oltre i termini intermedi deve risultare indispensabile al fine dell’utile compimento di detti accertamenti 16. L’indispensabilità presuppone che il pubblico ministero, con l’uso della normale diligenza, non abbia potuto compiere gli accertamenti necessari alle indagini entro il termine fisiologico della custodia cautelare, a causa della loro particolare complessità 17.

@3. (Segue) Il procedimento: la prevista audizione delle parti quale necessità del contraddittorio?

La proroga della custodia cautelare è disposta dal giudice con ordinanza, a seguito di apposita richiesta del pubblico ministero. Quest’ultimo, se non ha l’obbligo di depositare atti ulteriori rispetto alla richiesta 18, ha comunque un implicito onere di allegazione concernente sia le ragioni per le quali ritiene indispensabile l’accertamento da eseguire, sia quelle a sostegno della sua complessitàe dell’impossibilità di espletare lo stesso durante il decorso del termine ordinario di custodia cautelare 19.

L’art. 305, comma 2, c.p.p., mentre si preoccupa di disciplinare rigorosamente i presupposti di operatività dell’istituto della proroga della custodia cautelare, sembra trascurarne, in vero, gli aspetti dinamici. Sotto questo profilo, infatti, la norma de qua si limita a stabilire che il giudice, prima di provvedere, deve sentire il pubblico ministero ed il difensore – a pena di nullità dell’ordinanza ex art. 178, comma 1, lett. b) e c) c.p.p.20 – lasciando al giudice ampia libertà di definire le cadenze procedimentali tramite le quali acquisire l’opinione delle parti 21. Al riguardo, tuttavia, non può sottacersi il rischio che l’eccessivo margine di discrezionalità attribuito al decidente possa plausibilmente implicare inevitabili arbitri e disparità di trattamento 22. L’unico dato certo sembra costituito dall’impossibilità, per il giudice, di decidere de plano, in virtù della esplicita previsione dell’obbligo di «sen- tire» il pubblico ministero e il difensore, che pone il provvedimento di proroga al di fuori di quelli assunti inaudita altera parte 23.

Ebbene, dinanzi alla laconica disposizione di cui all’art. 305, comma 2, c.p.p., la dottrina ha fornito diverse ricostruzioni interpretative in ordine alle forme da adottare per il procedimento di proroga della custodia cautelare.

Innanzitutto, si è ritenuta sufficiente anche una semplice audizione separata delle parti, ovverso la presentazione di conclusioni scritte, non essendo prescritta l’instaurazione di un contraddittorio orale. Quanto alle difficoltà derivanti dall’omessa disciplina dei modi e dei tempi per la concessione della proroga, esse andrebbero risolte tramite l’applicazione analogica delle cadenze probatorie del procedimento came- rale ex art. 127 c.p.p. 24.

In contrario avviso, invece, si è osservato come la legge stabilisca in via di principio che, salvo deroghe espresse, ogniqualvolta il giudice debba decidere fuori dal dibattimento, sia tenuto a farlo in un’udienza camerale, «preceduta dal consueto corredo di avvisi e notificazioni», al fine di consentire la partecipazione attiva delle parti 25. Da ciò deriverebbe l’applicabilità diretta – per esplicita volontà normativa – delle forme di cui all’art. 127 c.p.p. al procedimento di proroga della custodia cautelare, atteso che l’incipit della disposizione («quanto si deve procedere in camera di consiglio») lascerebbe intendere come la relativa disciplina costituisca uno schema generale di riferimento, applicabile in tutti i casi in cui vengano adottati sistemi semplificati di decisione secondo il modulo dell’udienza» 26.

La riconducibilità della proroga della custodia cautelare entro l’ambito di operatività dell’art. 127 c.p.p., peraltro, è stata esclusa dalla Corte costituzionale, che ha dichiarato manifestamente infondata, con riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell’art. 305, comma 2, c.p.p., nella parte in cui non prevede che la decisione sulla protrazione dello status detentionis debba essere adottata nelle forme del procedimento in camera di consiglio 27.

Il problema dell’applicabilità della disciplina dettata dall’art. 127 c.p.p. al procedimento di proroga dei termini di custodia cautelare è stato risolto in giurisprudenza in senso negativo. Si è, infatti, ritenuto che – pur prescrivendo l’art. 305, comma 2, c.p.p. la necessità dell’instaurazione del contraddittorio – dal tenore letterale della disposizione, che si limita a richiedere...

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