Le problematiche attuali delle armi antiche e delle armi ad aria compressa

AutoreGiuseppe De Benedictis
Pagine659-663

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Con l'articolo 11 della legge del 21 dicembre 1999, n. 526, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 13 del 18 gennaio 2000, lo Stato italiano, adempiendo ad obblighi direttamente impostile in materia dalla Comunità Europea (art. 3 della citata legge), ha modificato la legge 18 aprile 1975, n. 110, che parificava alle armi comuni da sparo sia le repliche di armi ad avancarica e di modelli anteriori al 1890 (art. 2, comma primo, lett. h della citata legge n. 110/1975) sia le armi ad aria compressa (art. 2, comma terzo, della legge 110/1975).

Detta modifica è avvenuta nel senso che, per quanto riguarda le armi ad avancarica, sono state escluse dalla disciplina delle armi comuni da sparo sino ad allora vigente le armi ad avancarica di modelli anteriori al 1890 a colpo singolo (art. 11, comma primo, della citata legge n. 526/99), che sono, cioè, quelle armi prive di tamburo o di caricatore, che possono sparare solo un colpo e che, quindi, devono essere ricaricate ogni volta dopo avere sparato quell'unico e singolo colpo.

Allo stesso modo sono state escluse dalla disciplina delle armi comuni da sparo le armi ad aria compressa, siano essi fucili o pistole ad aria compressa, i cui proiettili (normalmente di piombo) siano spinti da un'energia cinetica pari od inferiore a 7,5 joule 1, abrogando anche le sanzioni dell'articolo 34 della legge n. 110 del 1975, che concerne la triplicazione delle pene per le infrazioni alle contravvenzioni in materia di esplisivi 2 (art. 11, commi secondo e quarto, della legge n. 526/1999).

Al terzo comma dell'art. 11 della legge 526/1999, quindi, il legislatore italiano ha previsto, proprio al fine di una maggiore armonizzazione della legislazione nazionale in materia di repliche di armi ad avancarica monocolpo e di armi ad aria compressa eroganti un'energia non superiore a 7,5 joule (che negli altri Stati della Comunità Europea sono di libera vendita) porto e detenzione completamente liberi (il che è ovvio, non essendo più giuridicamente possibile configurarli come armi, ai sensi delle leggi penali speciali vigenti e, in particolar modo, della legge n. 895 del 1967 e della legge n. 110 del 1975 considerate armi) e che, a tal fine, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore di questa legge, il Ministro dell'interno emanasse un apposito regolamento per l'adozione di una disciplina specifica di questi oggetti 3.

Al comma quinto del citato art. 11, peraltro, il legilatore del 1999 ha altresì prescritto che, deputata a verificare se le armi ad aria o gas compresso, sia lunghe che corte, non eroghino una energia superiore a 7,5 joule, è la Commissione consultiva centrale per il controllo delle armi 4 creata presso il Ministero dell'interno dalla legge n. 110 del 1975, se un'arma avesse o meno la qualifica di arma comune da sparo), e prescrivendo che queste armi ad aria compressa con energia non superiore a 7,5 joule debbano essere non solo immatricolate 5, ma anche corredate da un apposito punzone, da apporre sotto la responsabilità diretta del loro costruttore o, nel caso di armi costruite all'estero (e, quindi, anche all'interno della stessa Comunità Europea), sotto la responsabilità del loro importatore in Italia, certificando così questi soggetti che l'energia erogata da dette armi ad aria compressa è inferiore al limite massimo fissato dal legislatore (italiano) del 1999.

Per acquistare detti strumenti, siano essi ad avancarica o ad aria compressa, poi, il legislatore del 1999 ha specificato che non occorre, a differenza delle armi vere e proprie, alcuna licenza di P.S. od altro titolo abilitativo equipollente, ma solo la maggiore età, prevedendo comunque che la vendita, così come accade in caso di acquisto di armi vere e proprie, venga registrata dall'armiere 6 sul registro di scarico dell'esercizio.

Allo stesso modo il legislatore ha previsto che il comodato e la cessione di queste armi ad aria compressa (e delle repliche di modelli di armi ad avancarica a colpo singolo anteriori al 1890) sia possibile solo tra soggetti maggiorenni, come anche l'uso delle stesse (fatte salve le deroghe vigenti per i minorenni che si addestrano con tali armi all'interno di sezioni del tiro a segno nazionale e consentendo comunque l'uso delle stesse a minorenni assistiti dal possessore, maggiorenne, dell'arma), prevedendo però che lo stesso sia limitato solo in poligoni o, comunque, in luoghi non aperti al pubblico e, finalmente, stabilendo a chiare lettere che per il porto sia delle armi ad aria compressa con energia erogata inferiore a 7,5 joule che delle repliche di modelli di arma ad avancarica a colpo singolo anteriori al 1890 non vi è alcun obbligo di autorizzazione da parte dell'autorità di pubblica sicurezza, pur restando ferme le disposizioni riguardanti il trasporto degli strumenti di cui al presente articolo contenute nelle disposizioni legislative atte a garantire la sicurezza e l'ordine pubblico 7.

Un'ultima annotazione, prima di passare all'esame del regolamento, riguarda il comma 3 bis dell'articolo 11 di questa legge, introdotto con la legge 29 dicembre 2000, n. 422 (pubblicata sulla Gazzetta Ufficile n. 16 del 20 gennaio 2001).

L'articolo 11, infatti, modificando l'art. 2, primo comma, lett. h) della legge n. 110/1975 ha escluso che potessero considerarsi armi comuni le repliche di modelli anteriori al 1890, purché ad avancarica e monocolpo, sino a quel momento, dunque, giuridicamente classificabili come armi comuni da sparo; la prima conseguenza di questa esclusione è che queste armi non sono certo armi antiche, perché costruite adesso, e non sono più armi comuni, né possono analogicamente essere considerate (come pure dovrebbero, non essendovi altra via di uscita) dei semplici strumenti atti ad offendere perché sono induscitibilmente delle macchine termobalistiche, cioè delle vere e proprie armi da sparo.

Per uscire da questa impasse, il legislatore del 2000 ha ritenuto di aggiungere all'articolo 11 della legge dell'anno precedente il comma 3 bis, nel quale, appunto, si prevede che questa particolarissima ed aberrante categoria di strumenti sia assoggettata, «in quanto applicabile», alla medesima disciplina vigente per le armi ad aria compressa od a gas compresso i cui proiettili sono espulsi grazie alla erogazione d'una energia cinetica inferiore o pari a 7,5 joule.

Questo, in termini pratici, vuol dire che queste repliche di armi antiche ad avancarica e monocolpo saranno liberamente acquistabili da un armiere (ma, lo si ripete, non sta scritto da nessuna parte nella legge del 1999 che la vendita di questi strumenti sia riservata esclusivamente alle arme-Page 660rie, pur essendo detti esercizi, al momento gli unici in grado di registrare dette vendite), purché si sia maggiorenni e presentando solo un documento di identià, che sono esenti dall'obbligo di denunzia e che, non essendo armi nel senso in cui le intende il nostro vigente ordinamento giuridico, sono detenibili in numero illimitato senza obbligo di richiedere la licenza di collezione per armi comuni di cui all'articolo 10 della legge n. 110/1975, né, ovviamente, quella di armi antiche.

Se queste sono le conclusioni cui porta la lettera, pur confusa, della legge (e non si vede, sinceramente, quali altre possano essere), allora è certo che l'articolo 11 della legge n. 526/1999, come modificato dalla legge n. 422/2000, non si sottrae ad una sicura pecca di incostituzionalità; appare infatti semplicemente aberrante sottoporre alla sanzione penale di cui all'art. 697 chi non denunzi delle armi ad avancarica originali, vecchie di qualche secolo, costruite con acciai ben più deboli di quelli attuali e dunque di dubbia funzionalità, e poi prevedere le copie di dette armi, costruite con i moderni acciai, testate dal Banco di prova di Brescia e, quindi, sicuramente funzionanti, siano liberamente acquistabili senza formalità alcuna e non denunziabili.

A ben vedere, peraltro, questioni di disparità di trattamento, ai sensi dell'art. 3 della Costituzione, si possono porre anche nei confronti di chi venga pesantemente sanzionato, ai sensi degli artt. 2 e 7 della legge n. 895 del 1967 (e successive modifiche della stessa) per avere illegalmente detenuto una carabina ad aria compressa erogante una potenza superiore a 7,5 joule, anzi, persino per averne detenuto solo una parte essenziale, come pe esempio la canna od il pistone che comprime l'aria), che è un'arma comune da sparo quasi certamente non letale per un essere umano adulto ed in buone condizioni di salute, e poi si consenta l'acquisto, senza alcuna formalità (e abbiamo già notato come, malgrado la matricola apposta su dette armi, sarà quasi sempre impossibile risalire al suo proprietario) e senza obbligo di denunzia.

Non si deve commettere l'errore, piuttosto comune nell'immaginario popolare, di associare all'immagine delle armi ad avancarica monocolpo quello dell'archibugio dei moschettieri o del pistolone dei pirati, effettivamente molto poco utilizzabili come armi vere e proprie; esistono infatti anche delle repliche di armi monocolpo e ad avancarica ben più efficaci, come per esempio può esserlo la replica di un fucile ad avancarica monocolpo del tipo «Whitworth Military Target Rifle Model 1860», arma precisissima (in grado di colpire un bersaglio grande tre centimetri a quattrocento metri di distanza), utilizzata dai cecchini Confederati durante la guerra di Secessione americana del 1861-1865, in grado di sparare un proiettile di piombo ingrassato del tipo francese «Miniè», calibro 11,5 millimetri e pesante circa trentaquattro grammi, dotato di velocità iniziale alla bocca di 340 metri al secondo e perfettamente capace, in mano ad un buon tiratore, di uccidere un uomo (specie se l'arma in questione sia dotata di un mirino telescopico di precisione) a 700-800 metri di distanza.

Peraltro non si comprende per quale motivo il legislatore abbia parificato le armi ad aria compressa che non erogano più di 7,5 joule di potenza a strumenti di tale...

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